INTERVISTA A GIUSEPPE PAMBIERI

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giuseppe pambieri

AUTENTICO CAMALEONTE DEL PALCOSCENICO, L’AFFASCINANTE INTERPRETE DI “INCANTESIMO”, PASSA CON NONCHALANCE DALLA LACRIMA ALLA RISATA STRIZZANDO L’OCCHIO AL CINEMA ED ALLA POPOLARITÀ TELEVISIVA.

DI MARA FUX

Scorrendo su internet,  il suo nome è abbinato a tantissime opere classiche di tradizione ma, se non sbaglio, è la prima volta che interpreta  “Edipo a Colono” di Sofocle.  

In effetti è così:  credo di esser stato  “Edipo”  almeno 4 o 5 volte  ma mai  “Edipo a Colono”,  opera  peraltro  meno rappresentata  dell’”Edipo re”; azzardo  nel dirlo  ma forse l’ultimo a portarlo in scena è stato Glauco Mauri.

Per quale ragione, secondo lei? 
Probabilmente dipende da una certa staticità di scrittura, di scarsa mobilità nei movimenti che limita un po’ l’attore. Per questo trovo sia stato bravissimo il nostro regista Giuseppe  Argirò  il quale, nell’improntare la drammaturgia, ha ottenuto un bellissimo lavoro grazie a un calibrato uso dei mezzi audiovisivi, adoperati senza intaccare la tragedia di Sofocle nella sua integrità. Ha puntato sull’animo umano, sulla voglia che ha l’uomo di andare oltre e superarsi –vediamo anche adesso quanto sta succedendo con l’intelligenza artificiale – salvo poi far i conti con sé stesso e con la sua anima.

Nell’opera di Sofocle troviamo protagonisti un padre ed una figlia, Edipo e Antigone; nell’allestimento scenico da me visto al Teatro Arcobaleno,  il ruolo di Antigone è interpretato da sua figlia Micol. Che effetto le fa?
Micol ed io abbiamo fatto tantissimi lavori assieme ma devo ammettere che  questo testo  è differente, provo una certa tenerezza nell’  interpretare  un padre accompagnato verso la propria fine dalla figlia. Vivo momenti miei personali altamente toccanti e di alta riflessione dovuti probabilmente anche all’età. È molto commovente per me.

Il pubblico si sente coinvolto?
Penso di sì, tanto che fin dal debutto della scorsa estate al Festival di  Segesta, corre a vederlo. Lo ritengo un bel successo come di pari successo, anche se di differente genere, è “La signora omicidi” diretta da Mario Scaletta, l’altro spettacolo con cui sono in tournèe e che interpreto assieme a Paola Quattrini; è talmente divertente che sta sbancando ovunque.

Il 2023 è stato un anno produttivo anche nel cinema dove ha interpretato “L’età giusta” e “L’orafo”.
Mi sono divertito molto in entrambe i casi.  “L’età giusta” è una commedia divertentissima ed esilarante che con leggerezza ti porta nel mondo della terza età attraverso le protagoniste, Paola Pitagora, Gigliola Cinguetti, Valeria Fabrizi e Giuliana Lojodice. “L’orafo” invece è un horror di Vincenzo Ricchiuto con Stefania Casini che tra l’altro sta incuriosendo parecchio.

Sapevo di commedie brillanti o drammatiche, di film in costume ma nella sua carriera l’horror mi mancava.
Si, anche a me, per questo l’ho fatto: due vecchietti che  imprigionano  tre delinquenti  che  li volevano rapinare. Raccapricciante,  ma non ne avevo mai fatto uno! Secondo me l’attore deve spaziare tra il comico ed il drammatico, deve sperimentarsi in tutti i ruoli anche perché in fondo è il senso del suo lavoro. Soprattutto è molto importante alternare testi comici a drammatici; alcuni dicono di saper far solo l’uno o l’altro ma non trovo sia vero, se sai far ridere sai anche  far piangere, è nelle tue capacità e passare dall’uno all’altro personaggio ti tiene attivo.

C’è un’opera che considera il suo vero debutto?
Si,  “Le mosche” di Sartre  diretto da Franco  Enriquez  con Renzo  Montagnani  e Valeria Moriconi che erano all’apice della loro carriera e per il quale vinsi il premio “Noce D’Oro”. Ricordo che il provino fu rapidissimo:  fu organizzato  in un bar, io gli feci un brano del Caligola e lui, visto che non avevamo con noi alcun notes, mi congedò scrivendomi su un  Kleenex  che mi prendeva per lo spettacolo. Tornato a casa, tutto fiero, mostrai a mio padre il  Kleenex  e lui che era un assicuratore, scoppiò a ridere dicendomi “ma in che mondo di matti vuoi andare a lavorare che ti scrivono i contratti sui fazzoletti?”. Sa, ricordo questo episodio ogni volta che salgo sul palcoscenico ma trovo con gioia la risposta ogni volta che si apre il sipario.