SHIRATAKI: la pasta senza carboidrati

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SHIRATAKI: la pasta senza carboidrati

L’amido che brucia i grassi e fa bene all’intestino

Monique Bert – Naturopata

Ci sono leccornie particolarmente apprezzate dal nostro microbiota: all’amido resistente non può assolutamente dire di no, non ne ha mai abbastanza.

“La fibra è classificata come solubile o insolubile – spiega la naturopata Monica Bertoletti

(www.food4care.it), alias Monique Bert, nel gruppo fb Medicina Eubiotica, Naturopatia e Dentosofia e coautrice Tiroide Approccio Evolutivo, gruppo fb creato dal dr Andrea Luchi – Tuttavia altre proprietà come la fermentabilità, sono di grande importanza per la salute. Per essere molto sintetici: l’amido contenuto negli alimenti, se fatto raffreddare, diventa più resistente alla digestione da parte

del primo tratto dell’intestino, quindi nell’intestino crasso ne arriva una grande quantità che rimane a disposizione come fonte di cibo per la flora batterica. Agisce come prebiotico, alimentando batteri benefici

e senza fermentanzione gassosa”.

AMIDO RESISTENTE:

benefici per intestino e linea

“Numerose ricerche – sottolinea la naturopata – hanno evidenziato come abbassare l’indice glicemico (IG) di alcuni alimenti come le patate e le patate dolci (le batate) e il riso: trasformandoli parzialmente in amido resistente (AR), che è indigeribile per i nostri enzimi digestivi, ma è oro per la nostra flora batterica. Si abbassa IG del pasto e si riducono le calorie. Aumentare la quota di AR del cibo è un’ottima strategia per mangiare i carboidrati moderando la risposta insulinica. E’ sufficiente conservare le patate o il riso (ma poi il sapore non è il massimo), per almeno 24 h nel frigo. Se si conservano più giorni, aumenta la quota di amido resistente. In freezer idem. In questo modo avremo un rialzo debole dei livelli di glucosio nel sangue, una migliore sensibilità all’insulina quindi minori infiammazioni e ossidazioni e un maggior equilibrio endocrino. Una patata calda fornisce circa 2 grammi di amido, raffreddata quasi il doppio. Una dose ideale di amido resistente è circa 15 grammi al dì, normalmente ne consumiamo meno di 5. Anche le banane non del tutto mature, ancora un po’ verdi forniscono una dose alta di amido resistente, circa 12,5 grammi, mentre una banana matura meno di 5. Chi nelle banane verdi non ci trova niente di buono può metterla intera in un frullato con latte di cocco, unendo l’utile al dilettevole: anche quest’ultimo è grande amico dell’intestino, ne risana la mucosa e lo ripulisce dal patogeno. Le mandorle sono un altro cibo che fa prosperare i batteri buoni.

Alcuni studi dimostrano che l’amido resistente fa crescere i bifido batteri, attiva enzimi bruciagrassi perché questi batteri consumano lipidi, inoltre induce il fegato a bruciare più grassi. Stimola l’arresto delle infiammazioni nell’intestino!”

SHIRATAKI:

PERCHÉ CONSUMARLI

“Gli shirataki sono un amido resistente. – spiega Monica Bertoletti – Composti da glucomannano, ottenuti dalla radice della pianta di Konjac, son composti da fibra solubile, capace di assorbire fino a 50 volte il suo peso in acqua. La fibra si muove attraverso il sistema digestivo molto lentamente e ciò aiuta a ritardare l’arrivo dei nutrienti nel flusso sanguigno, modulando il carico glicemico del pasto. Inoltre queste fibre viscose fungono da prebiotico, ovvero da nutrimento per i batteri che vivono nel colon. Alcuni microbi intestinali sono specializzati nella fermentazione della fibra solubile, i sottoprodotti di questa fermentazione sono necessari per nutrire le cellule che rivestono il colon. I più importanti sottoprodotti della fermentazione sono acidi grassi a catena corta come butirrato, propionato e acetato.

Questi acidi grassi a catena corta hanno molte funzioni utili per il nostro organismo.

Regolano il sistema immunitario, contribuendo a prevenire patologie infiammatorie; incrementano le cellule immunitarie T, che aiutano a prevenire le risposte autoimmuni; attraverso l’ematopoiesi sono coinvolti anche nella formazione di altri tipi di cellule del sangue. Servono come facili substrati per il fegato per produrre chetoni che alimentano in modo molto efficiente i mitocondri; stimolano il rilascio del peptide PYY che aumenta la sazietà.

Il butirrato in particolare influenza l’espressione genica e induce apoptosi (morte cellulare programmata) diminuendo il rischio di cancro al colon e in altri distretti.

Il glucomannano riduce i livelli di grelina, l’ormone della fame; riduce i livelli di zucchero e insulina nel sangue, migliorando la sindrome metabolica, riduce il colesterolo in particolare abbassa LDL e TRIGLICERIDI, allevia la stipsi e migliora i movimenti intestinali. Mi sembra che ci siano molte ragioni per introdurre gli shirataki nella nostra alimentazione quotidiana.

Gli shirataki, come altri alimenti interessanti, forniscono all’organismo ciò di cui necessita per stimolare certi processi, coadiuvando il miglioramento di alcune problematiche”.

ATTENZIONE ALLE DOSI!

Vi consiglio di iniziare con una dose di massimo 25/30 grammi, – conclude la naturopata – portandola gradualmente ad una quantità di circa 50 grammi al dì, altrimenti potreste avere dei mal di pancia, del tutto innocui e transitori, ma finché la vostra flora non si è abituata alla tipologia e quantità di fibra, potreste avere qualche piccolo inconveniente”.