MOVIDA, L’ULTIMO CAPRO ESPIATORIO

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DOPO IL CANARO E IL RUNNER, È IL NUOVO BERSAGLIO MOBILE DEL TERRORISMO MEDIATICO ANCHE QUANDO NON ESISTE COME NEL CASO DI LADISPOLI.

Parlare di movida a Ladispoli fa sorridere, come sostiene Fabio Picchioni, esperto di vita notturna, noto showman del territorio nonché inviato stampa al Festival di Sanremo. Nonostante sia la parola più usata nell’ultima settimana dalla stampa nazionale e locale, non si comprende come gli adolescenti su un muretto lungomare o davanti al locale cult del momento possa definirsi movida.

La città di Ladispoli non offre nulla ai giovani, neanche agli over 30, ormai da anni. Un fatto, non un’opinione. I ragazzi dai 17 anni in su per socializzare si riversano nei locali dove tra un aperitivo, una birra e un cocktail passano la serata. É l’unico modo per ritrovarsi, discriminante per chi 10 euro a sera non le può spendere. Per la fascia più svantaggiata c’è il bangladino dove acquistare un alcolico da gustare in una panchina di viale Italia o lungomare.

Associare la parola movida a Ladispoli non è corretto, perché non c’è, i ragazzi purtroppo devono accontentarsi di un muretto e di una birra. Viene impropriamente usata per definire la vita notturna delle città italiane nella Fase 2. In realtà il termine movida, diffusosi in Spagna negli anni Ottanta del ventesimo secolo, indica un fenomeno politico, sociale e culturale di grande importanza per i giovani dopo la fine del franchismo.

Perché si abusa del termine movida e cosa rappresenta?
Il naturale desiderio dei giovani di voler stare insieme disturba, oggi più che mai. Vuole essere il capro espiatorio di una situazione che terrorizza la massa e, la giustificazione dello Stato per reprimere il popolo. Sarà loro la responsabilità se torna il virus, se richiudono tutto: irresponsabili untori. E con loro i genitori che non li controllano! Questo è il pensiero collettivo e il messaggio selvaggio dei media nazionali.

É sempre più evidente l’attuazione di forme capillari di controllo della popolazione, meno comprensibile invece il meccanismo perverso in cui sono scivolati taluni cittadini il cui scopo di vita è divenuto spiare e denunciare. Offendere e aggredire in strada così come nei social chiunque non sia allineato, chiunque sia vivo. Annientati da una mascherina che copre il volto, il nuovo esercito dagli occhi vigili, non si accorge del velo che offusca loro la vista. Sono strumenti pericolosi, sono intorno a noi, in mezzo a noi, “quelli che ben pensano”.

I mezzi di informazione alimentano il teatrino con titoli ad hoc: “I ragazzi e gli assembramenti: il desiderio di socialità è più forte della paura del Covid-19”. «Movida, il sindaco Sala:”Niente più alcolici da asporto dopo le 19 a Milano”.«Movida, gli irriducibili: Sì, ci siamo abbracciati. Tanto il coronavirus colpisce gli anziani». Titoli terroristici che rafforzano la tensione, innescano reazioni, e rappresentano l’alibi perfetto per sguinzagliare la psicopolizia anti-movida ( i così detti assistenti civici promossi dal Ministro Boccia) e gli scatti fotografici dai balconi inviati ai sindaci dai cittadini diversamente giovani, che reclamano il coprifuoco in città.

Gli adolescenti sono stati messi agli arresti domiciliari proprio in una fase della vita che per definizione deve stare “nel fuori”, vivere di esplorazione e di relazione. Quale insegnamento possono trarre dall’odio che è stato scatenato nei loro confronti? L’esperimento sociale di cui sono cavie e vittime, è per loro la vera sfida da affrontare, non certo il virus.

L’appello di un gruppetto di medici sui social contro la movida, con la provocazione dei rianimatori “Io non curo i cretini” completa il quadro di un tempo in cui la movida nel weekend sembra essere l’unico fenomeno da combattere. Un fenomeno sconfessato dal numero molto basso dei multati, a fronte di decine di migliaia di controlli effettuati nello
scorso fine settimana. Il che conferma che il popolo italiano è molto disciplinato a differenza di come viene dipinto dai mass media e dai rappresentanti delle istituzione.

di Barbara Pignataro