La fobia scolastica e l’agorafobia 1°parte

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Riccardo Coco
Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Agorafobia fobia scolastica

Tratterò questi argomenti riportando ciò che su di essi ha scritto John Bowlby (1907-1990), noto psicoanalista e cognitivista britannico. Secondo Bowlby queste due sindromi, la fobia scolastica e l’agorafobia, sarebbero espressione di una profonda e precoce (instauratasi nei primi 12-16 mesi) angoscia di separazione dalla madre (oggi diremmo dalla figura di attaccamento, che spesso, ma non esclusivamente, è la madre).

Angoscia data dal non essere certi della disponibilità della madre a porsi come “base sicura”; pronta ad offrire protezione e rassicurazione in caso di pericolo: stili di interazione familiare in cui la madre rifiuti il bisogno di conforto, oppure sia imprevedibile nella risposta a questo bisogno o utilizzi minacce, come quella di abbandonare il bambino, o non farsi trovare al suo ritorno, o di suicidarsi, portano a percepire lo stare lontano dalla propria figura di attaccamento come il massimo del rischio per la propria sopravvivenza e portano ad elaborare le informazioni relative a certi luoghi o cose in termini di pericolo, al punto da averne terrore (la fobia) ed evitarli in maniera automatica.

Bowlby descrive come siano rintracciabili in entrambe le sindromi stili familiari simili, con genitori eccessivamente ansiosi e preoccupati per il figlio e il suo rifiuto di uscire. Famiglie caratterizzate da rapporti eccessivamente stretti fino al soffocamento e pur tuttavia emotivamente ambivalenti e discontinui nella capacità di offrire sostegno emotivo continuo e coerente al bambino. In particolare Bowlby individua 4 modelli di interazione familiare che tipicamente si riscontrerebbero in queste famiglie in cui i figli mostrano queste due sindromi.

Modello A: la madre (oggi diremmo il caregiver principale, madre, padre o altri che assolvano questa funzione) soffre di angoscia cronica per ciò che concerne le proprie figure di attaccamento e trattiene il figlio a casa perché gli faccia compagnia. C’è in questo caso un’evidente inversione dei ruoli di accudimento ed il bambino viene investito del compito di prendersi cura del genitore. Il percorso che porta alla fobia inizia, in questi casi, con una lieve indisposizione fisica del bambino, la quale viene considerata dalla madre più grave di quanto non sia. Lei si sente così “autorizzata” a tenerlo a casa a lungo per la sua convalescenza e gli propone un’immagine di se stesso come di persona non adatta alle difficoltà del mondo scolastico e bisognoso di cure (viene enfatizzata la scortesia degli insegnanti, la cattiveria dei compagni).

I genitori di questo modello, già quando accompagnano il figlio a scuola hanno molta difficoltà a lasciarlo e si comportano in modo ansioso rispetto a ciò che può accadere a scuola, cercano inoltre di farlo sentire in colpa quando si trova bene con i compagni e si diverte con loro, lontano da casa. Per lo più dichiarano di voler sempre proteggere il figlio dalle cattiverie del mondo, mentre di fatto lo caricano delle loro preoccupazioni personali o matrimoniali, ne cercano il sostegno e fanno continui tentativi di essere accuditi e consolati dal lui. In altri termini si instaura un’inversione dei ruoli nella diade, in cui il figlio prende il posto del genitore o del coniuge. Questo ribaltamento dei ruoli è però di regole camuffato. La madre sostiene infatti che sia il figlio a essere molto debole e ad avere bisogno di cure.

Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta

Psicoterapie individuali, di coppia e familiari

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