Gino Paoli, parola al maestro

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di Fabio Picchioni

Ci sono artisti che un piacere intervistare. Altri è un onore.

Ed il nostro giornale è orgoglioso di aver incontrato al castello di Santa Severa il maestro Gino Paoli. Maestro è l’unica parola che si adatta ad un cantautore che ha scritto le pagine più belle della melodia italiana. Un artista che ha fatto innamorare tante generazioni, sulla breccia da oltre mezzo secolo, capace di strappare applausi agli over 50 ma anche ai tanti giovani che affollano i suoi concerti e cantano a squarciagola successi indelebili come Il cielo in una stanzaLa gattaChe cosa c’èSenza fineSapore di saleUna lunga storia d’amore. Ha pubblicato 34 album, si è esibito in migliaia di concerti, ha spopolato al Festival di Sanremo. Alla veneranda età di 83 anni può ancora insegnare il mestiere ai giovani artisti di oggi. Gino Paoli è la storia della musica, con un personaggio di questo immenso spessore non potevamo iniziare l’intervista se non parlando proprio del suo mondo. Maestro, dove è arrivata oggi la musica italiana? E’ ancora arte o siamo al semplice business?

“Cosa sia la musica oggi è difficile definirlo. E’ certamente cambiata rispetto ai tempi del mio esordio alla fine degli anni cinquanta. Non so se sia mutata in meglio o in peggio, una volta era ritmo, poi fu l’epopea della melodia e dell’armoni, ora è diventato qualcosa di frenetico. Forse siamo tornati all’inizio, alla nascita della musica col tamburo. Chissà se sia un bene o meno”.

In un suo album viene citata la canzone di Vasco Rossi “Vita spericolata”, si ode in sottofondo anche la voce del cantautore modenese. Come nasce questa commistione tra due artisti musicalmente lontani?

Lontani sicuramente di età, non di idee. La canzone di Vasco parla di un cambio generazionale e di come la gioventù sia un passaggio e non una categoria etichettata. Mi piace pensare che la citazione di quel brano sia stato un ideale passaggio del testimone tra persone che non gradiscono il mondo attuale così come è strutturato.

Gino Paoli ha scritto e cantato tanti successi. Esiste una canzone a cui è piu legato?

“No, non esiste. Per me le canzoni sono come i giorni della vita o le pagine di un libro. Non si può scegliere quale sia il più bello. Sono tutti indimenticabili e vissuti. La vita, così come la musica, per me è una fantastica storia che continua”.

Cosa ricorderà del concerto al Castello di Santa Severa dove ha emozionato una foltissima platea?

“E’ una location suggestiva che mi ha regalato la sensazione di essere in un luogo dove al primo posto c’è il rispetto dell’ambiente che ci circonda. Il rispetto è fondamentale, andrebbe insegnato nelle scuole”.

Come nasce la collaborazione sul palcoscenico con Danilo Rea?

“Nacque per caso, una sera ci trovammo sul palco a duettare e da allora abbiamo scoperto di essere molto simili. Eravamo in passato insieme anche in un gruppo jazz, c’è molta affinità umana ed artistica. E’ una collaborazione nata malgrado noi, il caso nella vita spesso ti regala doni inattesi ma preziosi”.

Pochi sanno che Gino Paoli è anche un produttore di olio nella sua tenuta agricola in Maremma. Da cosa deriva questa passione?

E’ stata trasmessa dai geni di famiglia. Siamo una famiglia legata alla terra. L’ agricoltura è l’ anello di congiunzione tra le generazioni e le memorie familiari. L’ unica fede che ho, la sola vera maestra che ascolto è la natura. Se mi trovo in difficoltà, io mi guardo intorno, mi rivolgo alla terra, e trovo tutte le risposte di cui ho bisogno. Occuparsi dell’ uliveto e dell’ olio di famiglia, che ci richiede sempre più impegno ora che lo commercializziamo anche, è un’ esperienza unica in questo senso, si impara molto anche della vita: l’ olivo per esempio non muore, o comunque non muore mai del tutto, perché la radice sopravvive sempre”.