L’ACCERCHIAMENTO DELLA PALUDE – TRA PICCOLI SQUALI E TANTI PONZIO PILATO

0
854
Torre Flavia

“LADISPOLI ACCELLERA SUL PIANO REGOLATORE,
CERVETERI RISPONDE CON IL CAMPEGGIONE E ANNESSO DISTRIBUTORE”

Numerose lettere continuano ad arrivare in redazione da parte di associazioni e comitati
in merito all’ennesimo assedio che le due amministrazioni di Ladispoli e Cerveteri stanno
mettendo in atto nei confronti dell’Area protetta di Torre Flavia. Qui di seguito pubblichiamo il comunicato del Gruppo Cittadini, Volontari e Attivisti per l’Ambiente Cerveteri, Ladispoli.
Il Monumento Naturale Palude di Torre Flavia è nuovamente sotto il fuoco incrociato delle
amministrazioni di Ladispoli e Cerveteri. La piccola area protetta, poco più di 40 ettari,
patrimonio di biodiversità, diventerà il punto di confluenza di un’unica sequenza di insediamenti urbanistici, con irreversibile compromissione degli ecosistemi e inevitabili ripercussioni per la qualità di vita dei cittadini.

Non è una novità per la Palude, come evidenziava già nel 2006 F.M. Mantero: “La frenetica espansione edilizia settentrionale di Ladispoli e la nuova edificazione di quella speculazione che prenderà il nome (..) di Campo di Mare (…) si vengono quasi a fondere in un unico organismo.

Questa dinamica di accerchiamento dell’area continua come su tutto il territorio costiero dei litorali laziali. Se si continuasse a consolidare tale assetto il Monumento naturale si troverebbe all’interno di un territorio fortemente insediato ed avrebbe una dimensione fisica e di ruolo molto diversa di quella oggi svolta in un contesto seppur già molto alterato [Monumento Naturale Palude di Torre Flavia, un esempio di archeologia del paesaggio].

Ambiente, Economia e Sociale dovrebbero essere i tre assi su cui poggia il concetto di sostenibilità, ma anziché cooperare per una maggiore valorizzazione e tutela del territorio, le due amministrazioni consolidano una lunga tradizione di consumo del suolo e sfruttamento antropico di ogni centimetro di verde e naturalità. A spingerle in questa direzione, il solito miraggio di crescita economica che sembra non poter prescindere dalla speculazione edilizia. Alla miopia delle amministrazioni comunali si aggiunge la mancanza di una strategia a lungo termine da parte dell’ente gestore del Monumento Naturale di Torre Flavia, ossia la Città Metropolitana di Roma Capitale.

E se Ladispoli accelera sulla variante al Piano Regolatore (“strumento fondamentale di crescita”, secondo il sindaco) al fine di completare la cementificazione attorno all’Oasi di Alsium, la lottizzazione dell’Olmetto Monteroni e la nuovissima urbanizzazione del Caere Vetus a ridosso del Monumento Naturale Palude di Torre Flavia, Cerveteri, affetta da “invidia del mattone”, risponde con il campeggione di lusso e annesso distributore (come ricorderete, avevano già tentato il colpo) in località Stallonara,
sempre al confine della povera Palude. La giustificazione è ormai nota dai tempi del Jova
Beach Party: rilanciare il turismo.

Le due città, in realtà, non riescono neanche
a gestire l’ordinaria manutenzione e il decoro urbano, le condizioni minime di vita civile: dalle case che si allagano per i servizi fognari insufficienti di Ladispoli alle reti idriche fatiscenti di Cerveteri, dalle discariche a cielo aperto all’insufficienza dei depuratori, dalle strade dissestate agli stabili abusivi, dai patrimoni storici maltrattati ai siti Unesco abbandonati. E allora dal cilindro dei sindaci esce fuori l’idea geniale: qualche albergo,
qualche villetta, qualche campeggio e tutto si risolve. Il Paesaggio e l’Ambiente protetti dalla Costituzione vanno a farsi benedire.

D’altra parte, sono gli effetti collaterali dello “sviluppo” inteso ancora come cinquant’anni fa, possibile solo con la crescita del cemento. Ma il nuovo turismo non è più quello in stile “Rimini-Riccione”.

Da diversi anni, ormai, gli amministratori più consapevoli e “illuminati” scelgono un modello di turismo a contatto con la natura e con le peculiarità del territorio, con la sua identità, la storia, l’arte, l’enogastronomia e l’artigianato. Certo, gestire un sito Unesco è più difficile che rilasciare qualche concessione edilizia e la tutela di aree protette impone scelte talvolta impopolari, che mal si accordano con un turismo “mordi e fuggi”. Sarebbe opportuno allora che i nostri amministratori trovassero il coraggio di ammettere le loro incapacità.

Nel frattempo, come Gruppo spontaneo di Cittadini Volontari e Attivisti per l’Ambiente, abbiamo scritto agli enti preposti per rendere noto quanto sta accadendo e chiedere le opportune verifiche. C’era una volta un ecosistema fragile e ricco di biodiversità…se non li fermiamo, ne resterà
solo il ricordo.