DAMON, I DRAGHI E LA MURAGLIA

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Arriva al cinema il kolossal coprodotto da Usa e Cina, La grande muraglia, che non piace a Pechino perché in odore di supremazia bianca: il protagonista è interpretato da un americano. Poco storico e più fantasy, ricorda le antiche leggende cinesi.

di Barbara Civinini

Zhang Yimou riuscirà a fare centro anche in Europa con la sua ultima fatica, a mezza strada tra il wu xia pian e il kolossal hollywoodiano? Ci sono da combattere i tao tie, le mitiche creature a mezza strada fra il gargoyle e il drago. Stiamo parlando de La grande muraglia, la contestata coproduzione Cina-Usa da 135 milioni di dollari. A misurarsi con la difficile battaglia c’è un eroe mercenario dalla pelle bianca, William Garin, e l’impresa non è facile, anche perché questa volta nelle sue mani non c’è la leggendaria “destino verde”. Il ruolo è stato affidato ad un solido divo a stelle e strisce, Matt Damon, nativo di Cambridge, come il fascinoso Tom Cruise nel 2003 interpretò L’ultimo samurai. E questo, in patria, ha creato non pochi problemi al controverso regista, passato dal cinema d’essai, molto apprezzato in Europa, con film come Lanterne Rosse – uno spettacolo d’incredibile fascino dal gusto quasi shakespeariano – ai favolosi wuxia, i cappa e spada orientali, come La tigre e il dragone. I commenti su Douban.com, l’equivalente del nostro MyMovies, per intenderci, sono stati piuttosto negativi, come riporta Agichina. Del resto l’accusa di whitewashing non è nuova per l’industria cinematografica americana. Una pretesa “supremazia bianca” che a Pechino non piace, anche se poi il protagonista deciderà di combattere con gli uomini dell’Ordine Senza Nome, l’ultima difesa contro le creature mostruose. Yimou afferma con orgoglio che il film – girato interamente in Cina – è un omaggio alla storia e alla cultura del suo paese. Per riprodurre il mostro Taotie, prosegue, abbiamo speso moltissime energie nella ricerca, inclusa la lettura del Shan-hai Jing, testo classico della cultura cinese che raccoglie la mitologia antica della nostra letteratura. Anche se negli States c’è chi ha parlato di scontato monster movie dalla narrativa stupida, la storia – come spiega lo scenografo John Myhre due volte premio Oscar – è ambientata nel XII secolo d.C., un periodo molto fervido per la Cina antica, conosciuto come una sorta di Rinascimento per l’arte e la scienza. Sono stati realizzati più di 10 mila costumi –  per l’esattezza 13.140 – che Mayes Rubeo ha disegnato ispirandosi alle testimonianze dell’epoca. Polemiche a parte, il mercato cinematografico cinese rappresenta una piazza allettante e questa colossale coproduzione potrebbe rappresentare la formula giusta. Il film è stato prodotto dalla Legendary Entertainment, che lo scorso anno è stata acquistata dalla società cinese Dalian Wanda, il primo caso di acquisizione cinese di una grossa casa di produzione americana. La Grande muraglia – si dice l’unico manufatto visibile a occhio nudo dall’orbita terrestre – costruita a partire dal 215 a.C. per volere di Qin Shi Huang, il primo imperatore della dinastia Qin, quello del famoso esercito esercito Xi’an, ancora oggi è lunga più di 8 mila chilometri. La sua altezza media oscilla fra i 5 e i 10 metri. Nel 1987 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.