La vita di Daniele Bruni vale meno di 2 anni di carcere?

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Intervista con l’avvocato della famiglia, Maria Antonietta Marone

Ci sono sentenze che si ha difficoltà anche nel commentare. Rispettano ovviamente i freddi canoni del codice penale, ma dal punto di vista dell’impatto sull’opinione pubblica e soprattutto sulle famiglie delle vittime, creano disagio soltanto a leggerle. Esempio lampante è il verdetto sulla morte di Daniele Bruni, il 28enne di Ladispoli travolto ed ucciso tredici mesi fa da un romeno che guidava sotto l’effetto dell’alcool davanti al campo sportivo Galli di Cerveteri. La vicenda è tragicamente nota, il giovane che si stava recando ad allenarsi con il Cerveteri, di cui era il portiere titolare, appena sceso dall’auto fu colpito in pieno dal furgone che arrivava sbandando paurosamente a causa delle condizioni di scarsa lucidità del guidatore. Un investimento agghiacciante sotto gli occhi dei numerosi atleti, i soccorsi furono tempestivi, ma il destino aveva deciso un epilogo drammatico. Dopo alcuni giorni di agonia il cuore del ragazzo smise di battere nel reparto di terapia intensiva del Policlinico Gemelli di Roma. Da quel maledetto giorno la famiglia, dilaniata dal dolore, ha chiesto giustizia per il figlio, sperando che per una volta arrivasse una sentenza di condanna esemplare nei confronti di chi, per una irresponsabile leggerezza, aveva reciso la vita di un giovane benvoluto da tutti. Invece, come troppo spesso accade quando si applica pedissequamente la legge in barba alla vita reale, l’investitore di Daniele Bruni di fatto se la è cavata, patteggiando la pena che è stata inferiore ai due anni di carcere. Che probabilmente il romeno non si farà mai. Pena ormai definitiva essendo frutto di patteggiamento. Ben altra storia avrebbe potuto avere questo processo se ai tempi dell’investimento fosse stato già legge il reato di omicidio stradale, introdotto recentemente, che prevede pene severe per chi uccide guidando sotto l’effetto di alcool e stupefacenti. Tanta amarezza per i parenti dello sventurato Daniele, come ha sottolineato l’avvocato della famiglia, Maria Antonietta Marone.

Dopo un anno è arrivata la sentenza sul caso Bruni. Deludendo chi sperava in una pena esemplare. Come commenta questo verdetto?

“Lo scorso 15 novembre si è concluso il processo penale a carico dell’investitore di Daniele Bruni. All’udienza preliminare l’imputato, preventivamente assumendosi la totale responsabilità del sinistro, ha chiesto ed ottenuto il patteggiamento della pena, che in buona sostanza si è risolta complessivamente in un anno ed undici mesi. Personalmente e da professionista non attendevo una pena esemplare, ma giusta, laddove per “pena giusta” intendo una pena proporzionata al tipo di reato compiuto. In questo caso ci si è resi conto immediatamente che la legge cui era sottoposto questo tragico evento non sarebbe stata particolarmente afflittiva, poiché, benché si fosse richiesto insistentemente da più parti, cittadini, associazioni e comitati, un intervento del legislatore che inasprisse la pena e regolasse nel dettaglio tale tipo di reato, ciò si è verificato solo successivamente alla morte di Daniele. La risposta normativa del resto si era resa indispensabile, a fronte di un continuo aumento degli incidenti stradali, in particolar modo degli investimenti di pedoni e della guida in stato di ebbrezza. Io stessa all’indomani dell’incidente di Daniele, nel recarmi dal Sostituto Procuratore di Civitavecchia, ebbi ulteriore conferma che l’omicidio stradale ancora non era diventata legge dello stato, e che quindi non si poteva pretendere neppure alcuna misura restrittiva per l’imputato. Ed è quanto ho riferito alla famiglia di Daniele, avvertendo che questo processo si sarebbe svolto nei termini previsti dalla legge in vigore al momento dell’incidente, e quindi l’epilogo dell’altro giorno ne è stato solo una conferma”.

Possiamo dire, con amarezza che la tragedia del povero Daniele si è verificata con una tempistica sbagliata poiché il Parlamento solo cinque mesi dopo ha approvato la legge sull’omicidio stradale?

“La legge n. 41 che ha introdotto due nuovi articoli, il 589 bis e ter, nel nostro codice penale, è del  23 marzo 2016 e quindi successiva a questo tragico evento. Non vi è dubbio che se l’incidente fosse accaduto dopo l’entrata in vigore della nuova normativa, per il colpevole le pene sarebbero state più severe, in quanto la nuova disciplina prevede in questa ipotesi una pena nel minimo di anni 8 e nel massimo di anni 12. Inoltre si sarebbe avuto a suo tempo anche l’immediato arresto del colpevole, come oggi previsto in flagranza di reato, mentre allora non c’è stato perché non previsto”.

Parlando in generale, come possono i cittadini avere fiducia nella giustizia se chi investe ed uccide se la cava con una pena inferiore a due anni?

“Il problema della rispondenza della “giustizia” alle aspettative dei cittadini è senza dubbio vasto, ed investe ogni sfera del diritto. Ritengo anche che su tale argomento si siano espressi in molti prima di me, anche in modo esatto e qualificato, ma anche con espressioni chiaramente demagogiche. In particolare credo che sull’introduzione dello specifico reato di omicidio stradale, la risposta normativa si sia fatta attendere per troppo tempo, come credo anche che questa da sola non possa dare risultati particolarmente significativi in termini di diminuzione degli incidenti stradali ed in particolare degli investimenti, ma sia necessaria e non più rinviabile anche la riforma del Codice della Strada, la cui legge delega prosegue a rilento e la cui approvazione si spera  imminente. Ritengo ci sia la necessità di formare una coscienza in tal senso nei cittadini, soprattutto tra i più giovani, a cominciare nelle scuole, per spiegare ai futuri o ai nuovi automobilisti che quando si troveranno alla guida di qualsivoglia mezzo, motorino, automobile, debbono avere un comportamento che non ponga a rischio né la propria né l’altrui vita. Tanto più che anche le abitudini della nostra società sono cambiate, con un uso più frequente di alcool e di stupefacenti, che oggigiorno diventano sempre più spesso la prima causa degli incidenti stradali.

Del resto, gli spot pubblicitari che avvertono circa i possibili rischi di una guida irresponsabile, negli ultimi tempi si sono intensificati, a dimostrazione che il tema è quanto mai attuale e sentito, e sul tema degli incidenti stradali ed in generale su quello della sicurezza stradale, si è espressa in questi giorni la Comunità Europea. invitando l’Italia a mettere in atto ogni azione per ridurre gli incidenti stradali nel nostro Paese al fine di raggiungere l’obiettivo di dimezzarli entro il 2020”.

Cosa le lascia a livello umano questa tragica vicenda?

“Lo scorso 20 novembre è stata celebrata, ritengo senza la dovuta attenzione, la Giornata Mondiale delle Vittime della Strada, nella cui categoria più sfortunata ed in continua crescita si annoverano i pedoni. Questa vicenda non può lasciare che una considerazione : a questo genere di disgrazia non vi è rimedio, se non in termini di prevenzione su più fronti ed a vari livelli. Sicuramente può essere motivo di riflessione sotto tanti aspetti, alcuni dei quali entrano nella sfera più profonda delle persone, perché le toccano nel loro drammatico dolore al quale non riescono a dare nessuna risposta o spiegazione. In tal senso ha destato il mio stupore constatare che la madre di Daniele , la signora Cynthia, ha avuto ancora una volta ragione allorquando in questi ultimi giorni, in coincidenza con la conclusione dell’anno del Giubileo della Misericordia, affermava d voler rimettere nelle mani del Signore, unico giudice,  la disgrazia accaduta a suo figlio interessandole solo la giustizia divina, non quella terrena. La stessa aggiungeva che sicuramente anche la vita dell’investitore era cambiata in peggio, e si augurava che, come era andato a lei in soccorso il Signore, andasse in soccorso anche all’uomo che le aveva ucciso il figlio. E tale pensiero ha ricevuto immediato riscontro, perché l’uomo per il tramite del suo avvocato, la Collega Giuseppina Cataldo, mi faceva giungere una nota per la famiglia di Daniele con profonde scuse e  dolore per quanto accaduto a causa del suo comportamento cui non poteva rimediare in alcun modo. Quello che rimane, concordemente a quanto espresso dalla madre, è la certezza che Daniele, il suo spirito ed i suoi ideali, rivivrà ogni qualvolta ci adopereremo in soccorso di qualcuno, che è stato vicino a Daniele ed alle sue attività sportive ed ai suoi allievi che tanto amava, come già fatto in questo anno dalla signora Cynthia, e come la stessa si propone di fare per il futuro”.