Stipendi, via il segreto salariale: si può avere il risarcimento

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Addio al segreto salariale, i lavoratori potranno conoscere le buste paga dei colleghi. A stabilirlo è la direttiva Ue 2023/970 per la parità di retribuzione fra uomini e donne. 

Grazie a questa nuova normativa, in vigore da maggio, l’Unione europea punta a ridurre il divario di stipendi tra lavoratori e lavoratrici che tra i Paesi membri si attesta in media sul 13% in favore del genere maschile.

La direttiva
Secondo quanto stabilito dal testo emanato dal Parlamento e dal Consiglio europeo, la normativa è rivolta a tutti i datori di lavoro del settore pubblico e privato e “si applica a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia”, così come anche ai “candidati a un impiego”.

La direttiva prevede innanzitutto che i lavoratori e i loro rappresentanti sindacali abbiano il diritto di ricevere informazioni chiare ed esaustive sul loro livelli retributivo individuali e sui livelli medi, ripartiti per genere.

Anche in fase di assunzione, i candidati avranno il diritto di ricevere, dal potenziale datore di lavoro, informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere ed eventualmente sulle disposizioni del contratto collettivo applicate dal datore di lavoro in relazione alla posizione (qui avevamo spiegato i cambiamenti della direttiva sui colloqui di lavoro).

I datori di lavoro dovranno rendere facilmente accessibili ai propri lavoratori i parametri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

“Se le informazioni ricevute sono imprecise o incomplete – chiarisce il testo – i lavoratori hanno il diritto di richiedere, personalmente o tramite i loro rappresentanti dei lavoratori, chiarimenti e dettagli ulteriori e ragionevoli riguardo ai dati forniti e di ricevere una risposta motivata”.

In ogni caso il datore di lavoro dovrà dare seguito alla richiesta non oltre i due mesi dalla data in cui è stata presentata.

Saranno vietate, inoltre, eventuali clausole contrattuali che impediscano ai dipendenti di chiedere e divulgare informazioni in merito sul loro compenso o sulla retribuzione di altre categorie di lavoratori.

“Qualora le differenze retributive di genere non siano motivate sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere –  si legge nella direttiva – i datori di lavoro pongono rimedio alla situazione entro un termine ragionevole in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l’ispettorato del lavoro e/o l’organismo per la parità”.

I risarcimenti
In caso di contenzioso, l’onere della prova sarà attribuito al datore di lavoro che dovrà dimostrare di non aver violato le norme europee in materia di ‘gender pay gap’ e trasparenza retributiva.

Alle lavoratrici e a i lavoratori che hanno subito una discriminazione retributiva basata sul genere è riconosciuto un risarcimento che comprenda “il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora” (qui l’approfondimento sulle nuove misure approvate dal Parlamento europeo sulla parità di retribuzione).

Da: www.quifinanza.it