La campagna contro la pillola abortiva RU486 si fa sempre più feroce

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campagna antiaborto

Diffidata la pubblicità contro la pillola abortiva.”Si respira un clima da Santa Inquisizione in Italia“.

 

Manifesti contro la libertà di scelta delle donne. Dopo le azioni in contrasto da parte di alcuni sindaci in Italia, l’associazione Pro Vita e Famiglia minaccia una controffensiva senza precedenti. «Ma gli abortisti non immaginano quello che sta per accadere. Lanceremo una controffensiva senza precedenti in tutta Italia, accompagnata da una serie innumerevole di azioni legali. Questo è solo l’inizio: la difesa dei bambini nel grembo e delle madri non accetta compromessi, non è possibile indietreggiare nemmeno di un passo». Questo è il linguaggio scelto, il livello della discussione. Molto lontano dalla libertà di pensiero e, sopratutto, d’azione che dovrebbe esserci in un Paese libero. Una legge in Italia regola la libertà di scelta, perché ci sia RISPETTO per ogni essere umano. Perché ancora si discute sull’argomento? In Italia l’interruzione di gravidanza è regolata dalla legge 194 del 22 maggio 1978, confermata dai referendum del 1981. Cosa vuole l’Associazione Pro Vita e Famiglia?

 

L’associazione Pro Vita & Famiglia diffonde questi messaggi: «la nostra campagna contro la pillola abortiva RU486 sta provocando una serie di attacchi feroci da parte del movimento pro morte. I nostri manifesti della campagna sono stati strappati, coperti, imbrattati, danneggiati a Genova, Milano, Roma, Perugia, Bergamo, Palermo, La Spezia e in tante altre città. Sono stati oggetto di attacchi illegali da parte di associazioni abortiste; alcuni Sindaci hanno illegittimamente rimosso i manifesti; certi esponenti politici, come la presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano, hanno incitato alla censura. Alcuni Comuni ci hanno diffidato e minacciato azioni legali (per cosa, non si sa). A Roma, il Consiglio comunale ha persino cambiato il regolamento istituendo un “Osservatorio” per verificare il contenuto dei messaggi pubblicitari e dei manifesti, con il potere di censurare velocemente quelli sgraditi al pensiero unico!».
“Per cosa non si sa”, si legge nella nota. Il motivo esiste, è chiaro, sotto agli occhi di tutti: attacco alla libertà individuale della donna, dipinta come una criminale. Ciò che non si comprende dell’associazione, è la volontà di imporre il loro pensiero, arrogandosi il diritto di dire alla donna come debba vivere. Chi è contro l’aborto viene rispettato, al contrario chi sceglie l’interruzione di gravidanza ostacolato, messo alla gogna”.
Mentre chiede donazioni agli italiani pro life, l’associazione rassicura i simpatizzanti che “Stanno partendo centinaia di nuove affissioni e decine di nuovi camion vela in molti Comuni, anche nelle città in cui è stata imposta la censura, per reagire alla tirannia istituzionale. A Treviso abbiamo previsto maxi manifesti per un anno. Il popolo italiano prolife si sta alzando in piedi dal Nord al Sud”.

La reazione.

Firenze:“Consideriamo l’iniziativa una forma di inaccettabile disinformazione”, avverte Palazzo Vecchio chiedendo l’intervento del ministero della Salute. La pubblicità contro la pillola abortiva Ru486 “non è stata autorizzata dal Comune di Firenze. Consideriamo l’iniziativa una forma di inaccettabile disinformazione, che peraltro fa vigliaccamente leva sulle paure legate ad una situazione di vulnerabilità e incertezza. Il Comune chiede al ministero della Salute di intervenire con decisione, in ogni sede. Stiamo provvedendo a diffidare il gestore della pubblicità in questione dal continuare a diffonderla”. È quanto afferma  l’assessore a diritti e pari opportunità di Palazzo Vecchio Benedetta Albanese in relazione ai camion vela, presenti in varie città tra cui Firenze, per la campagna della Onlus Pro Vita e Famiglia onlus contro l’aborto.

I manifesti dei camion vela hanno come immagine una donna riversa priva di sensi dopo aver morsicato una mela, accompagnata dalla scritta ‘Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru486: mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo’.
Per il Comune di Firenze, spiega sempre Albanese, la pubblicità “sembra porsi in contrasto anche con le vigenti previsioni regolamentari comunali. Infatti, anche se la pubblicità sui camion vela non necessita di preventiva autorizzazione, l’articolo 10 del regolamento sulla pubblicità stabilisce che il messaggio pubblicitario debba garantire, tra l’altro, ‘il rispetto della dignità umana e dell’integrità della persona’. Un principio su cui questa campagna è in evidente contrasto.

Palermo. Contro i manifesti insorge anche il Coordinamento antiviolenza 21luglio Palermo: “Messaggi fuorvianti e oscurantisti: l’ennesimo attacco ai diritti delle donne.Si respira un clima da Santa Inquisizione in Italia“. La Spezia – “Questa mattina alcuni muri della città sono tappezzati da manifesti che equiparano l’uso della pillola abortiva all’avvelenare il proprio corpo e all’omicidio di un figlio. Questa iconografia è, ormai, insopportabile e veicola come nulla fosse i seguenti significati: una donna che abortisce è un’assassina indipendentemente da qualunque considerazione o fatto l’abbia spinta a tale decisione; per quel che vale è anche una irresponsabile che non sa prendersi cura di se stessa, più precisamente assimilabile ad una autolesionista. Tale pubblicistica, prima ancora di essere irrispettosa, grossolana e offensiva, è un grumo di odio e falsità. Vogliamo dire ai promotori di questa orribile campagna che essa non fa riflettere, bensì fa schifo”. Arci La Spezia APS

Il dibattito sull’aborto e sulla pillola si è ormai aperto in tutta Italia, il che è precisamente quello che volevano dall’associazione Pro Vita e Famiglia. Rimettono in discussione l’aborto e puntano alla pericolosità della RU486.
Un protocollo, quello della pillola, diffuso in tutta Europa che stenta a decollare in tutta Italia, che semplifica la procedura alle donne. Non le mortifica, è semplice, discreto e sopratutto più veloce. Infatti, un ostacolo all’aborto è rappresentato dalla lenta prassi prevista, un protocollo che prevede: visite, richieste, appuntamenti con i medici nei consultori per accedere all’ospedalizzazione. L’iter in molti casi fa superare il primo trimestre, ossia 12 settimane e 6 giorni dall’ultima mestruazione, periodo nel quale l’aborto è ammesso sulla base di una dichiarazione della donna che ritiene che la prosecuzione della gravidanza possa rappresentare un pericolo per la sua salute fisica o psichica. Nell’emergenza sanitaria Covid-19, è stato difficile prendere appuntamenti, trovare centri aperti, essere ricoverate. Abortire. L’associazione Pro Vita e Famiglia ha ostacolato anche in questo senso, chiedendo di considerare l’interruzione di gravidanza tra gli interventi non urgenti, dunque posticipatili ad emergenza conclusa. Chiedendo alle donne “il loro contributo alla pandemia”.