Ennio Tirabassi si racconta

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i vasi parlanti

Riprendiamo il mio percorso artistico e di vita…

Dopo la scuola dell’obbligo mi iscrissi (come volevo) al liceo artistico di via Ripetta a Roma, Piazza Ferro di Cavallo. La scuola aveva laboratori all’avanguardia che nulla avevano da invidiare alle scuole odierne e favolosi insegnanti, le materie spaziavano dal disegno allo studio delle ossa del corpo umano (Anatomia era tosta) per finire al derma. La storia dell’arte si leggeva nei libri, ma si doveva saper riconoscere nelle costruzioni in strada, nelle suppellettili, nei quadri ammirati nei musei, nelle chiese visitate nel fine settimana. Ci venivano insegnate le tecniche pittoriche e plastiche oltre a tutte le materie inserite nel programma di tutti i licei. Nei laboratori si decantava e lavorava l’argilla bassorilievo, altorilievo, tuttotondo, ornato, disegnato e ornato modellato e figura idem.

Disegno su sasso

Il tutto rimaneva facile per me, mi sembrava di aver già fatto (non so dove, neanche quando) ogni cosa. Sicuramente avevo quello che si chiama il Dono di Dio, un’inclinazione naturale per l’Arte. Riuscivo ad addizionare i colori caldi, freddi, neutri, contrastanti e complementari con molta facilità: dall’olio alle tempere, dalla china al carandash i materiali non avevano segreti per me che spaziavo con disinvoltura dai colori a cera ai pennelli. Riscontrai particolare maestria nel realizzare i chiaroscuri con la matita nera in tutte le tecniche.

Finito il quarto anno, non è presunzione, avrei potuto già insegnare, se avessi voluto ma ho preferito continuare gli studi avido di imparare sempre di più, mi iscrissi così al corso di disegnatore grafico e di cartoni animati nell’istituto Don Orione. Vi sembrerà strano ma l’animazione mi ha dato moltissimo, finalmente disegnavo e dipingevo le figure umane, gli animali, gli oggetti in tutte le angolazioni ed ho imparato a disegnare sui lucidi e indossando i guanti di cotone. Erano gli anni ‘70 mi appassionavano le scenografie Wall Disney, molto realistiche ma da favola. Forse mi riportavano all’ingenuità tipica dei bambini e la mia mente inventava altri personaggi ed altre ambientazioni.

Quando ero bambino io, erano tempi ben diversi, allora ci insegnavano ad essere ben educati: lasciare il posto sul tram ad adulti e anziani, ad aiutare il prossimo. E pur nelle difficoltà anche economiche ci si sosteneva in qualunque circostanza. Mi ricordo che quando si giocava per strada con le biglie, la trottola, i sassi le lattine noi eravamo i figli di tutti gli abitanti della via, loro sarebbero intervenuti in nostro aiuto in caso di pericolo e, poi, preparavano leccornie per tutti noi amici. Pane e marmellata di Bianchina non si dimentica!