«CHIUDERE LE SCUOLE NON RALLENTA IL CONTAGIO»

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LO STUDIO SUI DATI DI 7,3 MILIONI DI STUDENTI ITALIANI: STARE IN CLASSE NON FA SALIRE LA CURVA DELL’EPIDEMIA. LA SOTTOSEGRETARIA ALL’ISTRUZIONE FLORIDIA:«LE SCUOLE CHIUSE METTONO A RISCHIO I GIOVANI, QUELLE APERTE NO»

Sulla prestigiosa rivista scientifica «The Lancet Regional health Europe» è stata pubblicata la ricerca A cross-sectional and prospective cohort study of the role of schools in the SARS-CoV-2 second wave in Italy che “scagiona” la scuola in presenza dall’accusa di essere un luogo che fa salire la curva della pandemia, evidenziando che non c’è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza.La ricerca, condotta da un team di studiosi (Maurizio Rainisio, Maria Luisa Iannuzzo, Federica Bellerba, Francesco Cecconi) coordinati dal medico Luca Scorrano (Università degli studi di Padova) e dell’epidemiologa e biostatistica Sara Gandini (Ieo), ha analizzato i dati del Miur incrociandoli con quelli di Ats e Protezione civile coprendo un campione pari al 97% delle scuole italiane: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti.

«Sintetizzando, la ricerca arriva a tre conclusioni: l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole. Anzi, non emerge correlazione: la chiusura totale o parziale delle scuole non influisce minimamente sull’indice di trasmissibilità Rt, e questo concetto non cambia anche considerando la nuova variante inglese. Secondo, bambini e ragazzi si contagiano meno rispetto agli adulti, che mostrano un numero di contagi sproporzionati rispetto alla curva pandemica. E anche questo si conferma anche con la variante inglese. Terzo, i casi di trasmissione del virus da studente a insegnante sono estremamente rari. La probabilità del contagio tra adulti a scuola è quattro volte quella del contagio intergenerazionale (ragazzo-adulto)» ha spiegato Scorrano in una intervista rilasciata al Corriere della Sera.
«Le scuole non sono un luogo sicuro in assoluto perché nessun luogo può esserlo in una pandemia, ma è uno dei luoghi più sicuri. Le scuole possono addirittura svolgere un ruolo di contenimento della diffusione del virus perché i ragazzi sono in un luogo sicuro, mentre se non vanno a scuola escono comunque e si ritrovano in situazioni meno controllate. Anche perché non è umanamente pensabile che a un anno si chieda loro di rimanere sempre e solo davanti a uno schermo.[…] La scuola deve essere l’ultima a chiudere e la prima a riaprire, perché il concetto di salute è ben più complesso che il conteggio dei contagi e dovrebbe includere anche la salute dei ragazzi. Perché chiudere le scuole mette in crisi il paese intero e in particolare le donne il cui livello di disoccupazione è cresciuto in modo impressionante. E questo dovrebbe preoccupare tutti» ha commentato l’epidemiologa Sara Gandini sul suo profilo facebook.

La mastodontica ricerca non è certa passata inosservata, al punto da essere citata dal CDC statunitense nell’ultimo report sulle scuole e finire sotto i riflettori dei media e della politica, in particolare della sottosegretaria all’istruzione Barbara Floridia che ha voluto incontrare personalmente la scienziata Sara Gandini affinché le spiegasse i risultati di questo studio. Floridia, dopo l’incontro ha rilasciato un lungo commento sul suo profilo dal titolo inequivocabile, «LE SCUOLE CHIUSE METTONO A RISCHIO I GIOVANI. QUELLE APERTE NO», che si conclude con parole lapidarie sulla necessità urgente di riportare tutti gli studenti in classe: « […] C’è un altro contagio da fermare ed è quello della salute psicofisica dei nostri giovani. Il ritorno in classe per le nostre studentesse e i nostri studenti riguarda non solo il loro diritto allo studio, che dobbiamo tutelare, ma anche il loro diritto alla salute. Stare a scuola infatti li protegge da gravi disturbi psicologici, alimentari e psico-cognitivi che invece si stanno diffondendo sempre di più. C’è un debito, grave, che stiamo contraendo con i nostri giovani. E riguarda il loro futuro e quello del livello culturale della nostra nazione. Non ci saranno ristori né sostegni a sufficienza. Adesso la riapertura per tutti gli ordini e gradi di scuola il più presto possibile. Cominciamo a pagare il debito culturale ed etico che abbiamo con la nuova generazione».