SULLE TRACCE DI GABRIELE D’ANNUNZIO (1896) A PALO LAZIALE

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Gabriele d'annunzio

Siamo quasi alla fine del XIX secolo, precisamente nel 1896.

di Aldo Ercoli

Così Ivon De Begnac descrisse quel luogo ove sarebbe poi nata Ladispoli in “Ritratto di Umanissima Città” (Ladispoli centenaria. 1986). <Novant’anni or sono, la riva era variegata da luminosi palmeti: piccole oasi non lambite da alcuna carovaniera. Chi mai – allora – avrebbe immaginato, entro questo spazio, la nascita della odierna città? La terra dei Principi ancora non s’avviava ad essere creatura urbana, inventata, pressoché dal nulla, dalle cento famiglie dello “hinterland” contadino. Appena là della “Aurelia”, antichi casali presidiavano oliveti verdi: e campi seminati a grano, e ad erba medica. In Palo, la ferrovia statale affondava un caposaldo minuscolo. Poco più di un “casello”. Molto meno di un ridottissimo “Scalo Merci”>.

Bisogna fare attenzione. Non si tratta della attuale Stazione di Palo Laziale (non più funzionante), quella che poi, passeggiando o correndo, porta allo stupendo Parco fin alle estreme propaggini nord di Marina San Nicola. Se volete trovare quella che fu la vera “Vecchia Stazione” di Ladispoli, sempre a Palo Laziale, (ove Gabriele D’Annunzio incontrava Barbara Leoni) dovete prendere la strada che a sud della città immette nell’Aurelia. È l’ultimo palazzo sulla destra. Nel 1896 era solo una minuscola parte di quella attuale, poi con il tempo la “casa dei ferrovieri” (capostazione fu anche il padre di Renzo Rossellini) si è ampliata, sia in altezza che in lunghezza. Sono nati lì anche due miei cari colleghi medici, quasi coetanei. Ricordo che nelle mie ricerche sulla frequentazione del “Vate” fotografai a Palo la tuttora presente “cisterna d’acqua” che serviva per gli “sbuffanti” tremi di quei tempi. Ricerche e foto che furono tema di un mio articolo pubblicato sul giornale della Regione Abruzzo “Il Centro” (D’ Annunzio era di Pescara).

Ma torniamo da Ivon. <Correva la stagione romana di Gabriele D’Annunzio e di Barbara Leoni. Qui, tra le quadri mura di tufo della sala d’aspetto della stazioncina, il “divino” Gabriele furtivamente incontrava “Barbara romana”, nel breve volger del tempo tra il treno che qui li aveva condotti, dal sud: ed il passaggio del treno che, provenendo da nord, a Roma, li avrebbe riportati. Poi, nelle stanze d’abitazione di via Belsiana, o nelle sale redazionali delle “Cronache Bizantine”, in via Due Macelli, dalla recente memoria dell’incontro furtivo, il Poeta avrebbe tratto l’inspirazione al canto>.

Ad Ivon De Begnac, importante scrittore e letterato del periodo fascista, la civile, sociale e democratica Ladispoli ha dedicato una via in zona “La Palma”. Di più non si poteva. Lui, che non era un gerarca ma solo uno storico, veniva considerato “un fascistone” (si diceva che fosse perfino figlio naturale di Benito). Io che sono stato il suo cardiologo curante posso dirvi che era persona semplice, “alla mano”, di grande cultura e umanità. Con me non ha mai parlato di politica, solo di rapporti umani, ben lontani da ogni faziosità di parte. Certo si “sentiva nel mirino”. Quell’infarto cardiaco che gli riscontrai, facendolo ricoverare all’Ospedale di Bracciano, lo tormentava. Nonostante le cure degli inizi anni ‘80 (volenterose ma non certo qui all’avanguardia) Ivon non fece più ritorno nella sua casa di via Fiume a Ladispoli. Personalmente gli devo molto.

Mi consigliava negli articoli che scrivevo sui giornali diretti da Alberto Sava (La Voce, La Città). Fu lui che mi indirizzò nelle ricerche storiche territoriali pertinenti D’Annunzio. Il “Vate” ispirò l’amor patrio che riprese il fascismo ma non fu certo un “servo di Mussolini”. Né il Duce ebbe mai il coraggio di scomunicarlo, di metterlo alla porta.