LA NOSTRA EPOCA TRA MASSIFICAZIONE OMOLOGANTE E DOGMA DELL’APPARENZA

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Poiché siamo in piena pandemia molti libri e molte trasmissioni televisive ricapitolano la nostra storia

di Antonio Calicchio

Nessuna epoca, ancorché dittatoriale o assolutistica, ha mai vissuto un processo di massificazione quale quello attuale in quanto nessun monarca assoluto e nessun dittatore è stato capace di realizzare un ordinamento tale in cui l’omologazione fosse l’unica condizione esistenziale. Dal modo di vestire a quello di mangiare, dal modo di vivere a quello di comunicare: tutto è appreso dai mass media in cui ciascuno – per il tramite di processi di identificazione – “compra” la sua identità. Fin dalla nascita, si sente dire che “apparire è più importante che essere”. E a tale dogmatismo è stato sacrificato il corpo incaricandolo di rappresentare ciò che “non” siamo o, perfino, abbiamo evitato di conoscere.

Tuttavia, siccome siamo immersi in piena pandemia, allora numerosi articoli, libri e programmi televisivi riassumono la nostra storia. Agli inizi del secolo scorso, l’Europa rappresentava il centro del mondo, governata da una decina di famiglie imparentate fra di loro. Aveva buoni governanti ed un crescente sviluppo economico, era culturalmente unita; gli intellettuali comunicavano tra di loro assai più di oggi. Esistevano sì tensioni di natura sociale, però, erano, ormai, in atto enormi cambiamenti politici e grandi riforme.

Poi, si è diffusa, ad ogni livello, tra i regnanti, gli stati maggiori, gli intellettuali, i demagoghi, le persone comuni una volontà bellica. Forse, i monarchi pensavano ad una delle molteplici guerre dinastiche con cui, da secoli, si limitavano a bilanciare l’equilibrio del potere. Nessun francese pensava di conquistare la Germania o nessun tedesco di occupare la Francia. I militari volevano sperimentare le loro armi e gloriarsi di aver costretto il nemico alla resa. Non vi era neppure odio popolare, che è nato dopo, con la propaganda.

Molti ritengono che, dietro la storia, vi sia l’economia. E’ dare troppo credito alla razionalità umana. Le guerre derivano da una caotica volontà di potenza e di violenza fondata su interessi e ideologie. E che si esaspera con calcoli errati e colpevoli cecità. Anche quando si comprese che le armi erano troppo potenti e la guerra non sarebbe cessata in pochi mesi, nessuno propose un armistizio, e si affrontò la strage.

Molti affermano che la storia presenta dinamiche differenti rispetto a quelle della nostra vita normale. Ma ciò non corrisponde a verità. Le comunità criminali – quali la mafia e la camorra – si fanno la guerra quasi fossero degli Stati feudali, con tregue, trattati, periodi di pace, nuovi scontri.

E lo stesso accade pure nella politica. Von Clausewitz sosteneva che la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi; ma si può altrettanto asserire che la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi. In alcuni Paesi, la politica è tanto violenta da somigliare ad una forma – strisciante – di guerra civile.

L’inclinazione alla guerra si registra anche a livello inferiore nelle imprese, nelle famiglie e, addirittura, nei condomini. E’ pur vero che, qua, non vi sono gruppi armati e non si contano morti e feriti; ma è analogamente vero che, nelle famiglie, le persone sono capaci di odi feroci e di grandi crudeltà contro il marito, la moglie, i fratelli, i genitori, i figli. E talvolta giungono all’omicidio. Nelle imprese scoppiano conflitti capaci di paralizzarle o di condurle alla rovina. Ma si pensi al rancore, alla ferocia, alla caparbietà sdegnosa di alcune assemblee condominiali. A causa di un capriccio, di una impuntatura, di una antipatia vengono boicottate decisioni importanti. E voi pensate che molti politici, ministri, manager, musicisti, artisti non abbiano i medesimi difetti, le medesime idiosincrasie, la medesima cocciutaggine del vostro vicino di condominio?

Fortunatamente, nelle nazioni, nelle imprese e nelle famiglie esistono anche dei personaggi straordinari, capaci di mantenere uniti gli altri, evitando che diano sfogo alle loro peggiori qualità. In Italia, Francesco I Sforza, duca di Milano, e Lorenzo il Magnifico garantirono l’equilibrio e la prosperità del nostro Rinascimento. E, dopo la loro morte, si scatenarono avidità e rovina.