E L’AMORE VINCE SEMPRE!

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il seme rubato

Con Patrizia Bettinelli, autrice del romanzo IL SEME RUBATO

A tanto da dire Patrizia Bettinelli, incontrata in occasione della pubblicazione di “Il seme rubato”, scopriamo un’anima libera con il grande dono della parola. Milanese d’origine vive a Cerveteri, località scelta per crescere i suoi figli a dove dopo anni dedicati all’insegnamento, oggi scrive, legge e racconta a tempo pieno.

Il Seme Rubato è una delle tue prime opere, che presenti a distanza di 30 anni, lo riscriveresti così?
Ho aggiunto altro, modificato qualcosa però la base è quella. Ovvio in trenta anni sono cambiata come persona e cresciuta come scrittrice, allora è stato un diario scritto in un momento di difficoltà, una vera terapia. Come le poesie, sono state un mezzo per liberare la mia anima spesso sofferente. Ne ho scritte più di duecento.

La maternità è una relazione, anzitutto con sé stessi…
Condivido, la maternità mi ha cambiata moltissimo, resa più forte, laddove non ero agguerrita per me lo sono diventata in difesa dei miei figli. Dovevo essere quello che non ero, per loro! Un confronto interiore ancora prima del cambiamento fisico. Il libro però è un riconoscimento al ruolo del padre, l’accudimento non è patrimonio esclusivo della donna. É un libro scritto in onore di un uomo. Mio padre è stato un esempio, Marco il protagonista del romanzo, nasce da esperienze vissute, avevo anche un amico molto simile a lui, a mio padre. Quasi femminili nel loro essere sensibili. Un riconoscimento alla figura paterna è d’obbligo così come mi sento pronta a scrivere di uomini maltrattati, sono tantissimi.

Qual è il messaggio che vuoi dare al lettore?
Che l’amore vince su tutto! Consente di superare tutti gli ostacoli che la vita ci pone, e che non bisogna avere paura.

IL SEME RUBATO
di Patrizia Bettinelli

Autentica opera d’arte non solo per la copertina firmata Carlo Grechi, anche per i contenuti e la significativa empatia di Patrizia Bettinelli
Da un inganno nasce un amore. La storia è ambientata a Milano negli anni ‘70. Marco e Letizia sono colleghi di lavoro, giornalista e fotografa, e hanno una breve relazione sentimentale. La donna desidera un figlio e decide che Marco potrebbe essere l’uomo giusto come donatore di seme inconsapevole.
Patrizia dedica il libro all’amore autentico, non scadente in quella banalità nonostante la sua composizione risalga a quando l’autrice era giovanissima. I sentimenti, senza eccessi, sono il frutto del dolore della perdita e diventano un percorso di crescita, dove non mancano richiami all’amore, allo scorrere del tempo, alla morte stessa, di fronte alla quale trovare altre modalità di rinascita. E l’omaggio alla paternità rimanda ad un’infanzia serena, al senso della bellezza e dell’armonia propri della famiglia d’origine, di profonde radici.
Un estratto: “Non riuscivo a decidere se essere lusingato per la scelta fatta da Letizia, o adirato per l’inganno. A tratti i pensieri negativi, la mia personalità, la razionalità avevano il sopravvento, ma la mia anima e il mio spirito conoscevano la verità. Un figlio non viene per caso, sceglie i genitori perché saranno una parte fondamentale del suo progetto, quello che realizzerà nella vita sulla terra, come importanti saranno i fratelli, i parenti, gli amici e tutte le anime che incontrerà lungo il cammino sul pianeta”.
E anche di spiritualità tratta il libro, di quella che potremmo definire catarsi dell’anima. Chissà, forse l’opera dà il via ad un viaggio attraverso un dolore non ancora sopito, un dolore che avvicina i lettori, e che si può lenire con una solitaria riflessione, dove la lettura rimane l’antidoto.