“Sul caso Vannini ci saranno condanne pesanti”

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Psicologa forense, criminologa, personaggio televisivo, da leggere tutta di un fiato l’intervista con Roberta Bruzzonedi Felicia Caggianelli

Ci sono persone che non ti stancheresti mai di ascoltare. E la dottoressa Roberta Bruzzone è una di queste. Criminologa, personaggio televisivo, opinionista e psicologa forense italiana. Un curriculum di tutto rispetto che la vede Ambasciatrice nel mondo del Telefono Rosa Onlus.  È  Presidente Onorario del Movimento Associazioni Operatori per la Sicurezza e Diritti Difesa Disabili Autrice e conduttrice di Programmi TV e radiofonici come: ‘Donne mortali’. Tra i tanti riconoscimenti ne citiamo alcuni quali: il Premio “Cultura della Legalità”, il Premio Falcone Borsellino, il prestigioso Premio Filottete per la sua attività di contrasto alla violenza sulle donne e sui bambini e molto altro ancora. Grande spessore culturale, ottima comunicatrice, determinata e sicura di sé non è una donna che scende a compromessi con i giri di parole. La schiettezza, infatti, è uno degli assi messi in campo in occasione della presentazione del libro scritto dal giornalista Massimo Mangiapelo,  dedicato alla memoria della giovane nipote Federica Mangiapelo, stroncata cinque anni fa, secondo una sentenza, dalla mano di chi diceva di amarla. Durante l’evento, che tra l’altro ha di fatto dato anche il via alle  iniziative a supporto della prevenzione del tumore al seno in occasione della ‘Campagna Nastro Rosa’ che si svolgeranno durante l’intero mese di ottobre, ha calamitato un parterre di tutto rispetto che ha visto fare gli onori di casa ai rappresentanti istituzionali, ovvero al primo cittadino di Manziana, Bruno Bruni, ed  all’assessore alla cultura, Eleonora Brini, alla presenza della genetista forense, Marina Baldi e di una folta platea. Oltre a trattare i punti cardine del caso Federica Mangiapelo e dell’omicidio Noemi Durini si sono toccati temi scottanti che costituiscono atavici retaggi mentali che accomunano spesso queste drammatiche storie. Tematiche delicate che affondano le radici in un modus operandi genitoriale che ha fallito. Grazie a questa iniziativa,  abbiamo potuto conoscere anche il parere di una professionista forense su uno dei casi che ha inferto una profonda ferita nel cuore di Cerveteri, il tragico caso della morte di Marco Vannini.

Il nostro territorio è ancora scosso dall’assurda morte del ventenne Marco Vannini a Ladispoli. Che idea si è fatta della vicenda dal punto di vista psicologico visto che è coinvolta una intera famiglia?

“È un caso veramente particolare e sconcertante. Abbiamo a che fare con quattro soggetti che fanno parte di un medesimo nucleo, più una ragazza, che si sono barricati su una versione che non regge. Non a caso il dibattimento ha ampiamente demolito diversi aspetti di questa situazione. Credo che non hanno ben compreso che raccontare davvero com’era andata probabilmente era l’unica strada percorribile; per lo meno per abbassare la gravità del fatto e di quanto commesso. Per me è destinata una condanna veramente pesante. L’opinione pubblica credo che gli abbia già condannati  ampiamente e senza appello. È chiaro che la vicenda giudiziaria  è in essere e si determinerà in maniera abbastanza veloce. Ritengo che l’ipotesi accusatoria sia fondata tuttavia l’unica cosa che mi ha fatto rimanere un po’ perplessa, però per certi aspetti immagino comprensibile la scelta del magistrato, è la misura cautelare. Intanto questi signori sono liberi di circolare ed andare in vacanza quando i genitori di Marco sono condannati all’ergastolo e alla sofferenza soprattutto considerando le modalità di questa vicenda e quello che è accaduto dopo. Ovvero i tentativi di depistaggio. Lo trovo effettivamente un po’ un aspetto che ha destato anche in me certe perplessità. Però evidentemente il  magistrato non ha ritenuto di disporre la misura cautelare, mi auguro che la vicenda giudiziaria si concretizzi, si concluda nel giro di un paio d’anni ancora e che finalmente per coloro che saranno ritenuti colpevoli si aprano le porte del carcere”.

Lei , direttamente o indirettamente, ha partecipato ai più eclatanti casi di cronaca nera degli ultimi anni. Che idea si è fatta del modo in cui i mass media affrontato l’argomento? E’ solo voyeurismo per catturare il pubblico?

“Io credo che le notizie su questi casi vadano date sempre. Poi bisogna vedere come vengono date. Il vero problema non è tanto quello di dare o meno la notizia, o affrontare o meno il caso e raccontarlo, bensì come viene fatto. La scelta di alcuni opinionisti francamente la ritengo molto discutibile. Per parlare di casi così delicati ci vuole gente del settore che abbia una comprovata esperienza e abbia maturato un numero di casi interpersonali affrontati dal punto di vista professionale importanti. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di situazioni delicate che impongono conoscenze non solo nel merito delle vicende ma anche di natura penale processuale e alcune volte si sente parlare di discorsi che non stanno né in cielo né in terra”.

Quando ha iniziato la carriera di criminologa e psicologa forense avrebbe mai pensato di diventare un personaggio televisivo?

“Francamente no. È stata una sorpresa che ancora vivo perché evidentemente è l’epoca giusta; perché l’interesse per la cronaca nera negli ultimi venti, venticinque anni, è andato crescendo sempre di più fino ad arrivare ai giorni nostri in cui è una delle materie che più interessa maggiormente l’opinione pubblica. Chiaro che il merito di questo è anche compito di una certa capacità di comunicazione. Diciamo che sono stata avvolta anch’io dal meccanismo mediatico e questo non mi dispiace visto che cerco di fare bene anche il lavoro di opinionista e di dare delle risposte concrete a chi mi fa delle domande”.

Il caso di Federica Mangiapelo è forse la foto nitida dello sbandamento tragico delle giovani generazioni anche nella gestione dei rapporti sentimentali. Secondo la sua esperienza dov’è l’anello debole della catena?

“Normalmente nulla accade nel vuoto. Di solito quando risolviamo queste vicende e andiamo a ritroso, indagando anche nella sfera relazionale e familiare, torna tutto. Ti rendi conto che purtroppo l’epilogo finale era già scritto. Non ci si deve nascondere dietro il fatto che oggi i genitori sono oberati di lavoro. Non dobbiamo usare questi alibi. Sicuramente quello genitoriale è un compito complesso,  difficile e bellissimo sicuramente. Un ‘lavoro’ che nessuno ti insegna perché dovrebbe essere una scelta talmente responsabile da importi tutta una serie di altre scelte che però non vengono fatte. Io temo che molte persone diventino genitori non perché ne abbiano un reale desiderio e perché siano responsabili e ampiamente consapevoli di questa scelta bensì perché c’è una questione sociale che vuole che una persona normale abbia figli, si accompagni a qualcuno e si sposi. E di conseguenza c’è un’aspettativa di normalità che passa anche attraverso il fatto di essere genitori. Questo porta da parte di molta gente immatura a fare scelte di questo tipo senza avere probabilmente neanche le capacità di base come badare a se stessi, figuriamoci  per occuparsi di qualcun altro”.

Come commenterebbe la sua esperienza di opinionista a ‘Ballando con le stelle’?

“Sono molto contenta di quella opportunità che mi è stata data. Ha consentito di far conoscere anche un aspetto di me più leggero e divertente.  Io non sono soltanto la persona che vive tra autopsie e scene del crimine. È chiaro che vedendomi solo in quella veste molte persone sono convinte che ho una specie di aura oscura alle spalle. No, non è così, faccio questo di lavoro e penso di farlo anche bene, ma c’è tanto altro. Certamente ‘Ballando con le stelle’ è stata una parentesi molto divertente in cui ho potuto tirar fuori anche il mio lato un po’ più ironico. Penso che ormai essendo un personaggio pubblico anche questo possa aver giovato alla mia immagine; tant’è che ritengo di aver avuto grandi vantaggi da questa possibilità e sono molto contenta”.

Progetti futuri?

“Tantissimi. Basta! Sono scaramantica quindi se non li realizzo non ne parlo”.