Procuratori sportivi sul piede di guerra

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In questi giorni si sta scrivendo un nuovo capitolo sul caso degli esami per gli agenti Coni.

Una vicenda complessa che ha preso il via con la legge di bilancio 2018 che ha reintrodotto l’obbligo dell’esame per l’iscrizione all’Albo per poter esercitare l’attività di procuratore sportivo.  Tra i nuovi ‘paletti’ fissati dal legislatore, oltre al ritorno dell’esame per l’iscrizione all’albo ci sono anche i controlli sui compensi e sui familiari dell’atleta, il tutto alla luce del sole e senza più doversi attenere ai bilanci delle società che, ad oggi, indicano genericamente le spese sostenute dai procuratori, senza specifica alcuna per ogni singola operazione. Di fatto, si torna indietro di quattro anni, visto che le regole sono nel 2015, anno in cui la Fifa ha liberalizzato il mercato delle procure, dando il ‘la’ alla deriva nella gestione dei contratti degli atleti e alle percentuali milionarie dei procuratori. A decorrere da quell’anno, è stata eliminata la figura dell’agente sportivo, sostituita da quella dell’intermediario, con la conseguenza dell’eliminazione del test di accesso e la sostituzione dell’Albo con un mero registro. Ora si torna indietro ma il nuovo corso non è però piaciuto a tutti, suscitando critiche e prese di posizioni. Qualche settimana fa un gruppo di procuratori sportivi ha notificato un ricorso al Tar del Lazio contro la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Coni, con cui si chiede l’annullamento, previa sospensiva, del bando Coni relativo alla prova generale per l’iscrizione al registro nazionale degli agenti sportivi, nonché del Regolamento Coni degli agenti Sportivi approvato a luglio e per la dichiarazione di incostituzionalità della legge nella parte in cui “fa salva al validità dei pregressi titoli abilitativi rilasciati prima del 31 marzo 2015” si attende la sentenza per vedere come si procederà a riguardo. Inoltre è stata presentata anche denuncia all’Antitrust che a breve deciderà nel merito. Gli otto ricorrenti, rappresentati dall’avvocato Cesare Di Cintio, come scrive l’Ansa riportando le parole del legale, non contestano “il ripristino dell’esame in se, quanto che le norme introdotte contemplano una evidente disparità di trattamento tra chi ha operato prima della liberalizzazione e chi, facendo affidamento sulla nuova normativa, ha iniziato ad esercitare l’attività, stabilendo l’obbligo di ottenere un preventivo titolo abilitativo solo per i secondi”.  In pratica, i ricorrenti lamentano di non poter più operare perché sono state introdotte norme con effetto retroattivo che impongono oggi di acquisire un titolo per poter svolgere un’attività prima liberamente consentita. I procuratori iscritti nel 2015 hanno intenzione di agire in tutte le sede giudiziarie, se serve fino alla CEDU. Ad oggi un procuratore sportivo il cui nome vuole rimanere per adesso riservato, ha proposto una modifica alla riforma CONI e ha contattato i parlamentari proponendogli una serie di adeguamenti per rendere lo sport più sicuro e riformare al meglio la disciplina dei procuratori sportivi. In particolare l’esame non dovrebbe essere previsto per chi si è registrato dopo il 2015, così come gli agenti dotati di titolo abilitativo prima del 2015 sono stati esonerati dall’esame, senza dimenticare che l’attuale prova del Coni richiede conoscenze ben più ampie di quelle prima richieste di tipo soprattutto giuridico, articolate e complesse. In ogni caso è positiva l’introduzione dell’obbligo di effettuare corsi di aggiornamento per tutti coloro che saranno iscritti al nuovo albo per tenersi informati in materia e l’introduzione di una assicurazione professionale di responsabilità civile.