FALLIMENTI, POVERTÀ E LO STELLONE

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LO SCENARIO ECONOMICO È DA BRIVIDI. IN ASSENZA DI UNA CLASSE DIRIGENTE DOBBIAMO “CONFIDARE NELLA SORTE PROPIZIA CHE HA SEMPRE RIACCIUFFATO, DA POZZI PROFONDI E OSCURI, IL DESTINO DEL NOSTRO PAESE”.

di Angelo Alfani

Una delibera comunale dell’aprile del 1947, resa esecutiva dalla Prefettura di Roma Divisione Sanità, ufficializzò l’elenco dei poveri presenti allora nel comune di Cerveteri. Ventuno famiglie: sei vedove senza figli, due con due figli, tre single, i restanti nuclei erano composti da coppie con svariati figli.
Quarantasei poveri su una popolazione di 3.764. Da ricordi famigliari so che una commissione, composta da rappresentanti dei sindacati, dell’Associazione Combattenti e reduci e dai segretari dei tre partiti politici presenti realmente sul territorio, si confrontò su questa problematica con gli amministratori pubblici.
A meno di due anni dalla fine di una guerra disastrosa, la fame era tanta e le risorse per affrontarla scarse.
Oggi, ancora nel mezzo della buriana, le domande per i buoni spesa pervenute al Comune assommano a circa 2.500 su 38.390 cittadini su diciassettemilaventicinque nuclei famigliari: abissalmente non confrontabile con il dato del quarantasette.

Ai poveri d’annata, quelli che Rocco Casalino identifica “perché hanno un odore diverso dai ricchi”, si sono inaspettatamente, precipitosamente, ingiustamente aggiunti incalcolabili nuovi poveri. New entry nel tubo nero della miseria di milioni di appartenenti fino a ieri l’altro a categorie sociali garantite: artigiani, commercianti, piccoli proprietari, partite iva, disoccupati cronici, lavoratori in nero. Chi stava già “maluccio” ha finito, a causa della quarantena, per stramazzare sul piancito di cemento come vitelli sparati nella vecchia “ammazzatora”.

Se, a causa di risorse insufficienti, è difficile andare a discriminare tra i poveri, ancora più difficile dover dimostrare a dei garantiti come Sindaci, Assessori o semplici dipendenti comunali di essere più povero di un altro povero, più bisognoso di un altro bisognoso. Dannatamente più difficile.

E siamo solo all’inizio. Navigando in acque inesplorate ritengo utile riportare i dati di una approfondita indagine effettuata pochi giorni fa in Canada illuminante su quanto già accaduto e quanto accadrà se la situazione si prolungasse per molte altre settimane. Secondo questo sondaggio, pubblicato sul giornale Vancouver Sun, più di un milione di canadesi credono di essere sul punto di dover dichiarare fallimento.

L’indagine ha rilevato che un gruppo ancora più vasto – 4,2 milioni di adulti – ha dichiarato di ritenere che stiano dirigendosi,entro i prossimi tre mesi, verso il fallimento a meno che le loro condizioni finanziarie personali non migliorino.
I canadesi di mezza età ed i più giovani con redditi medio-bassi sembrano “i più vulnerabili al fallimento” ha rilevato l’indagine.
Questo gruppo di mezza età e di medio reddito sarà “martellato duramente a causa della drammatica riduzione dei posti di lavoro e la conseguente perdita di reddito” prosegue l’indagine.
Dall’inizio della crisi pandemica il Nord America ha costantemente dimostrato che tra il quattro ed il cinque per cento della popolazione canadese ritiene che si troverà “in circostanze terribili o disperate nei prossimi tre mesi”.

Il sondaggio ha anche messo in rilievo che vista la loro attuale situazione finanziaria – comprese tutte le misure del governo per sostenerli ed il differimento di pagamenti – l’8% afferma di non essere in grado di pagare ulteriormente il mutuo senza un ulteriore maggiore aiuto. Parte di questi ritiene che sarà costretto a vendere la propria casa perché non saranno in grado di coprire alcun prestito. Ritengo che l’Italia non sia messa meglio del Canada.

La questione fondamentale dunque per prevedere gli effetti della peggiore crisi economica dalla seconda guerra mondiale è capire se lo shock sarà temporaneo, cioè se l’economia tornerà dopo la quarantena al livello di prima, o se la caduta del reddito non verrà riassorbita in tempi ragionevoli. Se le imprese, tante, destinate al fallimento si porteranno appresso le altre che faticosamente stanno ancora boccheggiando.
In tutto questo un ruolo fondamentale spetta all’avvedutezza delle scelte governative, all’Europa ed allo stellone, sorte propizia che ha sempre riacciuffato, da pozzi profondi e oscuri, le sorti del nostro Paese.
Al momento confido solamente nello stellone.