INTERVISTA A MARCELLO CIRILLO

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VOGLIO ‘FA L’AMERICANO!

di Mara Fux

Voce tra le più amate delle trasmissioni cult di mamma Rai, Marcello Cirillo, autentico re della tastiera, saluta il suo pubblico televisivo per dedicarsi ad un progetto teatrale internazionale.

Come è andata questa prima stagione di ripresa musicale?

È stata un’estate molto attiva, il pubblico evidentemente non ne poteva più di quanto passato con la Pandemia  e ha mostrato una partecipazione che non ricordavo esserci da anni, nel senso che anche prima assisteva ai concerti,ma la sua era una partecipazione distratta, sembrava stessero lì tanto per esserci; invece, quella di oggi, è una partecipazione consapevole.

Che ci dici della Bottega del Suono, la scuola di musica che hai a Formello: che tipo di ragazzi si iscrivono ai tuoi corsi?

Dopo tanti anni d’esperienza sono giunto a dividerli in tre gruppi: quelli che vogliono solo divertirsi per cui si iscrivono senza un fine ben preciso, tranne che hanno capito che la musica rende migliori e apre mondi infiniti allo spirito e, detto fra noi, questi sono quelli che preferisco; poi ci sono quelli che vengono costretti ad iscriversi da uno dei famigliari, il più delle volte qualcuno cui è stato negato questo privilegio e si rifà sul proprio figlio; in ultimo ci sono quelli che vorrebbero fare della musica un lavoro e questi sono quelli che mi fanno più paura, perché io li sento come figli e come tali davanti alle loro domande tremo.

Perché ovviamente ambiscono al successo. Esatto, puntano al successo senza capire che per vivere di musica non devi per forza diventare Pavarotti, puoi essere semplicemente un bravo corista di fila. La musica è un mestiere. Barnard è un’eccellenza ma decine di medici ospedalieri ogni giorno salvano vite.

E tu a che puntavi?

Non pensavo al successo ma a vivere di musica, volevo assicurarmi uno stipendio che mi permettesse di fare, poi, la musica che volevo io.

Dici che i ragazzi di oggi non la pensano così?

Ma figurati! I ragazzi oggi cercano il successo senza capirne la costruzione  né conoscerne prezzo e fatica; quel loro affannarsi per emergere ad ogni costo non serve a niente, è un apparire sterile ben diverso dal successo ma loro, fuorviati dai social, credono che mettere una foto con il culetto di fuori e contare le visualizzazioni sia successo,mentre si tratta solo dell’esibizione di se stessi.

Riesci a trasmetterlo ai tuoi allievi?

Con molta fatica, giustamente si chiedono “perché devo fare solfeggio per ore per non diventare nessuno e invece quello…” e allora devi essere tu a fargli capire che quello cui sta assistendo e che sta chiamando successo, in realtà è un incidente di percorso, non è successo.

Quando sei sulla strada del successo?

Quando prendi le porte sbattute in faccia per un’occasione per dare di più; quando trasformi i NO in un’occasione per temprarti.

Qual è stata la prima porta che ti ha temprato?

Avevo 16 anni, suonavo e cantavo a Pugnochiuso e per un capriccio mi sono fatto licenziare; per me è stata una cosa amara, una vera e propria sconfitta, il mio sogno era andato in frantumi distrutto da me stesso, ma ne sono uscito capendo quanto il lavoro debba esser rispettato.

E questo lo racconti loro?

Certo bisogna dirglielo avvicinandosi al loro linguaggio. Ti ricordi Venditti? Mio padre una montagna troppo alta da scalare; bisogna rapportarsi ai giovani con il loro linguaggio superando le distanze siderali che si creano tra le generazioni.

Immagino sia per questo che con Demo Morselli hai rimesso mano a ‘O Sarracino.

Esatto! Renato Carosone ha scritto la canzone nel ’58 ma, se vedi il nostro video su youtube, ti accorgi subito come sia attuale; questo ovviamente anche grazie a Demo, che la pensa esattamente come me rispetto a come rivolgersi ai giovani e che, davanti alla mia idea di portare al cuore dei ragazzi un brano appartenente alla tradizione, ha subito aderito elaborandolo e registrandolo subito con la sua orchestra.

Dici che a Carosone sarebbe piaciuto?

Carosone era uno molto avanti, io lo conobbi all’epoca del Fantastico di Pippo Baudo e, sentendomi suonare, disse amabilmente che avevamo lo stesso gruppo sanguigno. Si penso che la nostra rielaborazione gli piacerebbe!

Che ne pensi della musica di oggi?

Quello che penserebbe un cinese che, sbarcato a Roma, girasse tra i canali della radio alla ricerca di qualcosa da ascoltare: è tutta uguale e manca di melodia, che è invece quella che ha reso grande la nostra musica di tradizione.

Mi par di capire che ‘O Sarracino sia solo l’inizio…

Hai capito benissimo! ‘O Sarracino è l’elemento di partenza di un progetto più ampio dal titolo “Tu vo’ fa’ l’Americano” in omaggio a quegli italiani che sono partiti e che hanno fatto grande l’America con la loro voce; ma non solo quelli del passato, parliamo anche di nomi come Lady Gaga e Madonna. Ci sarà un’orchestra e un corpo di ballo: sarà uno spettacolo imponente prodotto da Nicodemo Scialanga della ClodioManagement e firmato da Massimo Cinque il quale correderà ogni sezione con video tratti dalle Teche Rai e dall’Istituto Luce. Un omaggio al nostro Paese in un linguaggio musicale moderno.