Convento dell’Immacolata di Santa Severa: il NO a procedere

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Il Comitato di Salvaguardia del Convento della Immacolata, intima lo stop alla operazione di compravendita.

Il Comitato, mette a conoscenza le autorità ecclesiastiche e la società acquirente che l’operazione per il diritto canonico non è lineare. Occorre una decisione definitiva del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Il Comitato per la Salvaguardia della Chiesa, del Convento e del Parco della Immacolata di Santa Severa in una lettera inviata al Ministro provinciale dei Frati minori conventuali della Curia generalizia, al Ministro provinciale dei Frati minori conventuali della Curia provinciale e per conoscenza al cardinale João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, all’amministratore apostolico della diocesi di Porto-​Santa Rufina , S.E. mons. Gianrico Ruzza, vescovo di Civitavecchia-Tarquinia e alla società LILIUM MARIS S.R.L.; ha portato a conoscenza le autorità ecclesiastiche e la società acquirente di molteplici criticità relative al proposito di vendere gli edifici e il terreno pertinente, attraverso una Remonstratio ex can. 1734. Sussistendo tali criticità, esse impongono un immediato abbandono di questo proposito. Tali criticità riguardano nell’ordine:

1- La supposta usucapione di parte del terreno oggetto del contratto preliminare che, ai sensi del diritto canonico la progettata vendita del terreno in questione sarebbe una vendita a non domino, illecita per il diritto della Chiesa e potenzialmente foriera di scandalo in un’epoca, com’è la nostra, in cui si presta la più grande attenzione – anche da parte dei media – alla correttezza della gestione economica degli enti ecclesiastici.

2- La riduzione ad uso profano della chiesa/oratorio del convento: A ciò bisogna aggiungere i problemi riguardanti la riduzione ad uso profano della chiesa del convento. L’edificio di cui si tratta è deputato da decenni al culto divino, non per uso interno della comunità, ma a beneficio dell’intera collettività, con la celebrazione di messe pubbliche.  È noto che per procedere alla vendita e alla demolizione di una chiesa è necessaria la pronuncia di un decreto di riduzione ad uso profano: si tratterebbe altrimenti di una riduzione ad uso profano de facto, di per sé illecita.

Nel caso di specie, non risulta che l’Ordine abbia in alcun modo cercato di trovare altre vie per raccogliere i fondi necessari a ristrutturare l’edificio; sembra al contrario che – in maniera molto poco francescana – sia stata scelta semplicemente la via per massimizzare i profitti, senza fare alcuno sforzo per conservare la chiesa, rifiutando le offerte (di ammontare considerevole, ma comunque inferiori rispetto a quella fatte pervenire dal soggetto privato interessato alla lottizzazione dell’area) che la locale diocesi presenta da tempo per acquisire il complesso e conservarlo nella sua funzione spirituale. Di tutta questa vicenda è dato tra l’altro conto anche in una recente lettera che il cardinal Ravasi ha inviato in data 1 giugno 2021 a uno dei ricorrenti a nome del Pontificio Consiglio della Cultura, in cui è possibile leggere: «Il vescovo emerito Mons. Gino Reali invano avrebbe cercato di acquisire il complesso per dargli una destinazione più consona al valore spirituale attribuito al luogo, ma purtroppo la Diocesi non è stata in grado di far fronte alla cifra richiesta. In ogni caso, l’Amministratore Apostolico, mons. Gianrico Ruzza, si è detto disposto a intervenire fattivamente, anche se reputa improbabile che possa verificarsi un ripensamento».

Alla luce anche di queste vicende, risulta che la decisione di ridurre ad uso profano la chiesa è chiaramente illegittima, perché presa in aperta violazione del principio fondamentale della materia de Ecclesiae munere sanctificandi, espresso anche nelle già citate Procedural Guidelines, secondo cui i luoghi al culto divino devono conservare il loro carattere sacro ogni volta che ciò sia possibile.

Alla luce di quanto detto, si procede pertanto fin da subito a diffidare la società parte contraente del contratto preliminare, invitandola a desistere dall’intento di sottrarre illegalmente l’edificio all’esercizio del culto pubblico, fino a quando non intervenga sul caso una decisione definitiva del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Daniele Crespi in qualità di Presidente per conto del Comitato per la Salvaguardia del Convento dell’Immacolata di Santa Severa