SCOPERTA LA PRIMA OPERA PITTORICA  DI LEONARDO DA VINCI

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Una stupenda maiolica  di 20 cm che il Genio dipinse all’età di soli 19 anni Parlare del Genio universale rispondente al nome di Leonardo da Vinci crea sempre un certo disagio perché di Lui non si sa moltissimo e quando uno pensa di aver raggiunto delle certezze c’è sempre un qualcosa che ti insinua un ragionevole dubbio, e ciò accade fin dalla sua nascita avvenuta nel 1452 in quel di Vinci ma non proprio ivi in quanto, a voler essere esatti, Leonardo nacque in una fattoria di Anchiano una minuscola frazione (sconosciuta ai più) posta a 3 km dal capoluogo in una lingua di terra compresa fra due corsi d’acqua il Vincio ed il Quercetelle che sono poco più di due ruscelli lunghi rispettivamente 15 km il primo e solo di 5 km il secondo entrambi provenienti dalle propaggini del sovrastante Monte Albano. È noto che Leonardo fu il frutto di una relazione illegittima del padre, il benestante notaio fiorentino Ser Piero (proprietario della suddetta fattoria sopra i cui resti, nell’ottocento, sorse poi la nota Villa del Ferrale) con una sua domestica (o presunta tale) di nome Caterina; presunta tale perché secondo Alessandro Vezzosi, direttore del Museo Leonardo da Vinci, il ventiquattrenne notaro Piero da Vinci era il proprietario di una schiava dal Medio Oriente appunto la succitata Caterina la quale dette alla luce un bambino al quale fu imposto il nome di Leonardo. E da ciò è scaturita la tesi secondo cui nelle vene di Leonardo scorreva anche sangue arabo, cosa questa, fra l’altro, che è sostenuta pure dalla ricostruzione di una impronta; infatti uno studio dattiloscopico del 2006 nota che la suddetta Caterina potrebbe essere stata una schiava venuta dal Medio Oriente. Leonardo fu il figlio primogenito del suddetto notaio e le prime notizie sulla sua nascita sono reperibili grazie all’annotazione che fece Antonio il padre di Piero, anche lui notaio, su di un libro annotativo di famiglia dove si legge, scritto con lo stile tipicamente notarile dell’epoca, quanto segue: “Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte (secondo il calendario gregoriano, il 23 aprile alle ore 21.40). Ebbe nome Lionardo. Battizzollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci, in presenza di Papino di Nanni, Meo di Tonino, Pier di Malvolto, Nanni di Venzo, Arigo di Giovanni Tedesco, monna Lisa di Domenico di Brettone, monna Antonia di Giuliano, monna Niccolosa del Barna, monna Maria, figlia di Nanni di Venzo, monna Pippa di Previcone”. Come si legge i genitori non furono presenti al battesimo e tantomeno non viene assolutamente citata la suddetta Caterina, la quale, comunque, fu subito allontanata dalla casa di Ser Piero ed a cui fu trovato, in tempi molto brevi, un marito vero nella persona del ceramista Antonio di Pietro del Vacca di Vinci, soprannominato “Accattabriga” al quale la prolifica Caterina dette ben cinque figli. Chissà poi se il suddetto “Accattabriga” nella sua veste di ceramista non fosse pure legato,in qualche modo, alla fornace che il nonno di Leonardo possedeva a Bacchereto (anche questa piccola località vicino a Vinci) e dove Leonardo, che era appena uscito dalla bottega del Verrocchio, passò  tantissimo tempo. Ma andiamo all’argomento del titolo, (anche qui, a seguire, troviamo un qualcosa un po’ misterioso come tutto ciò che è legato al Genio di Vinci) riportando quanto detto dallo studioso leonardesco Ernesto Solari e dalla consulente grafologa Ivana Rosa Bonfantino, già professore di grafologia comparata all’Università Lumsa di Roma mostrando alla Stampa Estera la piccola maiolica intitolata  “L’arcangelo Gabriele, pittura d’Eterna vernice” (di 20 cm. per 20 cm.): “Il volto di tre quarti. I riccioli d’acqua, che scendono sulla nuca. Le ali di pavone che si intravedono dal basso. E quei numeri a rebus sotto la mandibola. Sarebbe un Arcangelo Gabriele su una piastrella in terracotta invetriata quadrata, la più antica opera pittorica di Leonardo Da Vinci, prima firma autografa del maestro della Gioconda e suo primo autoritratto, datato 1471”.Hanno detto ancora i due noti studiosi: “ Un’indagine da 6 mila documenti e tre anni di studio, racconta Solari, non priva di misteri da sciogliere, che parte dagli eredi dei nobili Fenicia di Ravello, oggi proprietari dell’opera, correndo indietro fino a quel 1471, quando Leonardo era un 19 enne appena uscito dalla bottega del Verrocchio e cresciuto nella fornace del nonno a Bacchereto. Dipinta a simil-lustro (una tecnica sviluppata dai maestri toscani per resistere alla concorrenza dei più economici spagnoli), secondo un documento d’archivio «non più disponibile ma di cui si ha conoscenza», sarebbe stata donata ai Fenicia di Ravello da Giovanna d’Aragona nel 1499 “per servigi resi”, comparendo poi in un lascito testamentario dell’800. “Bellissima già solo a guardarla”, dice Solari, la piastrella “è stata analizzata da tre laboratori diversi. E tra termoluminescenza, stratigrafie dei pigmenti e analisi riflettologiche, ha cominciato a “parlare”. Rivelando, ad esempio che nella cottura si è persa parte della palpebra. Che l’argilla, così povera di quarzo, arriva da Bacchereto – Montelupo. Soprattutto, sono emersi quei caratteri, precedenti all’ultima cottura e quindi coevi, (dice la Bonfantino) comparati anche alle scritte del Paesaggio con fiume del 1473 e al contratto per La vergine delle Rocce – che appartengono a Leonardo. C’è la firma “da Vinci lionardo”, vergata da sinistra a destra, mimetizzata nella mandibola con la data; la sigla LDV ib (che ricorrerà nelle sue opere); e un piccolo rebus di numeri: 52, data di nascita di Leonardo, e 72 che rimanda a Gb – Gabriele”. Solari, a sua volta lo interpreta: “Come un’identificazione con l’Arcangelo, rafforzata dalla somiglianza con l’autoritratto sul foglio 447 degli Uffizi, che pur “datato ’47 può essere stato utilizzato più volte nel tempo”. Il retro della maiolica, con 6 tasselli moltiplicati per 6, rimanderebbe alla quadratura del cerchio e al tema della ricerca della perfezione. “Nel 1471 – prosegue lo studioso – l’Arcangelo Gabriele era un vera star”, anche per l’apparizione concessa al Beato Amadeo da Silva. E visto che “ Leonardo era Leonardo anche da giovane”, non stupirebbe la scelta di un tema tanto in voga per iniziare a farsi un nome. Giallo nel giallo, è però come la maiolica sia arrivata a Giovanna d’Aragona. Sposando la tesi di Leonardo a Napoli nel ’99, “potrebbe esser stato un suo dono alla sovrana dopo il parto o per ringraziarla di aver posato per un suo ritratto”. Oppure, Leonardo avrebbe potuto esporre l’opera «a Firenze nel ’71, in occasione dei grandi festeggiamenti per l’Annunciazione”. La maiolica sarebbe potuta così entrare tra i beni di Galeazzo Maria Sforza ed esser poi donata da sua nuora Isabella d’Aragona alla zia Giovanna. “Di valore inestimabile” l’opera sarebbe così oggi “una rara testimonianza della giovinezza di Leonardo”, seconda per datazione solo al disegno (n.b.: un disegno, seppur molto bello, non una pittura) della Valle dell’Arno (1469). “Di certo lui puntava già all’eternità – conclude Solari – Noi oggi apriamo il dibattito, ma ci sentiamo forti perché abbiamo a sostegno tutti gli esami e le dimostrazioni scientifiche, pronti a mostrarle a tutti”. Staremo a vedere se quanto suddetto sarà confermato ulteriormente (certo le prove addotte sono molte e molto importanti) sta di fatto che “ritrovare” con certezza, oggi nel terzo millennio, il primo dipinto leonardesco rappresenta un grandissimo evento storico-culturale e ciò, fatto da parte di studiosi italiani, offre un valore aggiunto a tutto questo. Ricordiamo che il più grande Genio, finora apparso sulla faccia della terra, quel Leonardo da Vinci (nato nella frazione di Anchiano) fu architetto,disegnatore,ritrattista,scenografoanatomistamusicistaprogettistainventore,ingegnere (anche militare ed in questa veste fu “assoldato”- per quanto si potesse “assoldare” Uno come Leonardo – per un anno da Cesare Borgia dal 1502 al 1503) e, manco a dirlo, anche scultore, pure se poi l’unica scultura certa attribuitagli è quella del magnifico bronzetto intitolato “Cavallo e cavaliere” tratta dal suo modellino in cera del 1508. E qui viene da sorridere considerando che Leonardo tacciò, più di una volta, Michelangelo (Artista semplicemente stratosferico ma non un Genio assoluto come Leonardo) di essere uno scalpellino, pur ben conoscendo le formidabili opere del Buonarroti che, da un marmo informe, traeva dei capolavori assoluti. Ma Leonardo era fatto così, nel bene e nel male, un Gigante assoluto che, quando a 67 anni il 2 maggio del 1519 lasciò la vita terrena  (i Geni non muoiono mai) in una stanza del castello di Cloux vicino ad Amboise ebbe, accanto al suo capezzale non una persona qualsiasi ma bensì Francesco I° re di Francia che lo stringeva a se “piangendo come una fontana”. Dimenticavamo di dire che nel 1514 Leonardo da Vinci aveva già progettato, senza niuna difficoltà, il prosciugamento totale delle paludi pontine e la sistemazione del porto di Civitavecchia; lavori entrambi voluti dal papa Leone X che li appaltò a Giuliano de’ Medici il quale li affidò subito, senza nessun indugio, a Leonardo che, purtroppo, dolendosi molto di ciò, non poté operare in quanto morirono, di lì a poco, sia l’appaltante che l’appaltatore ed il contratto stipulato non ebbe, ovviamente, corso.

                                                                                                       Arnaldo Gioacchini