SERRANDE DI NUOVO SU MA CHE FATICA…

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I RISTORATORI A FIUMICINO, CERVETERI E LADISPOLI IN UN LABIRINTO TRA DISTANZE DA RISPETTARE, MANCANZA DEL PERSONALE E L’INCUBO DEI TRACCIAMENTI DELLE PRENOTAZIONI. IL METRO IN MANO COME IN UNA PARTITA DI BOCCE.

Aprire sì, ma come? Termoscanner, plexiglass, sanificazione, distanza e lista dei prenotati. Ecco il menù servito ai ristoratori che tra mille difficoltà hanno aperto da lunedì scorso, metro alla mano come in una partita a bocce, dopo la fine dell’incubo lockdown.

Non tutti in realtà hanno rialzato la saracinesca. Qualche gestore ha voluto pensarci ancora complice questa benedetta linea guida indicata solo a poche ore dal “rompete le righe”. Altri si sono buttati a capofitto perché stanchi di non lavorare e di aspettare gli aiuti del Governo in clamoroso ritardo. Chiusi da oltre due mesi, con affitti e bollette da pagare, col personale da richiamare in trincea per riavviare i motori. Insomma, caos inevitabile. Soprattutto, parlando con vari proprietari sul litorale nord, da Cerveteri a Fiumicino passando per Ladispoli, emerge questa ripartenza a rilento anche nell’instaurare un nuovo rapporto con i clienti.

Lo spiega ad esempio Paolo Sbraccia, titolare del Don Chisciotte di Palidoro. Il ristorante si trova sulla via Aurelia, è un punto di passaggio ma i primi giorni sono stati complicati. “Sì è vero – ammette Sbraccia – non è assolutamente facile ripartire e credo di poter parlare a nome del settore. Ho un locale ampio e quindi per le distanze nessun problema. Credo che la maggior parte dei clienti non abbia ancora la giusta motivazione per passare tranquillamente una sera a cena. Ci sono problemi economici nelle famiglie. Qualcun altro invece ha timore di finire nella lista tracciato per 14 o 30 giorni. Insomma il mancato rispetto della privacy frena le prenotazioni. Potrebbero essere facilmente rintracciati i clienti presenti nell’attività il giorno X. Una condizione, quella del fornire il proprio nominativo, che magari non a tutti può piacere, così da farli desistere dall’andare a cena o a pranzo fuori”. Prima quattro metri distanti, poi due, ora i tavoli possono essere anche più vicini.

“L’importante – sostiene invece Pasquale Feole, titolare de Il Gusto da Pasquale a Ladispoli – è che ci sia una distanza di un metro tra i clienti”. Pasquale ha deciso di tirare su la serranda solo ieri. “Ci è voluto un po’ per capire il da farsi – aggiunge lo storico ristoratore della città – fuori ho solo due tavoli, dentro ne ho tolti per rispettare le normative. D’altronde meglio che essere chiusi”.

Desolante il quadro a Cerveteri in piazza Risorgimento. Il Cavallino Matto non ha riaperto. “Per quanto riguarda la nostra situazione – ammette Cristiano Orsini – già avevamo deciso in precedenza di dare via in gestione il locale. A Cerveteri il centro storico non è mai vivo. Tuttavia la categoria della ristorazione è tra quelle prese meno in considerazione. In più ti costringono a sanificare spendendo anche 500 euro senza sapere se ti rimborseranno. Che bisogna sanificare se in un ristorante per tre mesi non è entrato neanche un cane?”.

Clienti impauriti dalla lista in mano ai ristoratori che a loro volta hanno timore dei clienti. “Anche parrucchieri e ristoratori – dice Simone Tedeschi, titolare dello stabilimento balneare di Ladispoli Blue Marlin – credo si possano angosciare se nella lista dei prenotati qualcuno possa risultare poi positivo. Cioè, l’attività resterà chiusa due settimane compreso tutto il personale? Non ce lo possiamo permettere. Noi faremo il massimo per distanziare i lettini e gli ombrelloni, speriamo di salvare il salvabile”. Grattacapi che si aggiungono ad altri. Perché se è vero che ha ripreso ossigeno la ristorazione ed è altrettanto vero che la maggior parte dei bar e dei ristoranti hanno aperto tutti ben equipaggiati di mascherine e gel disinfettanti, ciò che preoccupa è il personale.

Lo ha riferito martedì scorso Confcommercio: il 40% dei dipendenti è rimasto a casa in Italia, pari a circa 400.000 unità. Tanti sono i titolari che utilizzeranno i divisori all’interno del ristorante – riferisce sempre l’associazione di categoria – soprattutto nell’area cassa, quasi nessuno sui tavoli. Scenario forse meno complicato nei bar. Perché al semplice barista, al cameriere, cassiere, cuoco, va aggiunto anche chi dovrà occuparsi di far accomodare la gente al fine di verificare le norme di sicurezza.