COMPRIAMO PRODOTTI ESTERI.
Sulla scia delle manifestazioni tedesche e francesi è esplosa anche da noi la “Protesta dei trattori”: gli agricoltori si scagliano contro le politiche agricole europee.
Tra le tante cose si chiede la tutela del Made in Italy di un settore colpito da una crisi profonda. Pochi giorni fa una rappresentanza di agricoltori di Ladispoli, Cerveteri, Fiumicino e Anguillara si è radunata a Torrimpietra.
Sui social unanime si è scatenata la solidarietà per tutta la categoria. Tra l’altro si legge: “Siamo con voi!”, “Continuate così”, “No ai prodotti esteri!”. Tutte belle parole, ma poi? Alla resa dei conti? In Italia una buona quantità di prodotti alimentari provenienti dall’estero.
Stando a quanto affermano le rilevazioni annuali dei movimenti import/export, sono tanti i paesi da dove l’Italia si procura determinate materie prime per trasformale o servirle alla sua popolazione. Francia, Germania, Canada, ma anche Ucraina, Brasile e Slovenia sono i paesi da cui attingiamo di più.
I prodotti alimentari più importati dalle aziende tricolore sono le carni e i salumi, la pasta, Il pesce, il grano, l’olio, la frutta e gli ortaggi. La ragione alla base di questa dipendenza alimentare dall’estero si regge soprattutto su un fattore: l’abbattimento dei costi. E infatti buona parte di noi compra più in base al prezzo che alla provenienza o alla qualità: la cosiddetta “spesa intelligente” o presunta tale.
Ci siamo recati ad uno dei più grandi supermercati di Ladispoli e abbiamo chiesto la provenienza del pane.
La risposta è stata: “Ci arrivano panetti preconfezionati dall’Ucraina”. Spesso sull’etichetta della pasta e su vari prodotti da forno si legge Agricoltura NON UE. In effetti il grano estero rispetto al grano italiano costa meno, nonostante a volte arrivi da oltreoceano. Anche per l’olio stesso discorso: quello tunisino, ad esempio, costa di meno.
In un altro supermercato di Ladispoli abbiamo trovato limoni spagnoli con buccia non edibile (perché evidentemente trattata), come se non esistessero limoni italiani. Ci siamo informati sui costi delle farine “convenzionali estere” e abbiamo scoperto che vengono vendute dai grossisti a 70-80 centesimi al kg.
Prima della guerra anche a meno. Infatti spesso si trovava al supermercato un pacco di farina da 1 kg anche a 50 centesimi. Alcuni mesi fa a Ladispoli è stata pubblicizzata la vendita dei prodotti di Libera Terra, le cooperative sociali che gestiscono terreni e strutture confiscati alle mafie in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania.
Un motivo in più per scegliere un prodotto italiano. Dopo poco la vendita è stata sospesa per scarso interesse da parte dei consumatori. Nonostante l’eccellente rapporto qualità/prezzo e nonostante la presenza sul territorio di un gruppo locale di Libera Terra.
Ma perché? Come mai regna questa ipocrisia che a parole ci fa parteggiare per una categoria e poi, per risparmiare pochi spiccioli, ci fa comprare i prodotti a basso costo della concorrenza estera? Sia chiaro: la responsabilità di questa situazione al collasso è in gran parte dovuta ai nostri governanti e alle loro politiche alimentari scellerate, ma noi nel nostro piccolo possiamo fare la nostra parte: scegliamo i prodotti italiani, scegliamo la qualità.
Non ce ne rendiamo conto, ma la spesa è una vera e propria arma. Attraverso la spesa scegliamo il mondo in cui vogliamo vivere.
di alfonso Lustrino