FOCUS SUL PROLASSO DELLA MITRALE (P.M.)

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Che significa “Prolasso della mitrale”?

 

tiroide
Dottor Professor
Aldo Ercoli

Che qualcosa non va nella valvola che separa l’atrio sinistro dal sottostante ventricolo sinistro. Vi è un’anomalia di questa valvola che normalmente si chiude durante la sistole ventricolare consentendo al flusso sanguigno di arrivare alla valvola ortica e si apre durante la diastole o per meglio dire durante la sistole atriale, consentendo al sangue di passare dall’atrio al sottostante ventricolo sinistro. L’anomalia consiste in “parole povere” nel fatto che la valvola durante la gettata ventricolare (sistole), non chiude bene. Vi è uno spostamento nell’atrio sinistro, ripeto durante la sistole, del lembo anteriore, del lembo posteriore o di entrambi i lembi della valvola. Ciò comporta che una certa quantità di sangue, come nell’insufficienza mitralica, passa dal ventricolo sinistro al soprastante atrio, “fa la spola” (cosi si dice in gergo) tra atrio sin e ventricolo sinistro.

Questa quota di sangue è generalmente assai modesta tanto che nella stragrande quantità dei casi è paucisintomatica oppure asintomatica e consente una vita del tutto normale. In effetti il prolasso della mitrale si può considerare una varietà benigna dell’insufficienza mitralica. Le forme clinicamente “mute” vengono diagnosticate solo mediante un’ecocardiografia. La patologia va controllata nel tempo perché non degeneri in una vera e propria insufficienza mitralica. Necessita inoltre di una profilassi antibiotica al fine di evitare un’endocardite batterica acuta o subacuta durante episodi febbrili (es. tonsilliti batteriche).

Il prolasso della mitrale (P.M.) è quasi sempre dovuta ad una malattia congenita (degenerazione mixedematosa valvolare). Si tratta di una forma idiopatica primitiva. Più di rado di una forma secondaria ad un infarto o all’ischemia miocardica oppure associata a malattie congenite come i difetti interatriali (del setto che separa l’atrio sinistro da quello destro) o ancora alla sindrome di Marfan. Il P.M. non è affatto raro perché riguarda ben il 6% della popolazione con una maggiore incidenza nel sesso femminile.

Nella mia pratica clinica l’ho riscontrato negli uomini longilinei, astenici, “cerebrali”, freddolosi (costituzione“fosforica” in omeopatia) in buone condizioni generali di salute. Altresì, oltre all’ infarto del miocardio ed al Marfan, l’ho parimenti riscontrato in numerose patologie organiche: post- traumatiche, miocarditi, endocardite reumatica, Lupus eritematoso sistemico (LES), sindrome WPW (Wolf – Parkinson – White), panarterite nodosa, distrofia muscolare. Il fenotipo (ossia le caratteristiche fisiche, fisiologiche o biochimiche che si manifestano nell’individuo) con habitus astenico, pectum excavatum o carenato, scoliosi o cifosi è quella che più frequentemente è affetto da P.M.

La diagnosi viene posta di norma con l’ascoltazione cardiaca in soggetti asintomatici oppure casualmente nel corso di un’ecocardiografia eseguita per altri motivi.

Che cosa si ascolta?

Un clik mesotelesistolico (a metà e nella seconda parte della sistole) seguito quasi sempre da un soffio telesistolico (parte finale della sistole che ascolta tra il primo e secondo tono cardiaco). Questo soffio si accentua con la manovra di Valsalva (espirazione forzata o glottide chiusa, ossia gettando fuori l’aria dai polmoni chiudendo bocca e naso), e si riduce con lo “squatting” (paziente accovacciato, in ginocchio) e con l’esercizio fisico isometrico.

Quali sono i sintomi, quando presenti?

Direi soprattutto dei dolori precordiali piuttosto atipici, tipo fitte sottomammarie, palpitazioni dopo affaticamento, saltuariamente anche vestigi con stato ansioso.

Nelle forme più gravi sono frequenti le aritmie ipercinetiche, sintomatiche, ventricolari di una certa rilevanza; tachicardie ventricolari con BEV (battiti ectopici ventricolari, ossia extrasistoli) ripetitivi, o polimorfi (utile es Holter cardiaco h24). Come ho già detto l’evoluzione è di norma benigna; non bisogna allarmarsi ma fare attenzione. Un controllo semestrale o annuale ecocardiografico lo ritengo necessario, cosi come un ECG specie se il paziente avverte cardiopalmo, aritmia o mancanza di un battito.

Anche se rare le complicanze dei P.M. vanno prese in considerazione: insufficienza mitralica con scompenso cardiaco; endocardite batterica acuta o subacuta; embolia cerebrale per depositi piastrinici sulla valvola deformata; rottura di corda tendinea con severe conseguenze. Non dimentichiamoci che il P.M. rappresenta il 25% degli interventi chirurgici di sostituzione valvolare mitralica ed il 13% delle endocarditi batteriche.

Stiamo in guardia ma restiamo ottimisti. Solo controlli e nessuna terapia se vi sono aritmie non a rischio (sporadiche extrasistoli atriali) e non sintomatiche. Nelle aritmie più complicate si utilizzano beta bloccanti o altri farmaci antiaritmici (controllo sempre l’intervallo QT) a seconda dei casi. Personalmente consiglio sempre una terapia a base di antiaggreganti con piccole dosi giornaliere di aspirina (75 – 100 mg) anche nei pazienti asintomatici. Altri cardiologi ne fanno a meno.