Roma, giovedì 8 dicembre “Echi d’Amore”

0
1452

Concerto giovedì 8 dicembre ore 17:30 presso la Sala “Pio IX” Comunità dei Padri Barnabiti di San Biagio e San Carlo ai Catinari, Piazza Benedetto Cairoli n. 117. 

“Echi d’Amore” – Musiche di Mancini, Lotti, Händel, Legnani.

“Echi d’Amore”. Perché questo soave e poetico titolo?
Le cantate profane, qui eseguite, hanno una loro particolare qualità che le distingue e le diversifica nel rilevante e cospicuo corpus sei – settecentesco. Infatti, in questo caso, la voce del soprano non è accompagnata come è consuetudine, da uno o due violini e naturalmente dal basso continuo, ma da un oboe concertante il quale, con il suo timbro dolcissimo e suadente, contribuisce a ricreare uno dei migliori tipi di dialogo amoroso di assoluta espressività.

Il genere della cantata profana non gode oggi, della diffusione del melodramma, ma ne ha la stessa matrice, “Il recitar cantando”, che permea e sigla tutte le forme vocali del primo e medio barocco e che continuerà a convivere felicemente con il suo naturale superamento, ovvero l’aria.

La cantata profana vive e prospera per circa cento anni, dalla metà del’ 1600 in poi, ma la sua genesi si può intravvedere nel Lamento di Arianna di Monteverdi, nelle Nuove musiche di Caccini del 1601 o nelle Varie Musiche di Peri del 1609, dove il recitar cantando si arricchisce di precetti virtuosistici e di lirica e fantasiosa cantabilità, preludendo a quello che sarà il nucleo della cantata profana, il recitativo e l’aria, che hanno una valenza rispettivamente discorsiva e affettiva.

Nata in ambito veneziano nei primi decenni del ‘600 con A. Grandi e P. Berti, con il termine “Cantada”, diventerà una rilevante forma d’arte a Roma, Bologna, Napoli (Mancini) e poi ancora a Venezia. Espressione di una società colta ed aristocratica, che ospita ed esalta raffinatissimi esecutori, la cantata si nutre di umori poetici amorosi, topos di tutte le società esclusive dai trovatori ai madrigalisti, con una intensificazione qui della componente pastorale , A Roma avviene la grande concentrazione di cantate nel corso del ‘600, tanto da divenirne un epicentro o una scuola, e augusto supporto culturale e finanziario sono le grandi famiglie, quali i Barberini, i Colonna e la regina Cristina di Svezia, per non dimenticare l’apporto significante dell’Arcadia. Le prime cantate romane possono essere brevi e di proporzioni ridotte, consistenti di un’aria e recitativo ed in seguito saranno molto estese e articolate in più sezioni, tanto da essere quasi rappresentative. I compositori bolognesi si considerano allievi dei maestri romani ed anch’essi hanno come fruitori gli aristocratici dell’Accademia Filarmonica di Bologna.

Il presente programma comprende dunque quattro stupende cantate secolari i cui testi, sebbene di non altissima qualità poetica, parlano delle passioni che intercorrono tra due amanti che soffrono le pene e i deliri provocati da Cupido, il dio dell’amore. Echi d’Amore che si rincorrono nei dialoghi che si intersecano tra la voce umana di soprano e l’ipotetico amante, rievocato da una sorta di spleen ante litteram che solo il timbro di un oboe barocco può ricreare.

A cura di G. Nalin

Programma

 Francesco MANCINI (1672- 1736):

 Cantata “Quanto è dolce quell’ardore” per soprano, oboe & b.c.

Antonio LOTTI (1667 – 1740):

Cantata “Ti sento o Dio Bendato” per soprano, oboe & b.c.

 Georg F. HANDEL (1685 – 1759):

Chaconne per cembalo in Sol maggiore HWV 435

 Georg F. HANDEL (1685 – 1759):

Cantata “Venus & Adonis” per soprano, oboe e b.c.

 Angelo D. LEGNANI (1663 – 1700):

Cantata “Chi sa dov’è la speranza” per soprano, oboe & b.c.

Eseguono:

Ensemble Barocco SANS-SOUCI

Hege Gustava Tjønn Ludwig: soprano

Giuseppe Nalin: oboe barocco

Aurora Macci: violoncello

Roberto Caravella: arciliuto

Antonella Moles: clavicembalo

 Prenotazione vivamente consigliata.