Tutti pazzi per Carlo Verdone

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Bagno di folla in aula consiliare per la visita dell’attore romano in occasione della rassegna cinematografica “Ladispoli città apertadi Fabio Picchioni

Ladispoli gli ha conferito la cittadinanza onoraria e le chiavi della città. E lui ricambia partecipando sempre agli eventi cinematografici organizzati dall’amministrazione comunale. Un rapporto molto particolare quello tra l’attore Carlo Verdone e Ladispoli, iniziato negli anni ottanta quando il film  “Un sacco bello” fece conoscere la città a livello nazionale. In molti, all’epoca, non compresero il vero significato del tormentone Ladispoli nel film, alla lunga si è capito come l’attore romano volesse omaggiare e non sbeffeggiare il nostro litorale. Verdone, 41 anni di prestigiosa carriera artistica, è tornato in questi giorni, in occasione della quarta rassegna cinematografica “Ladispoli città aperta, premio Massimo Iaboni, organizzata dall’associazione culturale Tamà di Alessandra Fattoruso in collaborazione con Silvana Iaboni ed il sostegno dell’amministrazione comunale. Lo abbiamo incontrato durante la sua visita in aula consiliare, nel consueto bagno di folla di fans accorsi per salutare il noto attore.

Ogni visita a Ladispoli è un bagno di folla. Contento dell’accoglienza tanto calorosa?

“Sono sempre felice di tornare a Ladispoli. E’ la terza volta che mi invitano alla rassegna cinematografica, sono commosso dall’affetto fortissimo della gente. Tra me e questa città esiste un legame veramente particolare”.

Parlando di cinema. Come giudica lo stato di salute attuale del grande schermo?

“E’ una situazione particolare. Il cinema per sopravvivere, in un momento in cui è chiaramente cambiato il pubblico, deve produrre film di ottimo livello ed essere competitivo con le serie televisive. Dove ci sono ottimi attori e vengono raccontate storie che creano una sorta di dipendenza per il pubblico. Ma il cinema ha un’anima in più rispetto alle fiction, dobbiamo lavorare sodo per recuperare quel 50% di spettatori che non vengono più a vedere i film in sala e preferiscono il divano di casa davanti alla televisione. Margini di recupero esistono”.

Carlo Verdone ha mai pensato di passare dal cinema alla televisione?

“Non ha mai pensato a fare televisione, ma una fiction prima o poi la interpreterò. Non subito, ora sono impegnato nella realizzazione del prossimo film. Dovrà essere una serie tv fatta bene, allegra e di contenuti. So che sta arrivando il momento di un mio impegno nella fiction, del resto il pubblico me lo chiede da anni. Come mi chiede anche un film su Ladispoli ogni volta che sono ospite in questa città. Se avrò l’idea ed il soggetto cinematografico giusto, prometto di realizzarlo”.

In sala consiliare ha presentato il suo ultimo lavoro, “Benedetta follia”, un successo al botteghino. Come nasce questo film?

“Benedetta follia nasce come il desiderio di raccontare l’incontro tra due solitudini. Due anime che si ritrovano in un mondo di cellulari e di contatti solo virtuali. E’ la storia del proprietario di un negozio oggetti sacri, un uomo ingrigito e deluso dalla vita, lasciato dalla moglie. Si imbatte in una ragazza della periferia romana, i due si aiutano a vicenda, all’interno di una commedia divertente con situazioni grottesche. E’ un film che regala il sorriso e nel contempo aiuta a riflettere sulla vita”.

Lei sul grande schermo è l’immagine stessa dei romani. Condivide il pensiero di chi dice che la Roma di una volta non esiste più?

“Certamente. A me la romanità ha dato molto in carriera e penso di averla trasportata al cinema con film come Un sacco bello, Bianco rosso e verdone, Acqua e sapone, Borotalco. Ma è una città che non esiste più. Io sono cresciuto nella Roma degli anni sessanta, quando la gente viveva nelle piazze e nelle strade, si parlava dal balcone, esisteva un rapporto umano molto forte. Osservando quella Roma sono nati molti dei miei personaggi che hanno riscosso successo al cinema. La Roma che amavo è finita nei primi anni ottanta. Poi i romani sono stati deportati in grossi condomini, veri e propri alveari di periferia, dove spesso nemmeno si conosce il nome del vicino di pianerottolo”.

Chiudiamo con un aneddoto. E’ vero che in “Troppo forte”, uno dei suoi lavori di maggior successo, non doveva essere il grande Alberto Sordi l’altro protagonista?

“Sì, è vero. Il copione era stato scritto per un altro immenso attore come Leopoldo Trieste, poi il produttore decise di ingaggiare Sordi.  Per me fu un onore in ogni caso lavorare al fianco di un attore così superbo ed unico”.