CHIESA DEL GESU’: IL CORRIDOIO VIVENTE DI ANDREA POZZO

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chiesa del gesù
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L’AUSTERITA’ DELLE STANZE DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA E LA MAGNIFICENZA DEL CORRIDOIO VIVONO IN CONTRASTO E ARMONIA DA SECOLI

In Piazza del Gesù, vicino Largo di Torre Argentina, sorge una delle Chiese più belle di Roma: la Chiesa del Gesù, la quale, da moltissimi anni, serba con estrema cura un’arte affascinante e una storia avvincente.

chiesa del gesùNel 1551 la pianta della Basilica è stata ideata e disegnata dall’architetto italiano Nanni di Baccio Bigio (sinonimo di Giovanni Lippi, 1512-1568), su commissione di Sant’Ignazio di Loyola (1491, Spagna-1556, Roma), per la Compagnia di Gesù e disegnata di nuovo da Michelangelo nel 1554. Tuttavia, nulla è stato mai realizzato e i progetti sono sempre rimasti solo un’idea, fino a quando, nel 1561, il Cardinale Alessandro Farnese (1520-1589) fornisce un finanziamento, commissionando l’ideazione della Chiesa a Jacopo Barozzi (1507-1573), per la quale l’importante ed emblematico architetto del Tardo Rinascimento, conosciuto con il nome de “il Vignola”, si ispira al modello costituito dalla Basilica di Sant’Andrea di Mantova. La costruzione della prima Casa professa dei Gesuiti ha finalmente inizio nel 1568 e viene conclusa nel 1575, sotto la direzione di Giacomo Della Porta (1532-1602), in seguito alla morte del Barozzi. Realizzata in maniera magistrale secondo lo stile Rinascimentale e Barocco, tanto da coniare il termine “stile gesuitico”, si tratta della prima chiesa costruita nella Capitale completamente di sana pianta, in seguito al terribile Sacco di Roma (1527).

La Chiesa madre della Compagnia di Gesù (fondata del 1534) è, inoltre, il luogo di sepoltura del suo fondatore, Ignazio di Loyola, il quale ha vissuto gli ultimi anni della sua vita in alcune stanze, che si trovano immediatamente accanto alla Chiesa, attualmente visitabili accedendo all’interno di un edificio costruito, in seguito alla morte del Santo, con il preciso intento di proteggerle e custodirle: ancora oggi sono perfettamente conservate in ogni loro preziosa particolarità.

Attraversando i corridoi che conducono alle stanze si nota come essi siano decorati con pregiate incisioni, narranti la conversione di Sant’Ignazio, avvenuta all’età di 30 anni, quando era un valoroso cavaliere, a causa di un brusco incidente, in cui per poco non ha perduto la vita: nel 1521, quando l’esercito francese attacca Pamplona, Ignazio e i suoi compagni soldati al servizio dell’Armata Reale si barricano dietro una fortezza, ciononostante dei proiettili colpiscono le gambe di colui che sarebbe stato uno dei più importanti convertiti della storia cristiana e, costretto al riposo all’interno del suo castello di Loyola, per passare il tempo e in mancanza del suo genere di lettura preferito, quello cavalleresco, si dedica allo studio di libri riguardanti la Vita di Cristo e una raccolta medievale di biografie agiografiche (la Legenda Aurea, composta tra il 1260 e il 1298 in latino, da Jacopo da Varazze). Rimasto particolarmente colpito dalle vite dei Santi Francesco, Domenico e Onofrio, comincia ad avvertire una forte repulsione per la vita trascorsa fino a quel momento e, tra visioni mistiche, un pellegrinaggi e molto studio inizia la sua attività religiosa. Grazie a numerosi studi le incisioni sono state attribuite a Peter Paul Rubens (1577-1640).

chiesa del gesùUna casaccia che sembra una capanna”

(Principe Fabrizio Massimi descrive la casa nella quale hanno abitato i primi Gesuiti)

Salendo la scalinata ci troviamo di fronte al corridoio che precede le camere del Santo, all’interno delle quali è possibile vedere degli oggetti rinvenuti durante alcuni scavi e alcune foto dell’aspetto delle camerette prima del restauro.

Le stanze sono tre, arredate in maniera austera e modesta e conservano oggetti appartenuti a Sant’Ignazio: la prima utilizzata come sala d’attesa e, solamente in caso di ospiti, come sala da pranzo, la seconda dedicata alla preghiera e al riposo del Santo, che era solito guardare il cielo stellato durante la notte e versare delle lacrime, pensando alla desolante e avvilente povertà morale della Terra, la terza infine, nonché la più ampia, destinata alla cappella personale di Sant’Ignazio e, all’occorrenza, ad essere sala conferenze.

Interessante è notare l’apparenza estremamente umile e semplice delle stanze di piccolissime dimensioni, che fa da contrasto con quella che è una delle più grandi opere del gesuita architetto, pittore e teorico dell’arte Andrea Pozzo (1642-1709): gli affreschi del corridoio dedicati alla vita di Sant’Ignazio. Sulla parete destra sono raffigurate le immagini realizzate a tempera relative alla vita del Religioso (opera di Giacomo Cortese, 1667; fratello del Pozzo). Pochi anni dopo, il noto gesuita, decoratore del Barocco, affresca il resto del corridoio con disegni in prospettiva che narrano i miracoli attribuiti al Santo. Si tratta di un lavoro, in cui Andrea Pozzo è maestro: l’arte prospettica, che suscita nello spettatore il senso di profondità, il cui rilievo è percepibile ancora meglio posizionandosi sulla rosa centrale del pavimento, da cui si ha la chiara sensazione che le figure escano energiche dagli affreschi. La prospettiva è applicata perfino sul pavimento: puntando lo sguardo alla fine del corridoio sembra infatti che la superficie in marmo si prolunghi ulteriormente in profondità. Il visitatore non è solo nel suo movimento lungo il passaggio: i putti, anch’essi raffigurati in prospettiva, sporgenti dagli affreschi, sono realizzati in modo tale da fissare gli astanti, seguendo ogni loro movimento con i loro occhi vivaci.

Con la sua raffinata maestria e devozione Andrea Pozzo rende omaggio al suo Sant’Ignazio, creando, con la sua dinamica arte, un vero e proprio dialogo con lo spettatore rapito e incantato.

Flavia De Michetti