LADISPOLI E IL GRANDE “CIRCO” NELL’OASI DI TORRE FLAVIA

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torre flavia

DUELLO TRA AMBIENTALISTI E COMUNE SULLA LOCATION DEL SET CINEMATROGRAFICO. E CITTÀ METROPOLITANA NON ERA STATA INFORMATA. MA C’È IL PERMESSO DEL GIUDICE.

Circo con elefanti, tigri e cammelli. Carrozze d’epoca al seguito, tir, attori e comparse. Insomma, non manca proprio niente nel set di “Altrimenti ci arrabbiamo”, remake dello storico film di Bud Spencer e Terence Hill del 1974. Non un’opera qualsiasi essendo in 14esima posizione tra le opere italiane più viste di sempre. Ma a Ladispoli è la location ad aver turbato (non poco) animalisti e ambientalisti perché è sempre la stessa: Torre Flavia.

La Torre Flavia accerchiata dai progetti di distributori elettrici, dai mega concerti dei cantanti (Jovanotti insegna) e da tante altre idee che per le associazioni sono solo “diavolerie”. Tornando al set, non è sulla spiaggia o nello stagno della Palude, tuttavia è all’interno dell’area protetta, così da alimentare le preoccupazioni dei volontari e di Città Metropolitana che gestisce il sito naturale. A proposito: da settimane c’è la loro supervisione per salvaguardare corrieri e fratini, volatili protetti e pronti a spiccare il volo. Un motivo in più per stare in guardia. Corrado Battisti, il gestore dell’oasi, era intervenuto sostenendo che «Città Metropolitana non ha ricevuto alcuna lettera dal Comune» per proseguire con le riprese. Insomma, incidente diplomatico e polemiche. «Niente film e circo nella zona dei fratini, altrimenti ci arrabbiamo noi», è il coro di Salviamo il Paesaggio Litorale Nord e Scuolambiente, con la presidente di quest’ultima associazione, Beatrice Cantieri, che ha annunciato pure di aver presentato «un esposto a tutte le autorità competenti» per valutare in sostanza «se ci siano tutte le autorizzazioni e sia stata svolta la valutazione di Incidenza ambientale». Perplessità per l’approdo di bestie esotiche. «Oltre al possibile inquinamento acustico – prosegue la nota – relativo anche allo stazionamento in un lungo periodo di persone e mezzi, la presenza di alcune tipologie di animali da circo, come elefanti, ci preoccupa perché presumibilmente produrranno una certa mole di escrementi. E poi come verranno gestiti i rifiuti? Lo scarico delle acque?».

Per Palazzo Falcone non sarebbe neanche necessario forse chiedere il permesso alla ex Provincia poichè su quel terreno, in passato sotto la lente della magistratura, ritiene che a decidere sia il Comune stesso, su placet dei giudici. «Il consenso ci è stato concesso dalla Corte d’Appello – risponde Sergio Blasi, comandante della Polizia Locale – perciò tutto è alla luce del sole. Sulla questione del circo e di un’ordinanza che lo vieta bisogna ammettere che non si tratta di un circo vero, è solo un set cinematografico che durerà qualche giorno. Il terreno in questione è di carattere agricolo e in passato ha avuto una finalità ricettivo turistica. Non ci saranno danni per l’ambiente». Lo scontro politico. Duro commento di Psi Ladispoli, Italia in Comune, Italia Viva Ladispoli e Gruppo Azione Ladispoli-Cerveteri. «La palude – scrivono – non può essere né un’area per i concerti e né il set di un film d’azione ma deve rimanere un luogo nel quale preservare intatta la natura da lasciare in eredità ai nostri figli». Controreplica della Giunta comunale. «A mio avviso sembrano solo strumentalizzazioni politiche – ribatte Marco Milani, assessore a Cultura e Spettacolo di Ladispoli – quando governava il centrosinistra nessuno tra questi movimenti e associazioni si azzardava a muovere un dito. Vorrei ricordare che Ladispoli è la città del cinema». Intanto si apprende che l’area oggetto di discussione sarebbe finita nel mirino del Gruppo Forestale dei Carabinieri, probabilmente attivatosi in seguito alle denunce. E se il sopralluogo fosse una formalità visto che come annunciato dal Comune c’è un’autorizzazione da parte dei giudici? «Si comunica – si legge sull’albo pretorio del municipio – che la Corte D’Appello riunitasi in Camera di Consiglio in data 24 giugno 2021, ha concesso l’utilizzo del terreno, malgrado in sequestro, per effettuare le riprese richieste». Il discorso allora rischierebbe di diventare solo di natura etica. E di aprire un precedente per ulteriori iniziative.