ALESSIO D’AMATO, SOSTENITORE DEL CHIUSURISMO E DEGLI OBBLIGHI SANITARI, CANDIDATO ALLA REGIONE LAZIO

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La rivendicazione delle restrizioni sanitarie è l’ultimo rifugio di una coalizione senza idee?

di Andrea Macciò 

“Ai cittadini non si deve levare neanche uno dei diritti acquisiti” così parla ora Alessio D’Amato, candidato unitario del centrosinistra alla regione Lazio in vista dell’appuntamento elettorale del 2023.

Alessio d’Amato, nato a Roma, è laureato in sociologia e specializzato in “peacekeeping”. È stato responsabile della Cabina di Regia della regione Lazio per la Sanità dal 2013 e assessore alla Sanità e integrazione sanitaria nella giunta uscente guidata da Nicola Zingaretti e sostenuta anche dal Movimento 5 Stelle.

Oggi D’Amato si definisce “un operaio della politica” e si propone come il rappresentante di una sinistra attenta al sociale e agli “ultimi”.

O forse dovremmo dire ai “fragili” evocando una delle parole che la neolingua legata alla “pandemia” abbiamo imparato a conoscere negli ultimi tre anni assieme a congiunti, cluster, focolaio, asintomatico?

Come contrappeso all’auto-agiografia costruita da D’Amato nelle numerose interviste rilasciate, ci sembra opportuno sbloccare qualche ricordo sul candidato del centrosinistra e su quanto ha sostenuto e dichiarato nel 2020 e 2021.

Era il 20 luglio del 2020, e l’Italia era uscita da un mese e mezzo dal lockdown più lungo e rigido d’Europa (ricordiamo che la libera circolazione all’interno del paese fu ripristinato solo il 3 giugno 2020: prima si temeva che gli italiani si muovessero troppo per il ponte del 2 Giugno). In un’intervista rilasciata a Fanpage, D’Amato notava “un diffuso calo della tensione” soprattutto tra i giovani che “girano senza mascherine” e che “si ritrovano e si assembrano la sera“, spingendo per ripristinare in Lazio l’obbligo indiscriminato di mascherina all’aperto e minacciando di multare i reprobi che non la indossassero in “presenza di altre persone”. La demonizzazione della socialità, uno dei ritornelli dei tre anni degli anni venti del nuovo millennio.

ALESSIO D’ AMATO REGIONE LAZIO

Un’ordinanza regionale del 3 giugno 2020 infatti, confermava l’obbligo di indossare la mascherina qualora non fosse possibile “rispettare la distanza di un metro”, assieme alla Campania, una delle più restrittive d’Italia.

L’assessore D’Amato, tuttavia, faceva trapelare che sarebbe stata interpretata in maniera restrittiva la norma nazionale che prevedeva l’uso obbligatorio delle mascherine non solo al chiuso, ma anche “in luoghi aperti al pubblico o accessibili a altre persone”.

Ad esempio, le stazioni ferroviarie, le spiagge (citate esplicitamente da D’Amato) i bar e i locali all’aperto: un obbligo generalizzato “mascherato” al quale nell’agosto 2020 venne aggiunto l’obbligo di indossarla dalle 18 alle 6 in non ben precisati “luoghi della movida”.

Tradotto in pratica, voleva dire che un turista pizzicato a sconfinare percorrendo la Via Francigena o il Cammino di San Francesco dall’Umbria al Lazio tra luglio e agosto in compagnia di altre persone (magari neanche “congiunti”) sarebbe stato potenzialmente sanzionabile.

Situazioni vissute anche di persona in quell’estate, dove spostandomi spesso dall’Umbria al Lazio si respirava nella regione governata da Zingaretti e D’Amato un clima molto meno “rilassato”.

Da ottobre, l’obbligo in teoria sarebbe stato valido anche per una persona sorpresa a salire da sola su qualche montagna dell’Appennino.

A Piediluco si poteva girare smascherati ma a Labro no, ad Attigliano sì, ma a Bomarzo no. Ad Alviano sì, ma a Orte no.

Nell’ordinanza del 3 giugno si prevedeva anche l’obbligo di non accedere al territorio della Regione Lazio in presenza di una temperatura superiore a 37,5 e l’obbligo dei “vettori” di rilevarla a tutte le persone che accedevano alla regione.

Il decreto non specifica che cosa sarebbe accaduto al cittadino proveniente da Terni o Orbetello una volta sbarcato alla stazione di Orte o Montalto di Castro. Una domanda che mi sono posto personalmente, arrivando alla stazione di Orte nel Giugno 2020 con un convoglio proveniente dall’Emilia Romagna.

In realtà, come molte “regole” di quel periodo, il provvedimento rimase una grida manzoniana e la misurazione della temperatura fu attiva solo nei grandi snodi ferroviari e aeroportuali.

Nel 2020 il Lazio è stata l’unica regione, assieme alla Campania, a non abolire il famigerato “distanziamento sociale” nei treni regionali.

In pratica, chi era diretto in Lazio su un treno della direttrice Ancona-Roma, afferente alla regione Marche dove il collega (sempre peraltro del Pd, poi non ricandidato: un caso?) Ceriscioli aveva ripristinato la piena capienza a luglio, poteva almeno in teoria essere fatto scendere se seduto vicino a un qualcun altro. Molte di queste misure non sono state messe in discussione perché mai realmente applicate, ma configuravano un modello nel quale i diritti erano trasformati in concessioni rimesse alla discrezionalità del controllore di turno.

Da non dimenticare anche il volo dei droni per il primo weekend del settembre 2020 per verificare la temperatura corporea dei bagnanti: anche in questo caso, al di là delle grida manzoniane non si capisce benissimo che cosa sarebbe occorso al cittadino che avesse manifestato magari dopo ore sotto il sole una temperatura di 37 e 6.

Il maltempo poi risparmiò quest’ennesima scena da film tragicomico.

Nell’estate 2021, D’Amato torna all’attacco, chiedendo il ripristino della mascherina all’aperto e l’anticipo della terza dose dopo 5 mesi invece che dopo 6, lamentando l’eccessiva circolazione di cittadini non vaccinati e non mascherati.

Lo stesso D’Amato ipotizza poi, sempre a fine estate 2021, di far “pagare ai no vax i ricoveri Covid”: insomma il modello della sinistra inclusiva e sociale secondo D’Amato era legata all’obbedienza dei cittadini alle regole igieniche. Con la stessa logica, si potrebbe pensare di far pagare ai fumatori i ricoveri dovuti a problemi respiratori o ai cittadini non astemi quelli relativi a problemi allo stomaco o al fegato.

Ci sembra che il ruolo di D’Amato sia stato in questi anni quello di “anticipare” le nuove restrizioni promosse dal governo nazionale, o di testare la possibilità di prendere provvedimenti ancora più estremi come quello del negare le cure gratuite ai non vaccinati.

E dulcis in fundo, il misterioso attacco hacker al centro dati della regione Lazio: le ipotesi si sprecarono, dall’atto di terrorismo all’errore informatico compiuto casualmente da un dipendente, senza mai avere una risposta.

Ora D’Amato ci parla del pericolo che la controparte metta in discussione “diritti acquisiti” e rivendica il modello Lazio per la gestione della sanità.

Un modello che crediamo di aver ben riassunto in questa breve digressione: norme restrittive ai limiti della costituzionalità (sappiamo infatti che l’art. 120 vieta alle regioni di introdurre dazi e altre limitazioni relative alla libera circolazione in questo paese) e decisamente oltre i limiti della logica, come l’obbligo teorico di indossare la mascherina in spiaggia “in presenza di altre persone”.

 Anche l’ipotesi di “far pagare le cure ai no vax appare oltre i limiti della costituzionalità, visto che l’ordinamento italiano prevede un modello universalistico di sanità pubblica.

Nel complesso quadro normativo nazionale sulle mascherine, era presente anche un’esenzione per i “conviventi” circa l’obbligo di indossarla vicino ad altre persone: una trovata degna di una teocrazia, che, almeno in linea teorica, autorizzava le forze dell’ordine a indagare sul tipo di relazione esistente tra due persone che camminavano affiancate in coppia.

Tutta la discussione sull’obbligo di mascherina è inoltre fortemente “romano-centrica” con riferimento costante ai luoghi più affollati e frequentati del capoluogo, nonostante gran parte del territorio del Lazio sia costituito da paesi e borghi dell’area appenninica ben lontani dall’immagine del luogo affollato.

La candidatura di D’Amato ha un significato ben preciso: rivendicare le “misure di contenimento” degli ultimi tre anni, la mascherina all’aperto, il green pass, l’obbligo vaccinale, il distanziamento sociale come la bandiera ideologica della sinistra “sanitaria” quella che ha fatto del principio della massima precauzione il proprio punto caratterizzante. Forse una scelta di marketing politico, per intercettare la consistente minoranza di cittadini ancora fortemente terrorizzati dal “contagio” dopo tre anni di narrazione pandemica, e che forti di stipendi fissi e pensioni non hanno, almeno dal punto di vista economico, nulla da perdere dalle chiusure?

I risultati nazionali ci sembrano questo dato: la destra, che pur avendo appoggiato “le misure di contenimento” se ne è smarcata dal punto di vista comunicativo promettendo di non ripetete più i provvedimenti del 2020-2021, ha tenuto. Il centrosinistra ha perso, e l’astensionismo sembra aver colpito soprattutto quell’area.

La contraddizione tra la retorica sui “diritti” e la rivendicazione esplicita di provvedimenti e atteggiamenti repressivi nella gestione della pandemia è stata percepita con forza alle elezioni nazionali di settembre.

Nonostante questo, si perservera nel non abbassare la guardia. La candidatura di un convinto sostenitore del chiusurismo e degli obblighi sanitari come D’Amato ci appare come una fiera rivendicazione di quanto sostenuto negli ultimi tre anni.

Ora mi chiedo quando l’area politica afferente al centrosinistra, dal Pd al Terzo Polo, dai radicali (che sono stati all’opposizione del governo Conte due, peraltro) a Sinistra Italiana e Verdi si deciderà a fare una seria autocritica delle misure autoritarie e liberticide appoggiate con convinzione in questi ultimi tre anni, spesso in aperta contraddizione con le dichiarazioni di facciata sull’inclusione e i diritti, sulla retorica moralista sui “giovani” e la “movida”, sulla demonizzazione della socialità e della libertà di scelta.

Un passo che sarebbe necessario per normalizzare la dialettica politica italiana: altrimenti andremo verso un’egemonia culturale della destra-centro attualmente al governo, abile nel far dimenticare di aver appoggiato nella prassi “misure sanitarie” analoghe a quelle del centrosinistra e a portare avanti una narrazione familista e neocon percepita da alcuni come un’alternativa plausibile alla “doppia morale” della sinistra sui diritti.

L’ideale sarebbe una rifondazione totale del quadro politico come nel 1994: ma le elezioni di settembre hanno dimostrato quanto sia difficile: anche i movimenti antisistema hanno dimostrato la loro scarsa credibilità strizzando talora l’occhio a regimi autoritari come quello del Qatar (pensiamo ai recenti tweet di Adinolfi sulle “misure” di polizia morale adottate in occasione dei mondiali) o a quello cinese con la sua distopia del Covid zero.

Nel frattempo, abbiamo il bipolarismo tra un centrosinistra che rivendica il lockdown e il green pass e un centrodestra che ha ben poco di liberale e alza cortine fumogene sul passato parlando di rave e bonus matrimonio.

Forse, come affermava il candidato di fantasia Michele Rota nel romanzo fantapolitico Movimento per la disperazione il primo che avrà un’idea nuova si prenderà tutto.

Riferimenti

 D’Angelo Dario, D’Amato: “No vax nel Lazio pagheranno ricoveri Covid”/ Ecco il costo giornaliero (ilsussidiario.net), 31 Agosto 2021

Alessio D’Amato: ‘I no vax contagiati si paghino i ricoveri’ – La Stampa, Articolo non firmato

Macciò A. Il conviventismo, LeoniBlog Il conviventismo – LeoniBlog, 2020

Pellizzari T. Movimento per la Disperazione, Baldini e Castoldi, Milano, 2014

Tata E. “D’Amato: mascherine obbligatorie nel Lazio, multeremo chi non le indossa”, www.fanpage.it.

Torchiaro Aldo, Intervista ad Alessio D’Amato: “Sono un operaio della politica, candidato di tutta la coalizione” – Il Riformista, 18 Novembre 2022