CASO VANNINI, LA MADRE DI MARCO:«SPERIAMO SIA L’ANNO DELLA GIUSTIZIA»

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I GENITORI DEL RAGAZZO UCCISO NEL 2015 CONFIDANO IN UNA PENA ESEMPLARE PER I CIONTOLI. LA DIFESA PUNTA SUL RICORSO IN CASSAZIONE.

Da una parte i Vannini, pronti a sperare che questo 2021 sia l’anno della svolta giudiziaria. «Che sia l’anno della giustizia», sono le parole precise pronunciate nei giorni scorsi da Marina Conte, la madre di Marco, il ragazzo cerveterano ucciso nel 2015 nella villetta della sua fidanzata a Ladispoli, in via De Gasperi. Dall’altra i Ciontoli, che sperano in un ribaltamento della sentenza di secondo grado per evitare il carcere, appellandosi con i rispettivi legali alla Suprema Corte. Più di cinque anni sono passati dalla tragedia. Si sono addirittura svolte quasi 30 udienze strazianti, soprattutto per chi non ha più il suo bellissimo “angelo biondo”, così lo chiama sempre mamma Marina.
Perizie, testimonianze, tentativi di depistaggio. Sono rimaste impresse a tutti le telefonate al 118 partite da quella casa. Poi ci sono le intercettazioni ambientali sul divano della caserma dei carabinieri di Civitavecchia. Però davvero entro quest’anno il tormentato processo può arrivare a conclusione. Magari già entro la fine della prossima estate.

Facciamo un piccolo passo indietro avvolgendo il nastro allo scorso 30 settembre quando i Ciontoli, la famiglia alla sbarra per la morte del ragazzo cerveterano, sono stati condannati in modo esemplare nell’Appello bis per omicidio volontario nel tribunale di piazzale Clodio. Quattordici anni inflitti al capofamiglia Antonio Ciontoli, ex sottufficiale della Marina militare con un ruolo nei servizi, e 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo alla moglie, Maria Pezzillo e ai figli, Martina e Federico. Questo il verdetto della Corte di secondo grado. Tanti i passaggi chiave nelle motivazioni della sentenza. Ce n’è uno molto forte quando i togati sostengono che gli imputati «hanno mentito, usando crudeltà e depistando gli investigatori».
Persino per i giudici in Appello è un mistero la dinamica: «Non si è certi di cosa sia realmente avvenuto tra quelle quattro mura», è quanto riportato nelle motivazioni. Ora si tornerà di nuovo in Cassazione visto che gli avvocati della difesa prepareranno il ricorso. «Da quasi sei anni – ha ribadito la mamma della vittima – non abbiamo tregua io e mio marito Valerio. Chiaro, nessuno ci darà indietro il nostro Marco, però almeno potremmo elaborare il suo lutto in questo 2021 e lui potrà riposare in pace. All’inizio di questa storia terribile mi dicevano che ci sarebbe voluto parecchio tempo. Non volevo crederci ma effettivamente è andata proprio così tra udienze, perizie e sentenze. Siamo persone semplici eppure subito catapultate nei tribunali, costrette ad abituarsi a tutto questo clamore mediatico».

Nessun ripensamento sulla condotta dei Ciontoli. «Non li perdoneremo mai – puntualizza Marina Conte – non sono mai venuti a bussarci a casa nei giorni dopo il dramma per dirci come siano andate le cose. La loro è stata una condotta disumana e anche nelle varie tappe processuali hanno raccontato solo bugie. Non cerchiamo vendetta, solo giustizia. Nessuno in quella casa ha chiamato i soccorsi. La verità la conoscono loro solamente e a questo punto a noi non la diranno mai». Intanto la difesa è pronta per il ricorso, come risposto dal legale dei Ciontoli, Andrea Miroli per chiedere l’annullamento dell’ultima sentenza di secondo grado. Sia la pubblica accusa, rappresentata dal procuratore generale della Corte d’assise d’appello, Vincenzo Saveriano, che gli avvocati dei Vannini non hanno alcun motivo per opporsi.
Se la Suprema Corte dovesse respingere il ricorso dei Ciontoli, si scriverebbe un verdetto storico con un intero nucleo familiare in prigione per l’uccisione di un ragazzo.