La sfida della morte in adolescenza

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A cura del Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Ultimamente i media stanno parlando molto di blu whale ed anche l’ortica se ne è occupata con un bell’articolo. Ma che cosa rappresenta blu whale per gli adolescenti? Ogni epoca storica ha avuto i suoi blu whale: è stato, è e sarà sempre così! Fa parte dei sani compiti di sviluppo di un adolescente la sfida dei propri limiti e tra i limiti da sfidare c’è anche la morte.

Quando io ero adolescente i vari blu whale avevano nomi diversi, ma il significato psicologico che rivestivano per noi (anche se non ne eravamo consapevoli) era identico: noi adolescenti ladispolani e cerveterani sfidavamo la morte scendendo dal “Sasso” con il motorino senza mai frenare, o andando in giro senza casco o di notte a fari spenti, o usavamo cocktails potenzialmente letali di droghe sperando che la domenica ci saremmo svegliati.

Era anche la coda dell’epoca in cui qualcuno sfidava la morte “incarnandola” nell’eroina e cercando di sopravvivergli e di “vincerla” (i significati psicologici dell’uso delle droghe sono tuttavia anche altri ed inoltre mutano con l’età).

Solo ieri, prima che si parlasse di blu whale, era “di moda” per gli adolescenti lanciarsi dagli alti balconi degli alberghi nella piscina sottostante (più alto era il piano, più grande la prova di coraggio. Il superamento di prove di coraggio, non a caso, è universalmente parte dei riti di iniziazione all’età adulta di moltissime culture).

Ed oggi tra i più giovani è “di moda” sdraiarsi in strada dietro ad una curva e scansarsi all’ultimo, o saltare da un tetto ad un altro. E domani, sicuro quanto il sorgere del sole, ci saranno altre “prove di coraggio” legate al mutato contesto storico. Insomma, diciamolo pure con franchezza, superare indenni l’adolescenza senza conseguenze che possano segnarti per la vita è anche questione di fortuna!

A meno che un adolescente venga privato della sua adolescenza da genitori ipercontrollanti che lo infantilizzano trattandolo – seppure con il buon proposito di proteggerlo dai pericoli del mondo – come un bambino piccolo ed inetto; o a meno che egli stesso si privi dell’adolescenza, con i suoi compiti di sviluppo, per proteggere i genitori dalle loro ansie. Entrambe queste soluzioni hanno però un prezzo. Ed è un prezzo salato.

Questo adulto-bambino potrebbe infatti sentire la spinta biologico-psicologica a viversi l’adolescenza in una fase successiva della vita, magari a 40’anni. E se a 14-15 anni hai la protezione dei genitori e ci si aspetta da te, data l’età, che farai stupidaggini, diverso è a 40’anni, magari con figli tuoi e responsabilità decuplicate sulle spalle. Gli adolescenti hanno bisogno più di tutto che i genitori diano loro fiducia e la possibilità di assumersi delle responsabilità di scelta autonome.

E questo non si sposa con il controllo intrusivo. Gli adolescenti hanno anche diritto ad avere dei segreti e ciò va rispettato. Quindi i genitori non possono fare nulla per proteggere i figli dai pericoli? Tutt’altro direi: essi possono fare moltissimo, ma devono farlo prima: ovvero costruendo con i figli, fin dalla primissima infanzia, un legame d’amore fatto di fiducia, rispetto delle differenze, comprensione, presenza (che è cosa ben diversa dal controllo), pazienza e tanto ascolto.

E se si hanno difficoltà non c’è da vergognarsi a chiedere aiuto ad un esperto che possa aiutare tutta la famiglia in questa difficile fase di transizione della vita.

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