È quanto emerso nell’incontro “In dialogo con la campagna” a San Martino. Il monsignore “bacchetta” la classe politica.
Un segnale molto importante quello lanciato dal monsignor Gianrico Ruzza. È vero che l’incontro “In dialogo con la campagna-Nel futuro dei giovani. Sostenibilità ambientale, sociale ed economica” era stato già messo in agenda da diverso tempo nella bella chiesa di Borgo San Martino, ma è anche vero che l’appuntamento è arrivato nel periodo clou considerate le proteste degli agricoltori. E così quale migliore occasione per parlare dell’argomento anche con il vescovo Civitavecchia-Tarquinia e Porto Santa Rufina?
Un commento intanto sull’attuale momento difficile che stanno vivendo gli stessi imprenditori. «Personalmente – afferma monsignor Ruzza – penso che nell’agricoltura ci siano dei grandi buchi da parte delle autorità pubbliche, nel senso che non c’è la sufficiente attenzione e ascolto alle sofferenze, disagi, esigenze dei lavoratori dell’agricoltura e questo è un danno, oltre che economico per loro, un danno sociale, culturale e politico per questo Paese. Quindi mi prendo la responsabilità di fare qualcosa per ascoltare il grido degli agricoltori, i loro bisogni e provare a dire, anche in pubblico, che dobbiamo dare un’attenzione diversa a questo mondo». Parole non scontate da parte di un vescovo di un territorio molto importante.
E arriva anche una proposta concreta. «Per l’agricoltura – spiega il vescovo Ruzza – ormai c’è l’idea di promuovere una tappa all’anno. Mi piacerebbe pensare alla costituzione di un Osservatorio agricolo dove i referenti del comparto agricolo presentino le loro istanze e magari noi cercheremo di raccordarci con le istituzioni pubbliche per quello che si può. Che possono essere i comuni o le regioni. Ci stiamo lavorando. Non è semplicissimo ma l’impegno c’è». Un’idea in un momento in cui la categoria sta soffrendo molto e, nello stesso tempo, reagendo con iniziative di protesta plateali. «Non li ho ancora incontrati gli agricoltori – risponde il vescovo – ma ovviamente non ho alcuna difficoltà a farlo. Questo incontro è valido anche per loro».
Il presidio fisso degli agricoltori è nato sulla via Aurelia a Torrimpietra lo scorso 5 febbraio. Da quel giorno è cresciuto sempre di più e ha radunato centinaia di contadini arrivati sulla statale con i loro trattori. Alcuni referenti del presidio sono intervenuti nella chiesa in attesa che il vescovo possa far visita loro nel presidio. A Borgo San Martino erano presenti anche le istituzioni cerveterane, in particolar modo il sindaco, Elena Gubetti e l’assessore all’Agricoltura, Riccardo Ferri, poi l’Arsial e anche la Coldiretti ormai inserita nella “lista nera” dagli stessi agricoltori al pari dell’Unione Europea e ormai del Governo.
Tornando all’iniziativa in chiesa, è frutto dei tre anni di incontri promossi dall’Ufficio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro nell’ambito del Cammino sinodale della Chiese in Italia, è stato l’avvio dell’Osservatorio Agricolo Portuense (OAP), voluto dal vescovo Ruzza per consolidare relazioni e percorsi comuni. «Mentre le aziende agricole calano di numero e quelle più piccole si affannano per reggere – dichiara l’Osservatorio –, è impegnativo assicurare la prospettiva di un futuro per i giovani in questo essenziale settore economico, chiamato a preservare il legame decisivo tra l’uomo e la natura anche nell’origine dei nostri cibi. Va inoltre considerato il contesto: i trattori che abbiamo visto con i nostri occhi o nelle immagini dei media, nelle città italiane e a Bruxelles, e anche in diocesi sull’Aurelia, sono la manifestazione più nota, ma forse sono solo la punta dell’iceberg di situazioni sempre più insostenibili».
Torrimpietra. A breve sulla statale potrebbero arrivare anche i trattori dalla Nomentana e quello Aurelia diventerebbe il principale presidio del Lazio. «Non c’è garanzia riguardo al rapporto tra produzione e vendita – spiega Gianfranco Fioravanti, agricoltore ladispolano – occorrerebbe rivedere le agevolazioni sui carburanti ma anche il controllo delle merci importate. D’accordo la libera concorrenza ma in questo modo si vanificano gli sforzi sulla qualità dei beni di nostra produzione». Una polemica tira l’altra. «Le nostre richieste le abbiamo avanzate – afferma Roberto Seri, agricoltore dei Monteroni di Ladispoli – a cominciare dalla garanzia del costo di vendita. Faccio un esempio: se il latte costa 59 centesimi al litro per produrlo, non si può vendere al consumatore a 51 centesimi».