CERVETERI: ‘NA BABILONIA

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“UNA RICCHEZZA SPRECATA, NEGOZI SERRATI, BOLLETTE INEVASE ED AVVISI DI FINANZIARIE E NEL CONTEMPO SI APPROVA UN MEGA CENTRO COMMERCIALE PER DARGLI IL COLPO DI GRAZIA”

di Angelo Alfani

Lasciata la braccianese, la carrareccia, tra forti saliscendi e dolci declivi, serpeggiando tra spezzoni di tufo, dirupati dalla greppa, querce, buzzaraghi e prorompenti sambuchi, sbucava nello slargo della vecchia cava. I fari delle due automobili che seguivano simili ad occhi di “ciovetta”, scomparivano per riapparire subito dopo.Presero posto affiancando un pick-up dal cassone pieno di legna ancora profumata ed avvolta da infestante edera ancora verde, infilandosi sotto un fico selvatico ed una pianta dalle melegrane spaccate sanguinolenti.Un denso fumo che fuoriusciva da una canna fumaria in inox e tre lampade ad acetilene appese sotto il porticato illuminavano un casaletto. La struttura in legno, coperta a lamiere, stava in piedi appoggiata su di un lato ad un masso gonfio di acqua dal color pidocchio e sugli altri lati a pali di castagno conficcati nel terreno.”Non ve sapeva ora de arriva’Daje namo, pijate posto!” ci accolse battendo sonoramente le mani il padrone di casa. All’interno un camino a mattoni pieni, continuamente alimentato, mandava un calore che rincoglioniva, mentre una cucina economica, residuo di quelle donate dall’Ente Maremma, aveva il piano occupato da pentoloni in ebollizione. “Namo rega’, se comincia” esclamò l’addetto all’apparecchiata. Nello spazio di tempo che il botto segue al lampo le sedie erano tutte riscaldate da chiappe irrequiete. Si cominciò con l’antipasto: carciofini e melenzane sott’ojo, ciauscolo testé arrivato da Visso”, olivette nere condite con olio verde appena franto con scorzette d’arancio, spruzzate di dorato finocchio e una lattea caciottina di pecora.Un bidone tagliato a metà ed adattato a stufa dall’amico fabbro sfornava bruschette a sfascio. A seguire, tanto per restare leggeri e lasciare spazio al resto, fagioli con le cotiche.Poi pennette al sugo di cinghiale, cinghiale in umido, salsicce mezze bruciacchiate, e un pinzimonio con certi “selleri” che sbucavano trionfanti dalla insalatiera. Crostata di more e bottiglione di grappa a chiude la partita.

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Buttero con foulard rosso

Una cena da leccasse le dita, accompagnata dal concerto dei goccioloni che sbattevano sopra il tetto di lamiera: una pioggia incessante. Discorsi sempre i soliti: sarà una invernata dura, figli e figlie ritornate a casa con prole, eppure sembrava una coppia perfetta :“valli a capì’”.

Cerveteri è diventata oramai una “Babbilognia”: una ricchezza sprecata, un lascito etrusco che dà poco più del reddito di cittadinanza a tre quattro ragazzetti, negozi serrati da tempo con ingressi invasi da polvere, bollette inevase ed avvisi di finanziarie e nel contempo si approva un mega Centro commerciale per dargli il colpo di grazia. Unico Paese in cui le strisce blu sono una finzione, il fungo per impedire il transito nel mozzico di Centro storico, oramai azzerato dopo l’ennesima sbracata, ha creato solo casino e malumori; in cui un’informe statua di un buttero dal pastrano allungato dal vento di tramontana, reso allegro da un foulard rosso messo da un geniale concittadino, è rivolto verso quelli che lasciano il Paese e non verso gli ospiti che vi arrivano.

“Lasciamo perde’, non parliamo de politica che le spiate sono all’ordine del giorno a Cerveteri”chiuse la classica deriva di lamentazioni il sempre attento Lorenzo. I ricordi a quel punto si allontanano da un presente triste e scomodo.“Ma ve le ricordate le gite de’na volta!?Voi mette co quelle de adesso!?”

E via con interminabili annotazioni sulle gite con Don Quirino a Santa Rita con le soste prestabilite e sempre le stesse, con gli strapuntini per i chirichetti che ritornavano a casa scocciati come canne. Quelle organizzate da Aghetina e Tilde in luoghi meno sacrali.Un variegato e difficilmente controllabile gruppo di cervetrani, alla fine degli anni settanta, si ammucchiava in corriere verso Lourdes, organizzati da don Felice .Gite impegnative non solamente per la visita al luogo simbolo dei pellegrinaggi, ma per la durata.Si racconta ancora delle disavventure nel trovarsi di sera tardi ad Aosta anziché, come programmato ad Asti, ed affidarsi alla più intraprendente tra i pellegrini che riuscì’ a reperire alloggio per cinquanta persone in tre alberghi diversi. O degli inutili richiami a risalire in corriera al valico di Andorra, con decine di passeggeri accucciati a raccogliere lumache “speciali”. O del breve sequestro in un albergo francese, essendo stato don Felice derubato del borsello, fino a quando non vennero date garanzie di bonifico se mai fossero rientrati a casa. E poi i ricordi più recenti dei viaggi nella Romania ancora sotto il tallone di Ceaucescu, “quando con centomila lire ce facevi er Principe per due settimane”.L’interminabile tappo del passante di Mestre in direzione del confine, che causò l’incarttocciamento dello sportello della 128 bianco “novo novo”, al suo primo viaggio, lasciato sbadatamente aperto per andare a curiosare lungo il budello di automobili. Un camion lo trascinò contro il guardrail, lasciando basiti i ragazzi e disperato il proprietario.

“A Timisoara, a Timisoara”, bisognava comunque proseguire. Lo sportello venne agganciato alla bene e meglio: che non sia mai che dei cervetrani facevano aspetta’ le fidanzatine sull’uscio con le babbucce e l’accappatoio lavato e stirato.E via raccontando, fino a quando qualche commensale incominciava “‘a levasse le ragnatele dar muso”. “Annamo regà che qualcuno s’è già acciuccato!”.“Tutti a nanna!”. Un suggerimento preso subito per buono. Tutto è nuvola e pioggia tra le falesie di tufo.“A Giggi altro che il mese dei morti, st’anno novembre è il mese delle ranocchie”.Una breve corsa, una sgrullata al giaccone inzuppato e, tra il fumo degli scappamenti, la fila di sobbalzanti automobili scivolò verso il Paese.