Poseidonia: il tesoro sommerso del litorale laziale

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Regione Lazio – Un nuovo turismo per il litorale Nord“. Armando Montanari presenta l’economia del mare.

La poseidonia è una barriera soffolta e antierosione che  si sviluppa sul fondale sabbioso ad una profondità variabile tra 1 m e 35 metri. Parliamo di un prezioso elemento presente in natura con Armando Montanari. Docente di Geografia del Turismo, Sapienza Università di Roma. Autore del libro Regione Lazio – Un nuovo turismo per il litorale Nord. Montanari si è unito al pool di esperti presenti a Cerveteri con il progetto Task Force Attività Produttive. Iniziativa nata a sostegno delle imprese locali dove contribuisce come esperto del territorio. Le Reti di Impresa come volano di crescita dell’economia del mare.

poseidoniaArmando, qual’è il suo ruolo nella squadra? Come Sapienza, ho partecipato a molti progetti europei inerenti questa zona, in alcuni dei quali ho coinvolto le imprese, le associazioni, le amministrazioni locali. Tra le collaborazioni, la più significativa e ben strutturata, è stata quella con Massimo Castellano, di Borghi Marinari di Roma.

 

Altro componente della task force etrusca. Si, con Castellano abbiamo creato una Rete di Impresa, che ritengo sia la chiave per risolvere i problemi di queste zone. Un territorio quello di Cerveteri, dove le imprese sono piccole, anzi per lo più micro imprese che hanno bisogno di farsi forza tra loro. É nata una Startup di Sapienza che mi permette di portare i risutati delle attività svolte a livello universitario sul territorio.

Come si chiama la Startup? SaraEnviMob s.r.l. Una Startup innovativa, il cui nome ha una storia interessante. La racconta ai lettori? Sara è il mais. Abbiamo lavorato in Sudamerica, da dove ha origine il mais, gli Indios lo chiamano Sara, quel mais che ancora loro coltivano, non è giallo come il nostro, ma è pieno di colori. Quello è il mais originale, noi lo raffiniamo per motivi commerciali. Ogni colore porta particolari sostanza, per noi è un simbolo perchè siamo l’insieme di varie discipline: botanici, biologi, nel mio caso sono esperto di turismo, sopratutto di mobilità umana. La seconda parte del nome EnviMob  deriva da ambiente e human mobility.

Cosa intende per mobilità umana? Dall’immigrazione al turismo. La mobilità umana si porta dietro una mobilità finanziaria, anche la mobilità dei patogeni: il virus è mobilità umana! Un altro esempio è la Xhylella in Puglia, altro risultato della mobilità umana. Sarei felice però in questa occasione di parlare della poseidonia, un’altro progetto attuale.

Ricordiamo cos’è la poseidonia. É una pianta presente nel Mar Mediterraneo, tra Palo Laziale e Montalto di Castro il fondale ne è ricco. Una struttura vegetale di vitale importanza in quanto, come tutte le piante, produce ossigeno. La poseidonia va protetta. Non ce ne accorgiamo ma produce tanto ossigeno quanto una foresta.

Da cosa o da chi va protetta? Oggi purtroppo è in via d’estinzione a causa del traffico marittimo e degli ancoraggi delle barche. La sua estinzione provoca la riduzione della spiaggia, il suo ruolo è molto importante per la protezione dell’ecosistema marino, inoltre funge da scudo per i piccoli animali del mare. La pesca a strascico, gli spari in acqua provenienti dalla vicina base militare di Furbara, il turismo intenso, lo scarico dei prodotti tossici in amre.

Le foglie appassite sono i resti che troviamo in spiaggia in inverno dopo una mareggiata? Si, così come nella foresta cadono le foglie dagli alberi, così cadono quelle della poseidonia. Io sono nato in queste zone e ho molta familiarità con la pianta, è vero che quando sono fresche producono degli insetti, sono vive! Mi danno più fastidio i mozziconi di sigarette, le cartacce o le batterie che galleggiano in acqua o il mare riporta a riva, che le piante.

La distruggiamo senza essere consapevoli del valore L’uomo è un responsabile ma non il solo. Sono attaccate anche dalle specie aliene: le alghe. Vengono da più direzioni. Una dal Canale di Suez dal momento che abbiamo aperto i porti le alghe si sono attaccate alle navi e piano piano distribuite sul Mediterraneo. Va ricordato che la poseidonia non esiste nel mondo, esiste solo nel Mediterraneo e non in tutto, solo in alcune zone.

In questo territorio siamo dunque fortunati? Molto, nel mio libro una planimetria indica tutte le zone ove è presente. Ho raccontato ai sindaci di Cerveteri e Ladispoli che loro in questo tratto costiero hanno un patrimonio più grande dei loro comuni rappresentato appunto dalla preziosa pianta. Una fascia che parte dal Castello Odescalchi ( a Fiumicino non c’è) e continua fino al confine con la Toscana. Questa zona è stata identificata dall’Ue, inserita sotto Natura 2000. Rappresenta un sito di interesse comunitario (SIC).

Cosa si sta facendo per proteggerla? Abbiamo intanto iniziato a sollecitare interesse e conoscenza del territorio alle autorità preposte. C’è bisogno di studiare, la zona è stata identificata finalmente anche dalla Regione Lazio, il passo successivo ancora non c’è stato. É questo il mio obiettivo. Il mio ruolo in questo progetto di rilancio dell’economia del territorio: ormai ne parlo con tutti i sindaci della zona che ignorano la preziosa risorsa.

Qual’è il nesso tra la tutela dell’ambiente e la ripresa dell’economia locale? La poseidonia non vota ma produce molto. Parlando con i pescatori ti dicono che in queste acque non si pesca più come una volta, la poseidonia è depauperata. La pianta ha varie funzioni: alcune specie, come i ricci, che rubano d’inverno, la mangiano. Una volta, il riccio migliore si sceglieva frugando tra la poseidonia.

Si mangiano ancora i ricci? Non come prima, non solo non si trovano più ma ora mangiandoli c’è il rischio di contrarre infezioni. Valgono 1 euro a pezzo, vengono portati sopratutto in Puglia, dove c’è grande richiesta. Venirli a prendere in grandi quantità è la fine. Una cosa importante è che molte specie di pesci va a nidificare nella poseidonia, dunque con lei viene distrutta anche la possibilità dei pesci di riprodursi.

Esistono leggi che regolano la pesca, sbaglio? Certo, come per i rifiuti, ma è ancora tanta l’immondizia, in primis la plastica, che si ritrova in mare. La Capitaneria di Porto di Civitavecchia ha proposto ai pescatori di raccoglierla, mettendo a loro disposizione dei contenitori dove scaricarla. Ma il pescatore dice: “Pesco o raccolgo immondizia? E La giornata chi me la paga?”.

L’estate peggiora? In questi giorni caldi escono le barche anche da 20 metri dai porticcioli come quello di Riva di Traiano, data la crisi economica non vanno in Sardegna ma restano a largo qui intorno e buttano l’ancora sopra la poseidonia. E qui cominciano ad arare, la poseidonia se ne va a spasso!

Propone soluzioni alternative? Nelle situazioni valutate nei nostri progetti si fanno delle boe dove uno si attacca e non butta l’ancora. Per quanto concerne la pesca, trasformerei i pescatori in tutori del mare, responsabilizzandoli. Altro che sanzioni, io identifico una serie di persone che diventano interessati alla zona, dove non vengono più spagnoli, napoletani o turchi, ci vanno solo loro. Un esempio? Prendiamo le orate che vengono pescate piccole, in certi periodi dell’anno ne prendono quintali. Quelle dopo 4 mesi sarebbero da 7/8 etti, 1 kg, pesci che varrebbe la pena pescare. I pescatori per giustificarsi dicono che se non le pescano loro arriverebbe qualcun altro. Con il blocco del Corona virus, dopo due mesi che le barche non sono uscite in mare, si  è pescato molto di più.

Dunque basta poco per ripristinare il fondale marino? Le piante crescono in fretta, certamente vanno lasciate in pace. L’altro elemento è l’agricoltura. Bisogna coinvolgere e ripristinare una continuità tra la costa, il mare e l’entroterra.

C’è  la possibilità che qualcuno utilizzi l’indagine accurata da lei svolta per apportare un cambiamento? La task force nasce per questo, l’idea è di coinvolgere le imprese. Stiamo cercando di mettere insieme i balneari, i pescatori e gli agricoltori. Questi ultimi dovranno cominciare a produrre con dei modelli di economia circolare, quindi non possono più usare prodotti chimici, i balneari non possono sprecare l’acqua per fare le docce, ma bisogna che trovino un altro modo e il mare deve essere più tutelato. E nel mare si può fare turismo, cosa che non si fa adesso.

Sembra un progetto a lungo termine, gli imprenditori oggi sono disposti a lavorare ad un cambiamento i cui risultati verranno domani? La necessità non è qui ed ora? La necessità è guadagnarsi da vivere, certo. La Rete di Impresa di Massimo Castellano è una delle più vaste in Italia. Il libro Regione Lazio – Un nuovo turismo per il litorale nord, porta anche la sua firma. L’ho scritto con lui che rappresenta le imprese. É qui il passaggio tra la ricerca pura accademica e le start-up. Le imprese sono fondamentali e va spiegato loro che conviene anche da un punto di vista economico comportarsi in maniera virtuosa.

 Volete cucire le tre realtà produttive, pensando al turismo. Come università abbiamo studiato la storia di questo territorio analizzando come negli anni questa zona da disabitata è stata riempita di seconde case di basso livello perché si andava a vendere questi lotti a rate, e come sia cresciuta con l’apertura della stazione di Ladispoli-Cerveteri, negli anni ’70 le lottizzazioni triplicarono. Come faccio a fare un turismo di qualità se queste seconde case le vendo come prime case? Chi è venuto ad abitare qui? Sono persone che lavorano a Roma, con basso reddito che non possono risiedere nella capitale perché costa troppo.

Visto il Covid, i romani non possono andare alle Seychelles, come faccio a proporgli un prodotto che sia attraente per loro? Bisogna impostare le cose in modo differente. O si sostiene il guadagno immediato dei costruttori derivante della vendita di immobili oppure un discorso di turismo di qualità, che non passa attraverso l’uso smodato del territorio. Le due cose cozzano.

poseidoniaTorniamo alla poseidonia. Noi dobbiamo rendere conto alla Commissione Europea di come stiamo spendendo i soldi, ora solo in operazioni di difesa. La mia partecipazione al progetto di Cerveteri è quella di sentire le imprese e la popolazione e chiedere: “voi che avete a che fare con questa zona? Siete disposti a contribuire alla sua protezione cambiando il vostro sistema produttivo?”

Il risultato. Io Palo Laziale non lo proteggo se non difendo la poseidonia, in quanto questa pianta tra le tante funzioni ha anche quella di frenare il modo ondoso. In un mio progetto precedente abbiamo notato che qui c’è anche un problema del sollevamento del mare, minimo, 5/6 cm che però nel momento in cui ho lo scirocco, la luna messa in un certo modo, certe condizioni atmosferiche arriva pure a 30/40 cm. Ovviamente se non ho una difesa è un disastro.  Qualcuno ha proposto la costruzione di pannelli! Ma abbiamo la poseidonia che svolge la funzione di barriera.

Siamo andati a dirlo all’Ue perché qui in Italia non hanno soldi per svolgere una ricerca, ne le istituzioni la fanno, ne ci offrono mezzi. A Bruxelles abbiamo presentato la domanda vediamo se ci finanziano. Se lo faranno abbiamo già un drone sottomarino fatto dalla facoltà d’ingegneria. Automatico, con dei sensori andremo a vedere i depositi di metallo, dove sta la pianta, quanto soffre. Non possiamo risolvere tutti i problemi della società, possiamo contribuire ad una  società che vuole cambiare.

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Termino aggiungendo che esiste un altro modo per tutelare la poseidonia, che io non penso di seguire: si buttano a mare dei grandi massi o dei ramponi. Degli uncini d’acciaio, se passa il pescatore con la rete la rompe, la prima volta ci passa poi non ci passa più! Questo non è un modo educativo, io preferirei, sognerei che sia una società organizzata in modo diverso, dove c’è il pescatore che si chiama Peppino che è sempre lui che pesca e vigila sul mare. Lei è un sognatore! In termini medio-lunghi bisogna pensarlo, che mettiamo un poliziotto ogni metro quadro?