Importante incarico al  Neurochirurgo italiano Massimiliano Visocchi

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Il professor Visocchi

Dal 20  al 25 agosto  si è svolto ad Istanbul in Tirchia il XVI Congresso Mondiale   della World Federation of  Neurosurgial Societies (WFNS) che rappresenta la più potente  Società di interesse planetario che raccoglie migliaia di neurochirurghi dei 5 continenti.In tale occasione, oltre ad essere stati nominati Presidente e Presidente Onorario 2 neurochirurghi italiani (Prof Franco Servadei Milano e Prof Franco Tomasello Messina), il Prof Massimiliano Visocchi dell’Istituto di Neurochirurgia dell’Università Cattolica di Roma è stato nominato Vice Chairmani e Chairman Elect del Neurorehabilitation and Reconstructive Neurosurgery Committe; in termini  pratica  il Prof Visocchi concorrerà a guidare per i prossimi due anni e poi guiderà personalmente  per altri due anni questo prestigioso Comitato di Studio. In totale il controllo italiano di questo importante organismo durerà 4 anni. Deve essere ricordato che già  nel settembre del 2015 al Palazzo Ruspoli  a Cerveteri si era svolto sotto la presidenza del Prof Visocchi  il VII Simposio del Committe ed il IV Congresso Nazionale della ISRN (International Society of Reconstructive Neurosurgery) Società internazionale  nata da questo Comittee e  che richiamò molti Neurochirurghi italiani e stranieri riscuotendo l’attenzione di molti media televisivi e giornalistici.

Ma significato e che funzione ha  esattamente questo Comitato?

Letteralmente il Comitato si occupa di Neurochirurgia Ricostruttiva e Riabilitativa. In    Neurochirurgia Ricostruire vuol dire ricomporre strutture anatomiche del cranio – encefalo e del complesso vertebro – midollare che sono alterate, ristabilirne una morfologia più prossima possibile alla norma e Riabilitare vuol dire porre in essere tutte quelle procedure chirurgiche che direttamente o indirettamente riattivano una funzione perduta anche senza una vera e propria ricostruzione morfologica.  E’ intuitivo come questa branca particolare della Neurochirurgia possa riscontrare una grande favore della comunità degli utenti potenziali poiché propone qualcosa di più conservativo, meno invasivo e rispettoso della normale fisionomia del sistema nervoso. Vari e vasti saranno  gli argomenti trattati: i tumori cerebrali, le malformazioni vascolari, la neuromodulazione, i traumi cranici, la chirurgia della colonna vertebrale e del midollo spinale.

 1) Tumori cerebrali Non c’è forse maggiore sfida per il moderno neurochirurgo di quella costituita dal trattamento dei tumori al quale, più di una volta al giorno, lui stesso è chiamato a fare riferimento. Il glioblastoma è il più aggressivo tumore cerebrale della “serie gliale”; esso origina dal tessuto connettivo del cervello che si chiama appunto Glia.  La storia naturale di questa malattia appare particolarmente scoraggiante limitandosi l’aspettativa di vita  a circa  due mesi  dalla diagnosi in assenza di alcuna terapia.

Il problema dell’inquadramento nosologico era stato già particolarmente sentito cinquant’anni fa da due pionieri della neurochirurgia, Bailey e Cushing che, riconoscendo i limiti della chirurgia, per primi intuirono l’importanza della identificazione delle caratteristiche biologiche ed istologiche dei tumori cerebrali maligni. Dagli inizi di questi studi ad oggi va detto che molto è cambiato.

Con l’avvento della cibernetica e lo sviluppo di sistemi diagnostici sempre più sofisticati è poi nata la neuroradiologia computerizzata; grazie  alla Risonanza Magnetica Nucleare ed alla Tomografia Assiale Computerizzata, la moderna diagnostica per immagini ha consentito la perfetta localizzazione topografica del tumore e la  pianificazione di una  strategia chirurgica mirata.

Negli anni ’70  l’ avvento del microscopio operatorio, capace  di ingrandire fino a quaranta  volte il campo e lo sviluppo delle tecniche microchirurgiche, hanno permesso di effettuare asportazioni sempre più vicine alla “radicalità cellulare”.

Tuttavia anche l’evidenza  di un’asportazione radicale deve scontrarsi con la natura stessa della malattia: una sola cellula neoplastica residua è in grado di “clonare”, cioè di generare una nuova serie di cellule maligne. L’immagine del chirurgo “dalle mani d’oro”, del “mago del bisturi” è pertanto ancora  costretta ad appannarsi  di fronte all’ineluttabilità di una malattia senza molte speranze come il glioblastoma. La ricerca di una possibile soluzione terapeutica ha portato negli ultimi decenni al trattamento multidiscliplinare del problema, convocando equipe di radioterapisti e di chemioterapisti a collaborare con il chirurgo: da  questa intesa sono state aperte nuove prospettive. Attualmente la terapia radiante e la farmacoterapia con farmaci citostatici, in grado cioè  di rallentare la crescita dei tumori maligni  in associazione al preliminare trattamento chirurgico, hanno  migliorato la  prognosi del glioblastoma portandola a circa un anno dall’inizio della terapia. Durante il Congresso si enfatizzerà  che la guarigione è  ancora una meta lontana anche se si è cominciato  a parlare di terapia genetica, di cellule staminali e di immunoterapia.

 

2) Malformzioni vascolari. Meglio noti come aneurismi (dilatazioni segmentarie), fistole artero venose (abnormi comunicazioni tra arterie e vene senza il passaggio nella rete capillare con relativa cessione di nutritivi al cervello) angiomi e cavernomi (grovigli di vasi e capillari) questi “non sensi” emodinamici si associano ad elevato rischio di rottura con emorragia e furto vascolare dai tessuti cerbrali che pertanto si “inaridiscono”  ischemizzandosi. La chirurgia tradizionale, ancorchè valida ed efficace,  oggi cede paurosamente il posto alla neuroradiologica interventista con le embolizzazioni, cioè occlusioni dei vasi anomali con colle e spirali metalliche iniettate attraverso micro cateteri inseriti in arterie periferiche come quelle delle gambe. Infine la radiochirurgia, la rapida somministrazione cioè di elevate dosi di radiazioni concentrate sul  nido della malformazione,  appare un presidio da considerare poiché capace di provocare fenomeni occlusivi “spontanei” nella malformazione stessa ma  che presentano il limite del tempo necessario, relativamente lungo (2 – 3 anni), perché si concretizzi.

 

3) Neuromodulazione  Neuromodulare significa interferire con il sistema nervoso mediante  la somministrazione di sostanze chimiche ad effetto farmacologico nel compartimento cranico e vertebrale  e la stimolazione  elettrica  dell’encefalo (cervello tronco e cervelletto),  midollo spinale e nervi periferici. Peculiare della neuromodulazione è la reversibilità  dell’effetto con la sua interruzione. Oggi  è possibile trattare  il dolore, i disturbi del movimento (spasticità, m. di Parkinson, ed altre distonie), i disturbi sfinterici (vescica neurologica), le vasculopatie periferiche (m di Burgher, distrofia simpatico- riflessa, arteriosclerosi) e centrali (angina pectoris, ictus cerebrale ischemico), la sordità, l’apnea di origine centrale e  l’epilessia, attraverso la cosiddetta “neuromodulazione”. Questa  filosofia  terapeutica, frutto dell’integrazione di tecnologia e medicina operatasi dagli anni ’70 ad oggi, si distingue da qualunque altra procedura chirurgica per un principio di fondo   destinato certamente  a riscuotere l’ apprezzamento del malato: la neuromodulazione non prevede alcuna lesione del sistema nervoso ed i suoi effetti sono reversibili.

3) I traumi cranici Il trauma cranico può provocare emorragie, edema  o vasoparalisi, rispettivamente accumulo di sangue, acqua negli spazi endocranici  o aumento incontrollato del flusso ematico cerebrale secondario alla perdita del sistema di autocontrollo sul flusso cerebrale denominata “autoregolazione”. Da tutte le condizioni predette ne deriva un aumento della pressione endocranica che è espressione di un’ aumento di volume di una o di tutte e tre  le componenti endocraniche (cervello, sangue e liquido cefalorachidiano quest’ultimo meglio conosciuto come “liquor ” cerebrospinale). Quando la differenza tra la pressione arteriosa d’ingresso (carotidea e vertebrale) e la pressione endocranica  si riduce al di sotto del  limite soglia di 55 mm di Hg (tale differenza prende nome  pressione di perfusione cerebrale), il cervello comincia ad andare in ischemia, condizione caratterizzata da una riduzione diffusa e pressocchè omogenea del flusso ematico cerebrale fino alla gravissima conseguenza irreversibile di arresto totale del flusso (pressione di perfusione =0) nota anche come “tamponamento cerebrale”. Conseguenza di ciò è l’insorgenza del coma (dal greco comè = sopore)  che può presentarsi in cinque gradi di profondità, l’ultimo dei quali detto “depassè”, profondo o irreversibile, conosciuto anche come “morte cerebrale”, che costituisce la condizione medico-legale per l’espianto di organi.

Una lesione focale come la lacerazione, la contusione o l’ematoma pericefalico (raccolta di sangue tra cranio  e cervello) o l’ematoma cerebrale propriamente detto può, senza condurre al coma, essere associata ad un deficit di senso (ipoestesia/anestesia), di moto (paresi/paralisi) del corpo e dal carattere più o meno permanente. Inoltre, a distanza, dalla cicatrice cerebrale che ne deriva, può reliquare l’epilessia un tempo chiamato dai nostri padri greci “mal sacro” ed espressione di un’abnorme aumentata eccitabilità dell’elemento cellulare costituente del cervello: il neurone. Per la riabilitazione del danno, per definizione “irreversibile”, si è parlato di cellule staminali e di ipotesi avveniristiche di trapianto di nervi nel midollo spinale traumatizzato (Paradigma di Brunelli) ma attualmente con scarse prospettive di impiego.

Chirurgia della colonna vertebrale Il problema fondamentale della patologia  della colonna vertebrale risiede appunto nella ristrettezza acquisita del canale (stenosi) ad essa associata e la necessità di effettuare il primo intervento decompressivo storicamente concepito: la laminectomia, ovverossia l’asportazione della parete posteriore (lamine) del canale. Tale intervento ha lo scopo di trasformare la colonna vertebrale da una struttura a forma di “tubo” ad un’altra a forma di “canale”.

La discectomia, invece, prevede l’asportazione del disco intervertebrale  e trova la sua principale indicazione nel trattamento dell’ernia del disco; questa può essere operata evitando la laminectomia (approccio cosiddetto “interlaminare”) quando non associata a stenosi.

Dopo diversi decenni di successo questi interventi, pur nelle loro ormai numerose varianti, oggi  si sono  progressivamente arricchiti  di una nuova filosofia: “bloccare” oltre che “allargare” la colonna lombosacrale in casi selezionati, attraverso la cosiddetta “fusione” e/ o “stabilizzazione” della colonna lombare in associazione o meno alla classica laminectomia decompressiva.

Con questi due termini si intendono tutti quegli interventi che impiegano protesi discali o viti associate a  placche metalliche miranti a fissare   la colonna lombosacrale in una posizione, ovviamente stabile, in virtu’ della quale le strutture nervose  in essa contenute vedono risolta, o comunque sensibilmente ridotta, la compressione operata dai dischi vertebrali o dall’artrosi delle faccette articolari.

Questa tecnica oggi è divenuta molto piu’ affidabile per l’impiego di tre grandi ausili che ne fanno un intervento veloce, relativamente sicuro e piuttosto conservativo dell’anatomia locale: il microscopio operatorio, la radioscopia, la neuro navigazione (concettualmente analoga alla navigazione delle autovetture) e l’impiego dei sistemi di “instrumentazione”  si avvalgono di protesi discali e di sistemi metallici per la stabilizzazione della colonna lombosacrale. Infine l’impiego dell’endoscopia nella chirurgia spinale, nella base del cranio e nella giunzione  cranio cervicale attraverso il naso e la bocca, di cui il Policlinico Gemelli ha raggiunto l’eccellenza istituendo un Corso di Perfezionamento, un master di II livello ed un Centro di Ricerca di Ateneo (che ho avuto l’onore di organizzare), completa quest’ampia finestra culturale che culminerà proprio a Cerveteri, patrimonio di cultura non solo archeologica ma da settembre  anche scientifica. Infine in occasione del Congresso avrò l’onore di essere nominato Presidente della ISRN, carica che consentirà una maggiore esposizione mondiale dei nostri profili di ricerca e della nostra eccellenza chirurgica.

Prof Massimiliano VISOCCHI

Neurochirurgo Università Cattolica Policlinico Gemelli, Roma

Preidente Eletto della Internationa Society of Reconstructive Neurosurgery

Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Neurochirurgia

Già Presidente della Società Italiana di Neurosonologia ed Emodinamica Cerebrale

Già Coordinatore del Gruppo di Studio di Emodinamica Cerebrale della Società Italiana di Neurochirurgia