Gli Aviatori Acrobati sul cielo di Ladispoli.
LUGLIO 1918. Dal campo volo di Palo Laziale una squadriglia di Aviatik Fiat A.10 decolla. Il Capitano Pilota Ernesto Sironi porta i suoi allievi ad addestrarsi alla Caccia, alle acrobazie. Dall’aerodromo di Furbara anche l’istruttore Capitano Pilota Mario Ugo Gordesco decolla seguito dai Savoia Verduzi Ansaldo (SVA) dei suoi temerari allievi piloti della prima Squadriglia della Scuola Caccia.
Comincia così l’addestramento alle acrobazie: ora cacciatori, ora prede, ruoli che nel confondersi, in battaglia potrebbero significare la vittoria o la sconfitta. Un “gioco” ove nulla è affidato al caso, in quel 1918 di guerra. Raccomandazioni ben rimarcate nella relazione che il Ten. Col. Pilota Pier Ruggero Piccio (Medaglia d’Oro al Valor Militare, primo Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, nel 1926) redige a seguito della sua ispezione al campo volo di Furbara nell’aprile del 1918: “Per i voli di acrobazia è necessario siano riservati apparecchi che devono esser visitati dopo ogni volo. Tali voli devono essere eseguiti da tutti… devono essere preceduti da lezioni… su apparecchi a terra nelle quali l’istruttore… si assicuri che i movimenti sono perfettamente conosciuti dai piloti.”
In quell’anno, a Furbara, anche il poeta aviatore Gabriele d’Annunzio assiste alle loro evoluzioni. Le incide nella Storia: “Andate al campo di Cervéteri. Vedrete un turbinio di voli umani più fiero che le resse delle rondini su la Trinità dei Monti o sull’Aventino in queste sere d’estate. Un sergente imberbe, il Mariani, percorre chilometri con l’apparecchio rovesciato… Un altro, il Coia da mille e cinquecento metri scende a terra con una continua di cerchi vertiginosi. Il prodigio è divenuto un gioco facile. L’audacia è una consuetudine”. In quei giorni altri, pochi, spettatori sulla costa avranno sognato d’abbandonare la fatica delle loro braccia sui remi contro le onde per affidarsi alla fatica delle eliche contro il vento.
LUGLIO 2018. Dopo cento anni, sono tornati gli Aviatori Acrobati sul cielo di Ladispoli. Una formazione di 10 Aermacchi MB.339PAN che si rincorrono, si incrociano. È la Pattuglia Acrobatica Nazionale dell’Aeronautica Militare italiana, le Frecce Tricolori. Sulla costa ad ammirarli non vi sono certo i soli due pescatori di un secolo prima. Altri mezzi, altro addestramento, ma lo spirito di dominare la dimensione cielo è lo stesso. Disegnano un cuore tricolore di pace, una pace che ogni aviatore invoca prima del decollo: “Dio di potenza e di gloria, che doni l’arcobaleno ai nostri cieli… Fa, nella pace, dei nostri voli il volo più ardito…”
Dopo il secondo show di giugno 2019, eccoci anche in questo 2024 ad aspettare il 22 settembre per rialzare gli occhi al cielo di fronte al nostro mare per altre evoluzioni. Magari torniamo indietro coi ricordi, prima ancora del 1918. Incontriamo, in quel pionieristico 1913, Rosina Ferrario, la prima aviatrice a guadagnarsi il “brevetto di volo” che ci confida: “Io sogno di poter volare, volare in alto sopra tutti i luoghi della mia Patria”. Un sogno che in un secolo e poco più è diventato anche una “concreta” realtà per tutti, aviatori e non.
Di Francesco Vizioli