IL FAVISMO e PITAGORA

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Fave
immagine del fave
Dottor Professor Aldo Ercoli
Dottor Professor
Aldo Ercoli

Tra le anemie di aumentata distruzione degli eritrociti (globuli rossi); oltre a quelle dovute a difetti congeniti (sferocitosi, ellissocitosi, talassemia, malattia cellule falciformi etc); a quelle provocate da cause acquisite (distruzione immunitaria, emoglobinuria parossistica notturna, emolisi (distruzione dei globuli rossi) traumatica, da cause tossiche, da sequestro nella milza aumentata di volume etc) vi sono quelle dovute ad anomalie enzimatiche. Tra queste ultime voglio parlarvi di quelle dovute a deficit del glucosio-6- deidrogenasi (dovuta allo shunt dell’esoso monofosfato). È una malattia molto frequente in Italia (specie in Sardegna, al sud e nel revennate) che viene comunemente chiamato favismo. La carenza dell’enzima, il cui gene è nel cromosoma x, si riscontra spesso in zone in cui era presente la malaria. Questi soggetti hanno un’anemia emolitica se esposti a stress ossidativi (per esempio un farmaco come un antimalarico, un sulfamidico, l’aspirina e altri ancora oppure dopo un’infezione). Tra la più di 400 varianti diverse sono gli individui di origine dell’area mediterranea coloro che spesso hanno una variante deficitaria e possono avere l’anemia emolitica per la maggior parte del tempo. Alcuni di essi sono soggetti a grave emolisi dopo ingestione di fave (favismo). L’anemia è normocromica normocitica, con sideremia normale e presenza in circolo di globuli rossi con volume crepuscolare medio e volume globulare normali. Il favismo ripeto è dovuto a deficit dell’enzima glucosio 6-fosfato.deidrogenasi in seguito all’ingestione di agenti ossidanti, come le fitotossine delle fave. Si ha pertanto un improvvisa distruzione di globuli rossi. La crisi emolitica comporta cefalea, prostrazione, vomito, brividi, febbre, emoglobinuria, ittero e anemia. Le indagini diagnostiche e la terapia vanno eseguite in centri specializzati. Molti pazienti sono a conoscenza di questa patologia ed evitano fave e alcuni farmaci. Un noto filosofo greco, il supermatematico Pitagora, originario dell’isola di Samo (nato nel 570 a.C.) trasferitosi a Crotone a quarant’anni suonati formò una casta di 300 allievi portandovi la saggezza greca. La sua più che una scuola era una vera e propria setta dove venivano osservate una serie di regole molto strane. Di certo alcune di queste avevano un significato metaforico: “non spezzare il pane” poteva stare a significare “non separarti dagli amici” oppure “non attizzare il fuoco con il ferro” starebbe per “sii sempre disposto a perdonare” (Luciano De Crescenzo. Storia della Filosofia Greca 1995). Il “non mangiare le fave” non è in ogni caso un comandamento astruso del catechismo pitagorico. De Crescenzo si domandò “perché Pitagora odiasse tanto questo innocuo legume!”. Secondo Aristotele era dovuto ad una qualche rassomiglianza con l’organo maschile. Secondo altri, più clinici medici che filosofi, si sarebbe trattato invece di un’allergia che il soggetto si sarebbe portato dietro fin da bambino. Infatti il favismo, come sappiamo, è una malattia enzimatica ereditaria. Chissà se lo stesso Pitagora non ne fosse affetto oppure, il filosofo greco aveva visto diversi casi di favismo nel corso della sua vita. Certo è che, in sua presenza, le fave era proibito perfino nominarle. Personalmente propendo per la prima ipotesi. Infatti la storia ci dice che quando un centinaio di teppisti antipitagorici di Crotone accerchiò e dette fuoco al pitagorico quartier generale (la villa dell’atleta Milone) Pitagora provò a scappare dietro quelle case. Per sua sfortuna, proprio li, v’era un vasto campo di fave. Secondo Giamblico (vita di Pitagora 248-9) il vecchio Maestro, pur di non attraversare quel campo preferì farsi uccidere dai congiurati. Altri storici quali Porfirio e Dicearco ci danno invece versioni diverse. Quello che è certo è che Pitagora conosceva bene il favismo, quest’anemia che, superata la crisi emolitica, porta nelle forme croniche, recidivanti a facile stancabilità, dispnea da sforzo, palpitazioni tachicardia, ronzii auricolari, vertigini, insonnia.