VOCE ALLE VITTIME DI VIOLENZA

0
966

DIMENTICATE DAI MEDIA ATTRATTI SOLO DAL “FATTACCIO”

In questi giorni la cronaca riporta episodi violenti da parte di conviventi, di vicini di casa, evidenziando come ancora una volta, la vittima sia la grande “assente”. Una volta appagata la curiosità morbosa insita nell’animo umano, si è restii nel dare ascolto alla parte offesa, al suo dolore. Eppure le vittime hanno voglia di gridarlo, di tirare fuori la rabbia che il senso di impotenza genera subito dopo.

Condividere l’esperienza vissuta è un’esigenza e, dalle testimonianze dirette, emerge la convinzione che raccontare la propria esperienza possa essere utile a salvare un’altra donna dall’orrore. Ne è convinta la signora A. che cerca rifugio nelle parole che escono a fiumi, lo è per la signora P. che non riesce più a dormire da quel pomeriggio nel quale rientrando a casa con la spesa e si è trovata a terra presa a calci dal vicino per aver chiesto di parcheggiare meglio e non invadere il suo cancello. “Io credo fortemente nell’utilità di diffondere le storie che accadono. Mi ha sputato addosso e mi ha spinto. Solo quando ho urlato aiuto è scappato dentro casa. Ho chiamato il 113”. É subentrato in lei il timore che possa succedere ancora dato che l’aggressore continua a vivere nella casa accanto alla sua. Il pensiero non la fa dormire. “Io sono una donna forte, ora non riesco neanche a parlare. Mi sveglio in piena notte terrorizzata dal suo vi ammazzo”.

Storie diverse legate da un filo comune dell’immobilità di fronte ad un’aggressione, un’esperienza che suscita sentimenti di paura impotenza e orrore. E mentre il tempo cancella i lividi sul corpo, la paura resta.

Ha denunciato e per questo ora ha paura. La signora A. è la mamma di due gemelle riuscita a fuggire dalla città e dalla brutalità dell’uomo con cui viveva. Ci scrive che i fatti riportati dai giornali sono parziali, mentre per lei è importante che si sappia. Su di lei è sceso il silenzio nel rispetto delle minori coinvolte ma la donna è consapevole che tutti sanno della grave situazione familiare in cui vive da anni. Quello che non sanno forse è che l’episodio per il quale l’uomo è stato denunciato e tratto in arresto coinvolge anche le figlie. E proprio grazie all’amore che nutre per loro trova il coraggio di fuggire dicendo basta alle violenze fisiche e psicologiche gratuite da parte del convivente.

Deontologicamente e umanamente si auspica maggiore attenzione all’uso dei vocaboli affinché una vittima non venga denudata una seconda volta. I titoli dei giornali riportano un papà geloso, per la donna è una bestia. Figlia di una cultura patriarcale ben radicata. Non si tratta di narrare il dolore con la morbosità più perversa, il dover riportare la notizia per vincere attenzione con la descrizione di rapporti e dinamiche familiari come se fosse una maratona; di mercificazione della sofferenza ma di puntare un faro su una donna con una mandibola rotta per un piatto di pasta non gradito, su figlie traumatizzate.