Molto spesso si sente parlare di ansia; le persone raccontano che “sono in ansia”, “l’ansia accompagna tutta la mia vita”, “anche mia madre/mio padre era ansiosa/o e forse ho preso da lei/lui”.
Intanto bisogna dire che l’ansia non è una caratteristica genetica che si trasmette attraverso un gene del DNA come la “trisomia 21” (sindrome di down) ma che molto spesso si acquisiscono stili comportamentali e di risposta a determinati stimoli, dall’osservazione del comportamento delle figure di riferimento nell’infanzia (i genitori); si stima, infatti, che circa il 50% delle persone che soffrono d’ansia abbiano almeno un genitore che ha sofferto d’ansia. “L’ansia rappresenta una condizione di generale attivazione delle risorse fisiche e mentali del soggetto”.
Ciò vuol dire che una persona che esperisce uno stato di ansia tende ad avere un’attività fisiologica e mentale più attiva del normale. L’ansia è caratterizzata da:
1- elementi fisiologici perché viene attivato il Sistema Nervoso Autonomo, con conseguente manifestazione di irrequietezza, senso di paura e di pericolo, incapacità di rilassarsi, ipervigilanza assieme alla manifestazione di sintomi neurovegetativi come sudorazione delle mani o di altre parti del corpo, tensione muscolare, aumento del ritmo respiratorio, cardiaco, pressorio perché tutto il corpo è tendenzialmente pronto a rispondere attraverso un comportamento veloce;
2- caratteristiche mentali, come un’alta concentrazione verso lo stimolo ansiogeno al fine di selezionare e dare la migliore risposta verbale e/o comportamentale;
3- reazione comportamentale, l’attuazione della risposta. Pensiamo a cosa succede, per esempio, in una situazione d’esame: il continuum corpo-mente è completamente concentrato nella buona riuscita dell’esame stesso, la respirazione è toracica, la muscolatura è tesa, la mente è concentrata nell’argomento dell’esame.
A questo punto è fondamentale distinguere l’ansia dall’angoscia, che descrive l’insieme dei sintomi correlati all’ansia ma con manifestazioni molto più vistose che possono arrivare, anche, ad inibire le risposte. Il passo successivo è differenziare l’ansia di tratto dall’ansia di stato. La prima, l’ansia tratto, “può essere considerata una caratteristica relativamente stabile della personalità, un atteggiamento comportamentale, che riflette la modalità con cui il soggetto tende a percepire come pericolosi o minacciosi stimoli e situazioni ambientali”. In una persona con elevati livelli di ansia di tratto, tenderà a manifestare comportamenti più ansiosi relativamente ad alcuni stimoli considerati diversamente “normali” (ansia di stato). È importante in un percorso psicoterapeutico differenziare, almeno inizialmente, i due tipi di ansia: la persona che ha capito la differenzia, tendenzialmente si sente più “rassicurata”. Nella pratica clinica si evidenzia che alti livelli di ansia sono, spesso, correlati a bassi livelli di autostima; ciò vuol dire che quando una persona ha bassa autostima crede (in modo inconsapevole) di avere pochi strumenti che le permettano di affrontare adeguatamente gli eventi della vita.
Nel suo schema mentale c’è la convinzione (sempre non consapevole) di fallire ogni volta che deve affrontare un evento della vita per cui tende a mantenere un’elevata attenzione e tensione perché pensa che così facendo riuscirà ad affrontare con prontezza gli eventi della vita. Altre volte le persone che raccontano alti livelli di ansia, portano con sé una storia di vita altamente complicata e, spesso, accompagnata da eventi traumatici.
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta
Psicologa Giuridico-Forense
Cell. 338/3440405