Perché è morto Beppe Alfano?

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Vi raccontiamo la tragica storia di un giornalista che ebbe il coraggio di scoperchiare i torbidi rapporti tra mafia, politica ed economia in Siciliadi Antonio Calicchio

Questa è la storia di un giornalista, uno di quelli che si vedono nei film, come Prima pagina, di Billy Wilder o L’ultima minaccia, con Humphrey Bogart, vale a dire quelli che osservano, intuiscono, percepiscono, ed allora indagano, domandano, non lasciano, non dormono la notte e, alla fine, scoprono qualcosa, e allora la scrivono, la dicono, a tutti i costi. Non sono soltanto nei film o nei romanzi, quei giornalisti, ma sono anche nella vita, nella realtà. Questa è la storia di uno di loro, è la storia, cioè di Beppe Alfano; e comincia a Barcellona Pozzo di Gotto, l’8 gennaio 1993, proprio come in un film.

Sono le 22,30; in una strada, accostata al marciapiede, vi è una macchina. Strana, in quanto è ferma da un po’, ma col motore acceso, e dal tubo di scappamento esce una nuvola di gas, quasi avesse preso fuoco. Viene allertato, quindi, il 113 i cui agenti vedono che, all’interno dell’auto, vi è un uomo che pare essersi addormentato contro il sedile, e col piede sta premendo l’acceleratore, come se dormisse e non se ne fosse reso conto. Ma l’uomo non dorme, è morto, perché gli hanno sparato alla testa. Cambiamo scena e torniamo indietro, come in un film.

Poco prima, un giornalista, tal Beppe Alfano, era giunto a casa, insieme alla moglie, ma, prima di salire con lei, si era fermato, come se avesse visto qualcosa. Ed allora, ritorna in macchina e parte via. Perché? Dove va, mentre la moglie sale in casa? Ma dopo pochi metri, gli hanno sparato. E così, siamo tornati alla scena iniziale del nostro film. Questo non è cinema, ma è realtà. Perché è morto Beppe Alfano? E chi è quel giornalista, quella persona ammazzata in auto?

Beppe Alfano ha 47 anni ed è un insegnante di Educazione tecnica in un paese vicino, oltre che un militante politico della destra. E’ un giornalista locale.

Sino al ’92, a Barcellona, la scena politica è dominata dalla Dc che Alfano non ha timore di attaccare e criticare, come giornalista e politico di destra con precise idee sull’ordine, sulla legge e sullo Stato. Nel 1990, alle elezioni amministrative, Alfano lascia il Msi per candidarsi in una lista civica, subendo alcuni attentati. Lista che raccoglie non molti voti, tanto che egli non è eletto e, qualche tempo dopo, si riconcilia con il Msi. Dall’anno successivo, avvia una collaborazione giornalistica col quotidiano La Sicilia, in occasione di un agguato.

Nel 1992, pure a Barcellona viene istituito il tribunale, mentre precedentemente le indagini venivano coordinate da Messina in cui si celebravano anche i processi. Un giudice settentrionale, destinato in quel tribunale, definisce quest’ultimo una “trincea”. E fra il giornalista, che intende seguire il suo ideale di giustizia e verità, e il magistrato si instaura uno stretto rapporto. Ad un certo punto, capita qualcosa. Alfano vuole parlare col magistrato e vuole incontrarlo: due giorni dopo, viene assassinato. Ma perché? Cosa aveva scoperto il giornalista? Di cosa si stava occupando?

Di una associazione che si interessa di assistenza agli spastici, si stava occupando della presenza di un boss a Barcellona e dell’esistenza di una loggia massonica (che, in realtà, non c’è).

Nel novembre 1993, vengono emesse alcune ordinanze di custodia cautelare in carcere, una delle quali a carico del presidente della predetta associazione, con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio Alfano. Il processo arriva sino alla Corte Suprema di Cassazione: il presidente dell’associazione esce dal processo scagionato già in appello, la Cassazione annulla la condanna di uno degli altri imputati e la Corte d’assise di Reggio Calabria lo assolve. Rimane in carcere il terzo uomo, condannato a trent’anni per aver organizzato l’omicidio.

Un collaboratore di giustizia dichiara che Alfano è stato ucciso su ordine di Cosa nostra poiché aveva scoperto che, dietro alcune attività, si nascondevano interessi della criminalità organizzata e di insospettabili imprenditori.

Molti altri giornalisti sono stati uccisi dalla criminalità organizzata. Però, tali omicidi non colpiscono solamente chi muore: spesso attorno ai familiari di queste vittime si crea un vuoto incolmabile e desolante.

Ma si sa proprio tutto sull’assassinio di Beppe Alfano? O resta anche questo uno dei tanti misteri italiani? Ombre, brutte storie, macchie che certamente una terra come la Sicilia non si merita.