Depressione adulta, autostima e sviluppo infantile

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Depressione adulta, autostima e sviluppo infantile

Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

In condizioni di normalità, il neonato riceve dalla madre una riserva di affetto e tenerezza sufficiente ad ispirargli per sempre la fiduciosa convinzione di essere meritevole d’amore.

Convinzione che gli servirà moltissimo nel corso della vita, poiché così sarà in grado di accostare il prossimo con un certo grado di fiducia in se stesso in modo che, qualora sia respinto o vada incontro a questo o quel fallimento, avrà sempre in sé una riserva d’energia vitale a cui attingere in caso di necessità; qualcosa che lo assisterà nei periodi di lutto o delusione.

Detto in altri termini si può dire che il soggetto è stato “condizionato” ad attendersi il successo, sia per quanto riguarda le proprie imprese, sia per quanto riguarda i rapporti con gli altri. In gergo psicoanalitico in questi casi si dice che ha introiettato “una madre buona” (M.Klein) e che quindi reca in sé, oltre all’aspettativa di essere amato e di essere una persona amabile, una riserva interna d’amore inattaccabile dalle vicissitudini esterne.

La fiducia in se stessi dell’età adulta, insomma, affonda sulle primissime esperienze affettive nel rapporto con la madre (o con chi si prende cura del piccolo). Se queste prime esperienze sono abbastanza positive, ciò porterà il bambino a rendersi conto che la madre, oltre ad essere “buona” e fornitrice di cure, protezione ed attenzioni, può essere a volte “cattiva”, frustrando i suoi desideri fino ad essergli a volte ostile. Poiché i bambini reagiscono al freddo, alla fame ed alla solitudine e poiché nessuna madre è in grado di esaudire immancabilmente le pretese del piccolo, è inevitabile che ci saranno momenti in cui si sentirà frustrato ed arrabbiato con la madre e arriverà a supporre che anche lei sarà irata con lui a volte. Tale situazione è tollerabile purché l’aspetto “buono” della mamma prevalga sull’aspetto “cattivo”.

Nella vita adulta è inevitabile e tollerabile provare a volte ira verso chi si ama ed accettarne l’irritazione, purché ci si renda conto di un’interrotta corrente sotterranea d’amore o, almeno, si sia sicuri che, passato il momento d’ira, l’amore possa ritornare. Consideriamo ora invece la situazione in cui le prime esperienze affettive del bambino con la madre sono tali da non ispirargli l’inossidabile convinzione di un’essenziale “bontà” materna. Il bambino troverà allora impossibile acquistare la fiducia nella propria sostanziale “bontà” o amabilità e non avrà, quindi, nessuna riserva interna di fiducia su cui poter contare.

E così, per quanti successi possa avere nella vita successiva, resterà sempre pericolosamente vulnerabile al fallimento, alla delusione e incerto sulle sue capacità; mentre le difficoltà che immancabilmente incontrerà nel suo cammino le vivrà sempre come catastrofi che lo getteranno in una profonda depressione. In particolare troverà difficile tollerare la rabbia di coloro al cui amore si sarà affidato, così come troverà difficile accettare ed ammettere di essere a sua volta arrabbiato con loro. Questo perché non sarà mai convinto della continuità della corrente affettiva, né spererà nel ritorno dell’amore dopo una breve eclissi.

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