TRIONFA CERVETERI! CITTÀ DELLA CULTURA 2020

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Giornate Europee patrimonio
Necropoli Banditaccia-Cerveteri

Grande vittoria per Cerveteri eletta ‘Città della Cultura della Regione Lazio 2020’.

di Alexey Alberti

Cultura: un meraviglioso sostantivo che discende dal verbo latino colĕre ossia coltivare. Cultura e coltura: per entrambe, in fondo, sono necessarie cura e dedizione. Arricchire se stessi attraverso il sapere, la conoscenza non è, in un certo senso, coltivare dentro di sé con l’obiettivo di far crescere qualcosa? Cultura e coltura sono legatissime, in fondo.

Cerveteri è stata eletta Città della Cultura della Regione Lazio 2020”. Tale riconoscimento rappresenta una vittoria soddisfacente e dovrebbe giovare all’immagine di un luogo che vanta un affascinante passato secolare.

Caere: questo il nome della città etrusca che occupava il territorio dell’odierna Cerveteri. Tutt’oggi, sono evidentissime le radici etrusche della città. Ma stiamo parlando di una città intrinsecamente etrusca? Non proprio. Facciamo un recap. La tradizione storiografica vuole che la città sia stata originariamente fondata dai Pelasgi con il nome di Agylla, in greco: “Άγυλλα”. Le autentiche origini dell’odierna Cerveteri risultano, dunque, essere greche. Anzi, pregreche. Sì: pregreche.

E perché mai? I Greci dell’età classica chiamavano “Pelasgi” i loro antichi padri, vale a dire i loro antenati. Chiamavano in tale modo tutte le popolazioni primitive, appunto, pregreche, autoctone, delle quali si tratteggiavano vari profili, spesso fra di loro discordanti.

Già nei poemi omerici si racconta di loro. E non ci si ferma, ovviamente, solo lì. Ad esempio, grazie alla testimonianza dello storico Diogini di Alicarnasso, sappiamo che dei Pelasgi, una volta giunti nel Centritalia, si unirono con gli Aborigeni (dal latino “Aborigînes”, termine con cui s’indicavano i primi abitanti del Centritalia, e poi usato per indicare tutti gli aborigeni intesi come primitivi abitatori di un luogo, compreso l’aborigeno della celebre battuta di Guzzanti), per poi dichiarare guerra ai Siculi e fondare alcune città, fra le quali proprio Agylla.

Dei Pelasgi parlò anche il grammatico Servio nell’opera Commentarii in Vergilii Aeneidos libros. Inoltre, si può leggere di Agylla nella Naturalis historia di Plinio il Vecchio e della sua conquista da parte degli Etruschi nelle Antichità romane del sopracitato Dionigi di Alicarnasso e nella Geografia di Strabone.

A costo di macchiarsi di importunità e disdicevolezza, si può, in maniera ironica e scherzosa, dire: furono protagonisti di una porzione del nobile gossip antico. Ciò che rifulge ad oggi di Cerveteri, dal punto di vista del patrimonio artistico-culturale, è senza dubbio la grande eredità etrusca.

Nell’Eneide di Virgilio già si parla della città etrusca – e non più pelasgica – Caere: durante l’epico (in tutti i sensi) scontro fra i Troiani, guidati da Enea, e i Rutuli, guidati da Turno, quest’ultimo, in cerca d’aiuto, si rivolse a un tale Mezenzio, ossia il re di una ricca città etrusca chiamata Caere. Certo, il suo epiteto nell’opera è “spregiatore degli dèi” (in latino contemptor deum): non il massimo, soprattutto se si considera la visione pro-pietas che avvolge l’Eneide e che trova la sua perfetta concretizzazione proprio nella figura di Enea.

Si può pensare che, dato l’ovvio carattere filoromano (e filoimperiale, ma ora non c’entra) dell’Eneide, non si sia potuto offrire un ritratto infinitamente roseo e incantevole degli Etruschi e, più in generale, delle popolazioni del Centritalia. E la figura di Mezenzio sembra supportare tale legittima riflessione. I rapporti fra Romani e gli Etruschi furono, diciamo, particolari. Vediamo come.

Durante l’ultimo centennio della fase monarchica, l’influenza etrusca fu fortissima: Tarquinio Prisco, poi Servio Tullio e infine Tarquinio il Superbo furono i tre reges etruschi che dal 616 a.C. (con Tarquinio Prisco) al 509 a.C. (con Tarquinio il Superbo) dominarono quella che era destinata a divenire la caput mundi. Insomma: niente male, questi Etruschi. Fu proprio a Caere che l’ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo, venne esiliato. Il tramonto della monarchia romana (a cui susseguì l’inizio della fase repubblicana) è legato, da questo punto di vista, all’odierna Cerveteri.

Anche nel pieno splendore della Roma repubblicana, la civiltà etrusca continuò a respirare: non poteva, di certo, svanire così, da un momento all’altro. In particolar modo, Caere, la futura Cerveteri, ottenendo per prima lo status di Municipia sine suffragio (in sintesi: vennero concessi alcuni diritti dei cittadini romani, escluso quello di voto), occupò – anche in tale situazione – un posto per certi aspetti importante nella storia romana.

Un simbolo della grandiosa eredità culturale etrusca a Cerveteri è sicuramente la Necropoli della Banditaccia. Amministrativamente facente parte delle Necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia, è la più estesa fra le necropoli nell’intera area mediterranea. È un luogo misterioso, intrigante e affascinante, attraverso il quale è possibile farsi trascinare dal fascino dell’imperitura storia etrusca e viverla. Certo, dire imperitura e viverla può sembrare un tantino paradossale, se si parla di una necropoli. Sarà un paradosso, ma questa è la ‘vera verità’.

Strettamente legato alla Necropoli, vi è anche il Museo Nazionale Cerite, nel quale è esposta l’arte etrusca che proviene in grande parte appunto, dalle necropoli dell’antica Caere, tra cui la Necropoli della Banditaccia. Entrare in tale museo è un viaggio nel tempo che arricchisce. Come si è detto all’inizio: la cultura è un arricchimento. E noi che ne abbiamo molta a una distanza praticamente inesistente, dobbiamo riscoprirla, amarla e andarne fieri. In fondo, si sta parlando della civiltà etrusca, ossia una delle più affascinanti che siano mai esistite.

Vero è che, alla fine, nel 27 a.C. (anno di nascita del principato di Ottaviano, vale a dire agli albori della fase imperiale), la civiltà etrusca si fuse definitivamente con Roma. Tuttavia, dobbiamo ricordare la sua grande influenza nel corso delle storia romana pre-imperiale e che, in fondo, la sua cultura non svanirà mai, ma risplenderà sempre. Il titolo di cui oggi Cerveteri si fregia costituisce una grande e significativa vittoria.