CIBO INDUSTRIALE E SALUTE

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cibo industriale

Mentre quasi 700 milioni di persone soffrono la fame e circa 2 miliardi hanno livelli moderati o gravi di insicurezza alimentare (dati ONU. 2021), l’obesità è sempre più diffusa nel mondo: siamo arrivati a circa 800 milioni, il triplo rispetto al 1975.

Tra i paesi più popolosi colpisce la gravità della situazione degli Stati Uniti, con ormai oltre il 40% della popolazione obesa e il 30% in sovrappeso. Questa pandemia di  obesità  è un fenomeno quasi esclusivamente legato alle condizioni socioeconomiche, dato che – negli USA come nel resto del mondo – i ricchi tendono a rimanere magri, mentre i poveri ingrassano e si ammalano. L’industria alimentare  è una delle principali responsabili di questo enorme problema di sanità pubblica, con gli scaffali dei supermercati pieni di prodotti che cercano di imitare il cibo vero. I cibi industriali sono prodotti pronti all’uso o al forno microonde; sono ricchi di  grassi, zuccheri e sale, privi o carenti di  fibre e micronutrienti.

Parliamo soprattutto di snack dolci e salati, bevande zuccherate, patatine fritte,  hamburger  dei fast-food e della miriade di piatti pronti surgelati. L’aumento del consumo di cibi industriali fa aumentare sia l’obesità, in adulti e bambini, sia il rischio di malattie. Negli Stati Uniti la percentuale di calorie provenienti dal cibo industriale è del 65%, mentre Paesi con importanti tradizioni gastronomiche – come Italia, Spagna Francia e Portogallo –  ricorrono ancora pochissimo a questo tipo di cibi (tra il 10 e il 15 %). Il futuro, peraltro, non appare roseo. Nelle aree più povere degli USA – ma il fenomeno si sta diffondendo – chiudono i negozi di prodotti freschi e rimangono solo attività commerciali che  vendono a poco prezzo cibi di scarsa qualità; la formula vincente sembra “calorie esagerate  in porzioni abbondanti disponibili a qualunque orario del giorno e della notte”.

La patria dei fast-food, del cibo industriale e dei pasti fuori casa  sta affogando nell’obesità e nelle malattie prevenibili, con tassi di  tumori intestinali  e di  diabete  4-5 volte superiori a quelli italiani. La cosa paradossale è che proprio da oltre oceano provengano la maggior parte delle nuove proposte dietetiche, quasi tutte iperproteiche e quasi tutte con i  carboidrati  fortemente ridotti. In realtà, tutti gli studi di popolazione dicono esattamente il contrario: il modello alimentare nordamericano fa ingrassare e fa ammalare, mentre il  modello mediterraneo  è salutare e porta in media a una buona longevità. Possiamo, infatti, introdurre circa il 50% delle calorie totali dai carboidrati – sia quelli complessi di  pasta, pane e prodotti da forno  sia quelli semplici di  frutta e verdura; l’aspetto più importante – questo è il punto – non riguarda la loro presenza, ma la loro qualità. Zuccheri e farine raffinate devono essere limitati, mentre devono prevalere cereali integrali e legumi, possibilmente da filiere corte, controllate e di qualità.

Lo scrittore e giornalista statunitense  Michael Pollan  qualche anno fa ha scritto una  frase geniale che andrebbe riportata per legge a caratteri cubitali in tutti i supermercati “Non comprate e non mangiate mai nulla che vostra nonna non riconoscerebbe come cibo”.

Dott. Daniele Segnini
Biologo Nutrizionista Educazione alimentare per: bambini, adolescenti e sportivi.
Interventi nutrizionali per: obesità, diabete e dislipidemie.
Piani alimentari per: gravidanza, menopausa e terza età

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