Pietro Romano, buon sangue non mente

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Figlio di due cantanti lirici, Pietro Romano sin da piccolo ha calcato il palcoscenico, diventando il vero simbolo della comicità capitolina
di Paola Stefanucci

Risate imperiali per la chiusura di questa stagione al Tirso de Molina, prestigiosa ribalta teatrale della Città Eterna, dove fino a domenica prossima, 28 maggio, è in scena “Nerone Superstar” di e per la regìa di Roberto D’Alessandro. Nel ruolo del leggendario Imperatore: Pietro Romano, autentico campione della comicità capitolina che nella sua carriera ha, tra l’altro, condiviso il palcoscenico con Alfiero Alfieri, un mito del popolo quirite.

Non solo vernacolo: l’attore, nato a Roma, classe 1974, figlio d’arte – padre tenore e madre soprano – ha espresso ed esprime il suo versatile talento anche nella commedia musicale, in fiction televisive e nella conduzione di programmi radiofonici. E, persino, in innumerevoli e memorabili réclame catodiche per Alpitour, McDonald’s, Intesa San Paolo, Esso, Barilla, Perlana, Telecom, My best, solo per citarne alcune.

Abbiamo voluto intervistare questo probo professionista dell’intrattenimento.

Pietro, è vero che da bambino sognava di  fare da grande il poliziotto, come il suo genitore prima che scegliesse di fare il cantante e comprimario a tempo pieno?

Sì, sognavo di più! Per me significava aspirare a diventare una specie di supereroe: credevo bastasse a salvare il mondo!

Lei ha 43 anni, ma ha già un curriculum chilometrico per la sua età. A quando risale il suo esordio nel mondo dello spettacolo?

Molto presto: al 1985. Al Teatro dell’Opera nel ruolo di uno scugnizzo in “Cavalleria rusticana”.

Un maestro al quale è particolarmente riconoscente?

Ce n’è più di uno di Maestro che sento di ringraziare: Pietro Garinei per avermi fatto innamorare della commedia musicale; Giuseppe Patroni Griffi per avermi diretto in un meraviglioso allestimento di “Cyrano de Bergerac” (che vedeva come protagonista Sebastiano Lo Monaco) ed insegnato la bellezza nella cura dei dettagli; Gino Landi per avermi dato l’onore di scegliermi per uno straordinario spettacolo “Giochiamo all’Operetta”, un racconto cantato, ballato e recitato dedicato al mondo dell’operetta, appunto; ed anche per avermi diretto ne “Il Conte Tacchia”, andato in scena al Teatro Brancaccio nel 2015 (io interpretavo il simpatico conte e Maurizio Mattioli, un principe squattrinato).

Possiamo senz’altro definirla “attore senza confini” ma qual è, a suo parere, il genere a lei più congeniale?

Senza dubbio il comico. Se fai ridere hai una risposta immediata da parte del pubblico (una risata non si può pilotare, un applauso sì) ed io amo sentire la gente ridere.

E il ruolo che le ha regalato la popolarità?

Ne citerei due: “Il Marchese del Grillo” e “Il Conte Tacchia”.

Al Tirso sta recitando nella commedia “Nerone Superstar” nel doppio ruolo del protagonista e del suo gemello (personaggio immaginario). Abbiamo apprezzato la sua sorprendente  bravura ed energia: come fa?  

Questione d’amore, di passione, oso dire di talento, per il quale non si hanno meriti particolari, e tanto, tanto studio.

Di quanti dialetti  è “padrone”?

Si è padroni solo del dialetto della terra natìa per il resto parlerei di sonorità, mi trovo maggiormente a mio agio con i suoni del Sud, ma mi fanno simpatia anche le melodie del Nord. Ogni regione italiana ha un suo spartito e a me piace assumerne i suoni.

Il suo volto è noto a milioni di telespettatori per la partecipazione ad alcune fiction ma soprattutto per alcune pubblicità di successo: la più recente quella di Lottomatica con Francesco Totti. Com’è il Capitano “fuori campo”?

Francesco è una persona straordinaria, un fuoriclasse. Oltre ad essere un eccellente professionista, è estremamente simpatico. È sempre un piacere, oltre che un onore, lavorare con lui.

In proposito, lei è tifoso? E di quale squadra? 

Sono un tifoso non tifoso, seguo e non seguo, mi informo se la mia squadra ha giocato bene oppure no, ma non capisco nulla di fuorigioco, punizioni.  Di quale squadra? Il mio cognome contiene buona parte della risposta: Roma-no. Della Roma, naturalmente!

Infine, una curiosità: perché non ha percorso la strada della lirica, come i suoi genitori?

Amo e rispetto moltissimo la lirica, ma è un mondo nel quale si lavora composti, impeccabili, con un aplomb perfetto: io credo fermamente nella perfezione delle mie messe in scena, ma ho anche estremo bisogno di ridere e, soprattutto, di far ridere.