Autoinganno o bugia?

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Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Penso che ognuno di noi abbia detto almeno una volta nella vita una bugia. Quanti di noi, invece, hanno usato l’autoinganno? Spieghiamo quali sono le somiglianze e le differenze. Bugia ed autoinganno sono delle distorsioni della realtà. Entrambe sono delle difese. Pensiamo ad un adolescente che racconta una bugia ai propri genitori: sa di mentire, costruisce una storia alternativa da raccontare ai genitori al fine di evitare una possibile punizione o rimprovero (difesa). Quindi, nella bugia il soggetto è cosciente di alterare la realtà. Anche nella “bugia patologica” la persona mente e sa di mentire; è solo un comportamento reiterato e necessario per mantenere la struttura che si fonda su una concatenazione di bugie. Cosa succede, invece, nell’autoinganno? La persona altera la realtà come quando dice una bugia ma, a differenza di questa, non ne è cosciente e mente a se stesso. Pensiamo, ad esempio, ad una coppia in cui un elemento picchia l’altro: spesso succede che la vittima giustifica il partner “aggressore” dicendo che “ha dei problemi al lavoro”, “ha avuto una storia famigliare pesante”, che “in fondo in fondo è un po’ anche colpa mia”, ecc. Questo è il classico autoinganno. La persona per difendere un proprio schema mentale tende a giustificare e a dare spiegazioni alternative e distorte della realtà che sta vivendo, convincendosene. Solitamente l’autoinganno serve perché la persona necessita di mantenere in piedi un equilibrio di vita fragile; senza l’autoinganno la persona, per esempio, dovrebbe affrontare delle problematiche della realtà che probabilmente non riuscirebbe a sostenere. In questo modo, la vittima della coppia descritta in precedenza, dà delle spiegazioni del comportamento aggressivo del partner per evitare e difendersi da una possibile delusione relativamente al progetto di vita, dalle difficoltà di riprendere in mano la propria esistenza oppure riguardo il mettersi in discussione. Un altro esempio dell’autoinganno è il continuare a fumare, sapendo che “nuoce gravemente alla salute”, dicendo “tanto fumano tutti, anche il mio medico”. Diciamo che l’autoinganno è un po’ raccontarsela. L’autoinganno a breve termine può servire, se permane come soluzione primaria nasconde un problema. Se la mente si può autoingannare in senso negativo, può anche farlo in senso positivo. Ecco qui l’autoinganno terapeutico. Preciso: non è il “penso positivo”. È un vero e proprio esercizio mentale: con questa tecnica terapeutica si allena la mente a vedere e a far fare cose diverse dalle solite e concretizzarle quotidianamente. Per esempio. Viene una persona con una grande disistima; dopo una serie di incontri si introduce una manovra terapeutica: “ogni giorno, quando si sveglia, dopo aver fatto colazione, pensi ad un piccolo regalo che si può fare; un piccolo, piccolissimo regalino che si può fare. Il regalino deve essere diverso ogni giorno”. È importante che la persona pensi al compito, anche se non lo fa. La mente attraverso anni di autoinganno funziona come il telegiornale: vede solo la realtà in un senso (spesso negativo) non dando spazio ad altre alternative. Questo succede perché, andando al risparmio, la mente tende a catalogare la realtà secondo un suo catalogo. Con l’ “autoinganno terapeutico” si allena la mente a vedere e a provare o riscoprire nuovi comportamenti, nuove sensazioni, nuovi atteggiamenti, comunicazioni e a farli prendere peso.

Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

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