Imperialista e zarista. E’ necessario andare alla fonte del consenso per Putin

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Democrazia è parola magica e non bisogna mai dimenticarla.

Antonio Calicchio

E’ stato osservato, da parte di non molte persone, che Nicola II – ultimo imperatore russo – annoverava, fra i suoi titoli, pure quello di “Zar di Kiev”. E non si comprenderebbero i motivi autentici dell’attuale conflitto fra Russia ed Ucraina se non si differenziasse la natura nazionale dell’Ucraina, che si è rafforzata, in questi anni di guerra, dalla natura non nazionale di quella entità politica denominata Russia (e che, un tempo, si distingueva in Russia ‘bianca’, ‘nera’, ‘rossa’ etc.).

Ed infatti, all’origine della Russia, più che esservi il senso di appartenenza a una identità giuridica, politica e sociale particolare (come quello che connota, oltre all’Ucraina, la Slovacchia, la Polonia e tanti altri Paesi), si rileva il senso di reverenza nei confronti di un potere sovrano, la cui sostanza si compendia proprio nel termine Zar, che deriva, sotto il profilo etimologico, dal vocabolo latino Caesar, volto ad evocare un potere carismatico, prima che giuridico o dinastico.

Quando Pietro il grande, “Zar di tutte le Russie”, volle assegnare al suo regime una caratterizzazione continentale, assunse, sia per sé, sia per i discendenti, il titolo di Imperatore, qualificando il suo dominio come un Impero. Tuttavia, nei propositi di Pietro la qualifica di Zar e quella di Imperatore dovevano rimanere legate, e nessuna delle due doveva assorbire o estromettere l’altra. A Mosca e, in particolare, nel museo storico prospiciente alla Piazza Rossa – che è chiamata ‘rossa’, non per ragioni politiche, ma perché, nella lingua russa, il rosso è, per antonomasia, “bello” – si nota, dalle didascalie delle opere esposte, la diversità fra identità zarista e quella imperiale.

Pietro il grande esercitava, come Zar, la sovranità sui sudditi slavi, sovranità che essi ammettevano e adoravano, tanto che erano pronti a sacrificare, per essa, la loro vita (si pensi a quell’opera musicale di Glinka Una vita per lo Zar). Ed invece, come Imperatore, Pietro il grande si rivolgeva ai popoli asiatici che aveva vinto e assoggettato e a quelli europei, che non avevano conosciuto un potere zarista, ma che, da secoli, si erano adattati a riconoscere, benché con qualche variante, le diverse forme di potere imperiale che si erano presentate sul loro territorio. Vale a dire che lo scopo del potere zarista era quello di fondare, più che un sentimento nazionale russo (che non è mai esistito), un sistema sovrano e governativo autoritario, come sta facendo, o sta cercando di fare, Putin.

I fautori del regime democratico diffidano del potere e tentano di contenerlo in tutte le maniere, convinti che nel suo stesso principio è immanente un germe malefico, che fa del potere e della guerra due facce della stessa medaglia. Coloro che onestamente si trovano dalla parte del potere, cioè coloro che non vogliono trarne un utile personale, lo reputano, per contro, cosa buona che debba espandersi il più possibile, in quanto nel potere risiede l’ordine e, perfino, l’amministrazione della giustizia.

Ci si può pure stupire del consenso che Putin raccoglie presso il popolo che governa, ma è indispensabile ricordare che si tratta non di consenso innocente o politicamente alterato, ma di consenso che ha basi storiche e ideologiche precise, anche al di là del perimetro della cultura europea stricto sensu.

E se si vuole intervenire su tale consenso (ammesso che sia lecito farlo, e che lo si possa fare efficacemente) occorre considerare un concitato e anche rigoroso confronto con questa cultura. Democrazia rappresenta una parola magica e non bisogna mai dimenticarla; come non bisogna mai dimenticare che la salvaguardia e la tutela della democrazia costituiscono attività complesse, che implicano prudenza e avvedutezza per impedire spargimenti di sangue e di lacrime.