IL VIRUS TOTALITARIO E IL MANIACALE DESIDERIO DI CONTROLLO

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CRISI E DISPOTISMO, UN’ANTICA ACCOPPIATA: EMBLEMATICHE DUE MULTE COMMINATE A CERVETERI NEL 1951.

di Angelo Alfani

No, non andrà tutto bene. Non va per niente tutto bene. Dietro la copertura del coronavirus, stanno avvenendo cose gravi. Regimi dichiaratamente autoritari, populisti e/o peronisti latinoamericani, Presidenti di grandi potenze, imitati da molti leader europei, eufemisticamente definiti “uomini forti”, hanno individuato in quella che dovrebbe essere una strenua lotta ad una terribile crisi sanitaria mondiale, una opportunità per imporre maggiori controlli sui cittadini. E la stanno cogliendo. Alcune volte la pandemia non ha bisogno nemmeno di rappresentare una scusa: la distrazione che ha colpito persino gli impavidi critici delle loro politiche, ha lasciato loro autostrade. Mentre si guarda ad altro si colpisce: i buoni cittadini hanno rinunciato ad alcune loro autonomie convinti che aiutasse a salvare vite umane: cosa indubitabilmente avvenuta. Ma ad alto costo.

Non sarà facile liberarsi dei poteri d’emergenza che i potenti si sono attribuiti in questi mesi. Come afferma una cara amica, il cui cuore ha traversato un secolo tempestoso e terribile, la società capitalistica tende a rendere eterni i nuovi rapporti. Al contempo abbiamo assistito allo spreco dimostrato dai “progressisti” di utilizzare la rara possibilità che la crisi offriva per tentare di rimodulare il modo in cui organizziamo le nostre società di diseguali, di andare oltre città inquinate ed invivibili, di riformulare il rapporto con la natura. È possibile che questo devastante virus totalitario non sia altro che il modo di madre natura di urlare agli umani di fare qualche passo indietro? Ed essere più gentili con l’unico pianeta che abbiamo?

Non si esce migliori dalle crisi e dalle tragedie. La storia ci insegna che così non è.
Il nostro governo, oltre alla indispensabile distribuzione di soldi, all’aver generato altri milioni di assistiti (ma per quanto tempo ancora?) non è andato oltre la risibile proposta del bonus per il monopattino, che sarà causa di lutti, le biciclette senza piste ciclabili, la perfidia della scuola a distanza dalle inimmaginabili conseguenze, suggellata da una Ministra che assomiglia alla imitazione che la Sabina Guzzanti potrebbe fare della Morticia Addams.

E che dire del lavoro da casa, che annulla possibilità di aggregazione, di scambio di idee,  di concentrazione di auspicabili cambiamenti? Se spariscono le fabbriche, gli uffici dove nascerà una nuova classe dirigente? Da Internet? Ma non abbiamo già pagato abbastanza con la mediocrità sguinzagliata ovunque grazie ai social?

Al contempo i controlli si amplificano, molti sindaci si inorgogliscono nell’essere definiti “sceriffi”. Da ultimo, solo in ordine temporale, si propongono sessantamila ausiliari in aggiunta alle tante forze di controllo, alle innumerevoli e stravaganti divise che accompagnano la nostra esistenza. Volontari dicono, a cui non si sa ancora chiaramente quali poteri assegnare. Ulteriore aggiunta di confusione in un quadro normativo già confuso. Nel frattempo cresce il malessere, la sfiducia, la rabbia. “Dite, dite chi la ridusse a tanto?” chiede Leopardi nel canto “All’Italia”.
Tutto tornerà come prima, o quasi, ma in peggio. Sono in molti a pensarlo. Che abbia ragione invece Battiato nel suo indimenticabile refrain: “Non cambierà, non cambierà, sì cambierà, forse cambierà” Per terminare:” vedrai che cambierà”

Post scriptum

Le due copie di contravvenzioni che accompagnano l’articolo hanno l’intento di distribuire spensieratezza nel monotono disagio che ci accomuna, ma non soltanto.

La multa alla signorina Graziella, lavoratrice “come n’omo” a mondarella (togliere a mano o con la sarrecchiola le erbe infestanti negli sterminati campi a grano che ondeggiavano nelle terre cervetrane), venne verbalizzata nei quattro spicchi del giardinetto dalle carnose magnolie, sito nella attuale piazza parcheggio, alle ore 6/40 antimeridiane di un lunedì settembrino.

Da poco più di un anno quattro virgulti di magnolie avevano sostituito il mercato coperto che per decenni aveva offerto verdura, frutta, uova, pollame e carne bianca locale, oltre alle anguille e pesce di fosso.

Evidentemente questo traumatico cambiamento non aveva fatto perdere l’inveterata abitudine di Graziella a parcheggiare a capezza le due somare dove era solita fare. Li “al mercato” che raggiungeva da casa su a San Pietro con una pericolosa bicicletta senza freni.

L’altra contravvenzione, sempre del 1951, sanzionata in via Flavia, Marina di Cerveteri, verbalizzata su carta intestata scancellata del comune di Civitavecchia, per una pomeridiana passeggiata marzolina con cane privo di guinzaglio e museruola.

Per chi conosce Cerveteri, le abitudini dei suoi nonni, la assoluta convivenza coi cani liberi di girare, la bontà e la disponibilità dei vigili a chiudere un occhio, può legittimamente ritenere che si trattò di una maniacale voglia di controllo.

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