CRISI DELLA GIUSTIZIA?

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giustizia

Tra riforma e finanziamenti, la giustizia è assolutamente da ridisegnare

di Antonio Calicchio

C’è una crisi della giustizia? Per dare una risposta adeguata ad un tale interrogativo, che tanti sollevano in forma emotiva: “E’ la nostra età una età di crisi della giustizia?”, occorre possedere dei dati sufficienti. Una crisi della giustizia, dove? In Italia, in Europa, in una parte del mondo, in tutto il mondo? Posto così l’interrogativo, si comprende che la risposta non è semplice. I giudizi, in una materia come questa, potrebbero essere puramente soggettivi: esistono i pessimisti cronici e gli ottimisti ad oltranza. Poiché pessimismo ed ottimismo sono stati d’animo, bisogna trovare argomenti razionali o constatazioni empiriche. Ci sono i tradizionalisti secondo cui tutto era bello in passato e tutto brutto oggi (“laudator temporis acti”, secondo la frase oraziana); ci sono i progressisti rivolti al futuro, anziché ripiegati sul passato, i quali ritengono che la storia umana proceda ineluttabilmente verso il meglio. Ci sono gli sfiduciati e i fiduciosi, ecc.

Lo stesso termine “crisi” deriva etimologicamente dal greco “krisis” che vuol dire “decisione”, “giudizio”, dal verbo “krino”, “distinguere”, “separare”, “giudicare”. Ergo, crisi della giustizia significa “giudizio sulla giustizia”. E un simile “giudizio” va fondato su argomenti tratti dalla ragione o dalla esperienza, piuttosto che su moti dell’animo umano o sociale. Peraltro, non c’è periodo storico in cui la giustizia non sia stata giudicata in crisi. Ad es., di crisi si è parlato in tutto il corso del ‘900: dopo la prima guerra mondiale, durante il nazi-fascismo e la seconda guerra mondiale, nel dopoguerra, negli anni di piombo, durante tangentopoli, e via discorrendo.

Pertanto, onde evitare valutazioni di ordine soggettivo, si svolgeranno delle considerazioni razionali basate su dati empirici.

Ed infatti, anche nel tempo presente, come in quello passato, si invoca una riforma per un giusto processo, soprattutto in forza dei fondi europei e della necessità di un concorso per nuovi magistrati e personale amministrativo. Bruxelles controllerà la gestione dei fondi europei, contrastando eventuali inefficienze. Tuttavia, in mancanza di un intervento di revisione della geografia giudiziaria, potrebbe verificarsi uno sperpero di risorse economiche.

Esistono uffici giudiziari con limitato carico di lavoro ed altri sovraccarichi. Ci sono micro-tribunali inidonei a funzionare, cui occorre destinare fondi per l’edilizia giudiziaria, mezzi tecnologici, magistrati e personale amministrativo. Le innovazioni, che il settore della giustizia ha dovuto porre in essere, a seguito della emergenza pandemica, una volta a regime, registreranno uno sviluppo del processo telematico, nell’ambito sia civile, che penale, tanto che la comparizione delle parti e dei testi, in molti casi, potrà essere sostituita dal collegamento a distanza.

Si tenga conto che una elevata percentuale di soggetti, quotidianamente si reca nei palazzi di giustizia non per partecipare ad indagini o processi, ma per richiedere certificati o per altre prestazioni di quella che è definita “volontaria giurisdizione”. E tutto ciò può essere garantito mediante “sportelli di prossimità”.

L’ultima revisione della geografia giudiziaria risale a dieci anni or sono, con l’esecutivo Monti. La riforma Severino ha avuto i limiti della delega: esclusione delle Corti d’Appello, conservazione dei Tribunali dei capoluoghi di provincia, “regola del 3”, ossia almeno tre Tribunali in ogni Corte o sez. staccata di Corte. La distribuzione delle Corti d’Appello si basa sul principio di una Corte per ciascuna regione, con eccezioni in entrambi i sensi: ed infatti, la Corte di Torino include pure la regione autonoma della Valle d’Aosta, una sez. staccata è stabilita per la provincia autonoma di Bolzano.

Nelle regioni più popolate è pensabile la presenza di più di una Corte. La Lombardia ne ha due (Milano e Brescia) e altrettante la Campania (Napoli e Salerno). La Sicilia quattro (Palermo, Caltanissetta, Messina e Catania). La Puglia due (Bari e Lecce), oltre la sez. staccata di Taranto.

Le sez. staccate, per utilizzo di personale e mezzi, sono assimilate alle Corti d’Appello. Se due Corti sono sufficienti per macro-regioni, come Lombardia e Napoli, allora altrettante dovrebbero bastare per Sicilia e Puglia. La particolare condizione geografica e dei trasporti giustifica due Corti per Sardegna (Cagliari e Sassari) e Calabria (Reggio Calabria e Catanzaro). Il Molise ha la più piccola Corte italiana (Campobasso).

Quanto alla riforma dei Tribunali, è da rilevare, in proposito, che occorre una attenta valutazione dei dati, di cui, peraltro, dispone il ministero della Giustizia, e che vanno analizzati caso per caso. Una ministra-giurista, di un “governo tecnico”, dieci anni or sono, ha compiuto un primo passo, che, però, si è mostrato insufficiente. Abbiamo nuovamente una ministra-giurista, di un “governo tecnico”, con la sorveglianza di Bruxelles: “speriamo che sia la volta buona”, faceva dire Manfredi, al personaggio del barista, nel suo dialetto ciociaro.