ROMA, IL MUSEO DELL’ALTRO E DELL’ALTROVE

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museo dell'altrove

IN VIA PRENESTINA PRENDE VITA L’ARTE 

La storia del Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz Città Meticcia (MAAM) ha inizio nel 2009, il primo al mondo ad essere abitato da decine di famiglie e, di conseguenza, in continua evoluzione. Arricchire con l’arte un luogo come Metropoliz significa proteggere un centro abitato della periferia di Roma, il quale altrimenti sarebbe destinato allo smantellamento.

Sulle spoglie dell’ex salumificio Fiorucci nasce il museo di arte contemporanea a cielo aperto calato in un contesto metropolitano, abitato. La pinacoteca alternativa sorge in una fabbrica occupata da un ingente gruppo di immigrati e precari provenienti da tutto il mondo (da qui il termine “Città meticcia”). Il progetto è sostenuto da molti artisti che donano gratuitamente le loro opere.

Una vera e propria città costituita da arte e persone, che ospita centinaia di opere visitabili dal pubblico solo nella giornata di sabato. Al suo interno sono presenti alcuni tra i grandi nomi appartenenti al panorama dell’arte contemporanea di fama internazionale, tra questi Eduardo Kobra (street artist brasiliano). Sul muro che delimita la Città Meticcia il pittore ha creato un’opera molto importante, simbolo della lotta contro la discriminazione della donna, sul quale è ritratto con colori vivaci il volto della giovane studentessa attivista pakistana Malala Yousafzai. Il lavoro si inserisce in un progetto di riqualificazione dell’arte contemporanea e urbana chiamato “Spray for your rights”, ideato per sensibilizzare le persone riguardo agli importanti temi ambientali, sociali e culturali della Capitale.

Iconica è la Venere degli Stracci dell’artista Michelangelo Pistoletto. Una Venere Callipigia posizionata di fronte a una montagna di indumenti, un’opera alla quale visitatori e altri artisti sono invitati a dare il proprio contributo aggiungendo indumenti smessi.

Un luogo unico, di arte collettiva, sul quale però incombe la costante minaccia dello sgombero, dal quale, fino a oggi, è stato salvato grazie alla “protezione” delle opere d’arte che lo arricchiscono. “L’obiettivo – come spiega l’ideatore, curatore e Direttore artistico Giorgio De Finis – è quello di creare un connubio tra il concetto di arte e il concetto, più umile, di occupazione e baraccopoli. Ponendo l’attenzione, in particolare, alla tragica situazione abitativa di Roma.”

Gli abitanti del “Museo vivente” offrono un grande servizio di manutenzione e pulizia della loro città, in particolare per accogliere coloro che decidono di farvi visita nell’unico giorno di apertura, rafforzando il profondo senso di comunità che li unisce ormai da molti anni.

Flavia De Michetti