REDDITO DI CITTADINANZA E SUSSIDI DEL ’44 A CONFRONTO

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reddito di cittadinanza

Disoccupati o sfaccendati? Tutti i beneficiari di allora trovarono lavoro nel giro di un mese. Quelli attuali, a distanza di mesi, nisba!

di Angelo Alfani

Si dice che il mattino abbia l’oro in bocca. Chi potrebbe smentirlo se anche i saggi latini
sostenevano che :“Aurora aurum in ore habet”, che significa più o meno la stessa cosa.
Eppure, fatta l’alba sotto un crescente acquazzone, trovando rifugio nell’edicola della piazza, questa granitica certezza sulla veridicità dei proverbi subisce una decisa scossa. Sono infatti molti che usano il mattino per grattare la fortuna. Svariati sono quelli che “se grattano parte del reddito di cittadinanza”, come afferma l’onnipresente Marco Porcio Catone, noto Censore.

Nell’attesa che spiova per intraprendere la passeggiata mattutina, sopraggiunge una coppia: lui un bestione, lei grassoccia, che non gli arriva alle spalle. Si sgrullano l’acqua che li ha inzuppati come pulcini e richiedono un Tutto x tutto e un Miliardario maxi. “Eccheli lì, restituiscono allo Stato quanto lo Stato gli ha appena regalato” sentenzia l’accidioso Censore. Non passa infatti giorno che sui quotidiani si strilla al “parcheggiatore con invalidità e reddito di cittadinanza!”, alla “estetista in nero con reddito di cittadinanza!”, a “Idraulico, da cento euro a chiamata, percepiva reddito”.

Per quanto discutibile sia questo provvedimento, ritengo pessima la polemica sui fannulloni in eterna vacanza, o sui divanisti a spese di chi se la suda la vita. Una legge va giudicata per i risultati che ottiene non perché gli italiani tengono la paraculaggine nel trovare la strada per raggirare. Purtroppo, a mesi di distanza, mi pare di poter affermare che posti di lavoro per i redditieri di cittadinanza “Nisba!” A Cerveteri sono circa settecento i redditieri, con contributi che variano, a secondo dei casi specifici, fino a raggiungere un tetto di seicento euro. Seicento che ricaricano la carta reddito il ventisette di ogni mese: giorno dell’amato San Paganino, per chi gioca ancora a tombola.

A mo’ di confronto riporto alcune note dell’anno 1.944 e 1.947/48 relative al “Registro dei disoccupati ammessi al sussidio” nel comune di Cerveteri. Per l’ambiguo e terribile quarantaquattro il numero totale delle persone raggiunse le ventisette unità con un media di giornate sussidiate di centottanta. Il totale del sussidio concesso va da un minimo di 990 lire ad un massimo di 2.520 lire per una famiglia, salita da poco in collina dal profondo sud, con sette figli. La concessione, semestrale, termina in periodi diversi dell’anno, fino ad arrivare, per una decina di cervetrani, a fine agosto. Per nove di loro viene interrotta l’erogazione il 1 aprile in quanto, come riporta ad inchiostro da pennino l’estensore delle note: “non ha risposto alla chiamata di lavoro delle forze armate tedesche e quindi deve ritenersi volontariamente disoccupato”. Un bel pesce d’aprile da parte dei camerati germanici, e la certezza per i cervetrani che gli alleati stavano a due passi dalla Madonna dei Canneti.

Per la cronaca uno solamente, tra i cervetrani in disoccupazione, accetta di lavorare per l’armata del fuhrer. Per gli anni quarantasette / quarantotto i cervetrani sotto sussidio raggiungono la cifra di quarantatré. Le giornate sussidiate scendono drasticamente attestandosi su una media di settantatré. Alcuni trovano lavoro in due giorni, altri in meno di un mese, la maggior parte comunque riceve in tempi ragionevoli opportunità lavorativa. Le prime donne in sussidio si riscontrano a partire dal 22 ottobre del 1950 con una cifra elargita inferiore rispetto a quella maschile: 40.860 contro 68.875 lire. Giove, meno arrabbiato con Giunone, nel frattempo ha sostituito ai goccioloni una pioggerellina leggera che mi permette di sgambettare lungo la via del Lavatore. Fatta una sosta da Osvaldo che, intento a sbarbarsi, mi avvisa che “Ci sta una umidità che t’ammazza”, ho proseguito il cammino fino al Pellaro. L’umidità, resa ancora più pesante da un fittume di canne che rendendo ancor più angusto il sentiero, ti fa scrocchiare le ossa. Un forte rumore mi ha spinto a scendere su un ponticello improvvisato, realizzato con bandoni di lamiera, che unisce gli argini del fosso del Manganello. Il colore marrone dell’impetuoso flusso dava l’idea precisa di quanta acqua Giove avesse distribuito sui colli nelle ultime settimane. “Ognuno- mi sono detto – ha la piena che si merita”.